TOMMASO D'AQUINO, CONTRO L'IDEALISMO SOGGETTIVO

 

Alcuni sostennero che le nostre forze conoscitive non conoscono altro che le proprie affezioni: il senso ad es. non avvertirebbe che l'impressione passiva del proprio organo. E per la stessa ragione, l'intelletto non intenderebbe che la propria modificazione passiva, cioè la specie intelligibile in sé ricevuta, e perciò una tale specie sarebbe la stessa cosa conosciuta. Questa opinione è apertamente falsa per due motivi. Primo: gli aspetti delle nostre conoscenze sono i medesimi dei quali trattano le scienze. Ora, se le cose che conosciamo fossero soltanto le specie esistenti nell'anima, ne seguirebbe che tutte le scienze non riguarderebbero le realtà che sono fuori dell'anima, ma solo le specie intelligibili che sono nell'anima... Secondo: ne seguirebbe l'errore degli antichi, i quali dicevano che tutto ciò che si vede è vero (35), e in tal modo due proposizioni contraddittorie sarebbero entrambe vere. Se infatti una potenza non conosce che la propria modificazione, giudica soltanto di essa; ma una cosa è vista nel modo con cui è affetta la sua potenza conoscitiva; dunque, il giudizio della facoltà conoscitiva riguarderà ciò di cui giudica, vale a dire la propria modificazione secondo quel che è: e in tal modo ogni giudizio risulterà vero. Ad es., se il gusto non sente che la propria passione, quando uno che l'ha sano giudica che il miele è dolce, giudicherà secondo verità. E similmente, se colui che ha il gusto malato, giudicherà che il miele è amaro, anch'egli emetterà un giudizio vero: entrambi intatti giudicano secondo che il loro gusto viene affetto. Ne segue allora che ogni opinione sarà egualmente vera; e sarà anche, generalmente, vero ogni modo d'intendere la cosa.

 

(Tommaso d'Aquino, Summa Theologica, lib. I, q. LXXXV, art. 2)