TOMMASO D'AQUINO, L'INTELLETTO NON PUO' OPERARE SENZA I FANTASMI

 

Si potrebbe credere che l'intelletto non dipenda dal senso. Ciò sarebbe vero se gl'intelligibili del nostro intelletto fossero, nell'esistenza, separati dai sensibili, come affermano i platonici. (...) Ma nessuna cosa da noi conosciuta è fuori delle grandezze sensibili e come separata da esse nella propria esistenza, cosi come i sensibili sembrano fra loro separati (19). Dunque, è necessario che gl'intelligibili del nostro intelletto stiano nelle specie sensibili quanto alla loro esistenza: e tanto quelli che si dicono separati per astrazione — cioè gli enti matematici — che i naturali, come sono gli abiti e le affezioni sensibili. Per questa ragione, nessun uomo, senza il senso, può ne apprendere quasi ex novo una scienza, ne pensare quasi servendosi della scienza già acquisita (20). Ma bisogna, quando qualcuno specula in atto, che si formi contemporaneamente un fantasma. I fantasmi, infatti, sono le immagini delle cose sensibili, ma differiscono da queste perché sono svestiti della materia, giacché il senso può ricevere le specie senza la materia, e la fantasia non è che un movimento determinato attualmente dal senso (21). Di qui appare la falsità della tesi di Avicenna, che l'intelletto non ha bisogno del senso dopo che ha acquistato la scienza. Risulta infatti che, anche dopo l'acquisto dell'abito della scienza, perché si possa speculare, è necessario servirsi del fantasma. Per questo, una lesione organica impedisce l'uso della scienza già acquisita.

 

(Tommaso d'Aquino, De anima, lib. III, lect. 13)