Dopo aver
messo in evidenza le differenze fra teologia e filosofia, Tommaso ribadisce la
concezione medioevale della teologia come “regina delle scienze”.
Summa theologiae I, 1, 5 in c. e ad 1
1 Bisogna dire che, siccome questa scienza
[la teologia] è da un lato speculativa e da un altro pratica, trascende tutte
le altre scienze sia speculative sia pratiche. Delle scienze speculative
infatti l’una è piú degna dell’altra sia per la certezza che per la dignità
della materia. E quanto all’uno e all’altro aspetto questa trascende tutte le
altre scienze speculative. Prima quanto alla certezza, giacché le altre scienze
derivano la certezza dal lume naturale della ragione umana, che è fallibile;
questa scienza invece possiede la certezza dal lume della scienza divina, che
non può errare. Inoltre quanto alla dignità della materia, giacché questa
scienza è principalmente di quelle cose, che con la loro sublimità trascendono
la ragione; invece le altre scienze considerano soltanto quelle cose che
rientrano nel dominio della ragione. Anche delle scienze pratiche questa
scienza è piú degna, la quale non è ordinata a un fine superiore al proprio;
alla stessa maniera che l’ordinamento militare è ordinato all’ordinamento civile,
giacché il bene dell’esercito è ordinato al bene dello Stato. Ora, il fine di
questa dottrina, in quanto è pratica, è l’eterna beatitudine, alla quale si
ordinano come a fine ultimo tutti i fini delle altre scienze pratiche.
2 Tuttavia niente impedisce che ciò che è
piú certo per natura sua sia meno certo riguardo a noi a causa della debolezza
del nostro intelletto, il quale di fronte alle cose per natura propria
evidentissime si trova come l’occhio della nottola di fronte alla luce del
Sole. Onde il dubbio, che capita in alcuni intorno agli articoli di fede, non
deriva dall’incertezza della cosa, ma dalla debolezza dell’intelletto umano.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1966, vol. IV,
pagg. 134-135)