Nel primo libro della Repubblica Platone
riferisce l’opinione di Trasimaco sul rapporto fra la giustizia e il potere.
Dalla provocazione di questo sofista prende poi spunto il trattato sullo Stato,
sviluppato da Platone nei successivi nove libri.
Frr. 85 A 10
DK (Platone, Repubblica, I, 336 b, 338 c) e 85 B 8 DK (Hermias
Alexandrinus, In Platonis Phaedrum, ed. Couvrer, pag. 239, 21)
1 (10) [definizione della giustizia e del giusto]. Piú volte Trasimaco, mentre noi parlavamo, era balzato su per interloquire obbiettando, ma poi n’era stato impedito dagli astanti, che volevano star a sentire il discorso sino alla fine; ma come sostammo un momento dopo ch’io ebbi detto queste cose, non poté piú reggere, e ravvoltosi in se stesso come una fiera, si slanciò su di noi, come per sbranarci. Io e Polemarco dalla paura restammo agghiacciati; ed egli nel mezzo urlando: “Che sciocchezze andate dicendo da un pezzo, o Socrate?” gridò.
2 Io [Trasimaco] affermo dunque essere il giusto non altro che l’utile del piú forte.
3 (8) Trasimaco scrisse in un suo discorso qualcosa di simile, che gli dèi non badano alle cose umane; altrimenti non trascurerebbero il massimo dei beni fra gli uomini, la giustizia; vediamo infatti che gli uomini non l’applicano mai.
(I Presocratici, Laterza, Bari, 19904, pagg. 965 e 970)