Tocqueville, Il vero scopo della Rivoluzione francese

Alexis de Tocqueville ritiene che il risultato che la rivoluzione volle ottenere ed effettivamente ottenne fu di “rafforzare i poteri ed i diritti dell’autorità pubblica”, abolendo i “corpi intermedi”. Essa si è cosí inserita in un movimento plurisecolare, portandolo però a compimento in modo brusco.

 

A. de Tocqueville, L’antico regime e la rivoluzione

 

La Rivoluzione non è stata fatta, come si è creduto, per distruggere il potere della fede religiosa; ad onta delle apparenze, è stata una rivoluzione essenzialmente sociale e politica; e, nell’ambito di tali istituzioni, si è proposta non già di perpetuare il disordine, di renderlo in certo modo stabile e di fare dell’anarchia un sistema, come diceva uno dei suoi principali avversari, bensí di accrescere il potere e i diritti dell’autorità pubblica. Essa non doveva cambiare il carattere che la nostra civiltà aveva avuto fino ad allora, come altri hanno pensato, né arrestarne i progressi, e nemmeno alterare nella sua essenza alcuna delle leggi fondamentali su cui poggiano le società umane dell’Occidente. Quando la separiamo da quegli incidenti che ne mutarono per breve tempo la fisionomia nei diversi tempi e nei diversi paesi, per considerarla in sé stessa, si vede chiaramente che risultato di questa Rivoluzione fu l’abolizione degli istituti politici che, durante parecchi secoli, avevano regnato in modo esclusivo sulla maggior parte dei popoli europei e che ordinariamente si definiscono come istituti feudali, per sostituirvi un ordine sociale e politico piú uniforme e semplice, basato sull’eguaglianza delle condizioni.

Bastava questo per provocare un’immensa rivoluzione; quelle istituzioni antiche, infatti, non soltanto erano ancora mescolate, e come intrecciate a quasi tutte le leggi religiose e politiche d’Europa, ma avevano anche suggerito una quantità di idee, sentimenti, abitudini, costumi che, ad esse aderivano. Fu necessaria una spaventosa convulsione per distruggere ed estrarre di colpo, dal corpo sociale, una parte a cui si collegavano cosí tutti i suoi organi. Perciò la Rivoluzione parve piú grande che non fosse; sembrava che distruggesse tutto, perché quanto distruggeva aveva rapporto con ogni cosa e, in certo modo, faceva corpo con tutto.

Per quanto sia stata radicale, la Rivoluzione ha tuttavia innovato meno di quanto si suppone in genere: dimostrerò in seguito che è stata molto meno novatrice di quanto si crede. È vero invece che essa ha distrutto interamente, o è in via di distruggere (perché dura ancora), tutto quanto nell’antica società derivava dalle istituzioni aristocratiche e feudali, tutto quanto vi si riallacciava in qualche modo tutto quanto ne portava, fosse pure minima, l’impronta. Del vecchio mondo, ha conservato soltanto quanto a tali istituzioni era estraneo, o poteva esistere senza di esse. Perché la Rivoluzione è stata tutt’altro che un avvenimento fortuito. Ha colto il mondo alla sprovvista, è vero; ma è il compimento di un lungo lavorio, la conclusione improvvisa e violenta di un’opera, alla quale avevano lavorato dieci generazioni di uomini. Se non fosse avvenuta, il vecchio edificio sociale sarebbe egualmente caduto, qui piú presto, là piú tardi; soltanto, avrebbe continuato a cadere pezzo a pezzo, invece di sprofondare di colpo. La Rivoluzione ha compiuto bruscamente, con uno sforzo convulso e doloroso, senza transizione, senza precauzioni né riguardi, quanto si sarebbe compiuto a poco a poco, da sé e in molto tempo. Fu questa, la sua azione.

 

A. de Tocqueville, L’antico regime e la rivoluzione, Bur, Milano, 1989, pagg. 57-58