TOMMASO D'AQUINO, NECESSITA' DELLA SPECIE NELLA CONOSCENZA

 

Aristotele afferma che è proprio del senso in generale che esso riceva le specie senza la materia, come la cera riceve l'impronta dell'anello senza ricevere il ferro o l'oro dell'anello. Ma ciò sembra comune ad ogni soggetto passivo. Ogni paziente, infatti, riceve qualcosa dall'agente in quanto agente. L'agente però agisce per la sua forma e non per la sua materia. Così si osserva anche sensibilmente. L'aria, ad es., riceve dall'azione del fuoco non la materia, ma l'azione del fuoco (22). Non sembra perciò che il fatto d'esser ricettivi di specie senza materia, sia proprio esclusivo del senso. Bisogna perciò dire che, sebbene il ricevere la forma dall'agente sia comune ad ogni soggetto passivo, tuttavia c'è una differenza nel modo di ricevere. Giacché la forma che l'agente imprime nel paziente, ha in questo a volte Io stesso modo di essere che nell'agente: e ciò avviene quando il paziente ha la medesima disposizione dell'agente alla Bua forma, poiché ciò che è ricevuto in un altro è ricevuto al modo del ricevente. Onde, se paziente ed agente vengono disposti allo stesso modo, in questo stesso modo nel quale si trovava nell'agente, è ricevuta ancora la forma nel paziente. E allora non riceve la forma senza la materia. Sebbene, infatti, la materia numericamente una dell'agente non diventi materia del paziente, in qualche modo però diviene la stessa in quanto acquista una disposizione materiale simile a quella che era nell'agente. Così l'aria — e tutto quanto è soggetto passivo naturale — subisce l'azione del fuoco. Alle volte invece la forma è ricevuta nel paziente secondo un modo diverso di essere da quello dell'agente» perché la disposizione materiale a ricevere del soggetto passivo non è simile alla disposizione materiale che si trova nel soggetto attivo. E perciò la forma è ricevuta nel paziente senza la materia, in quanto il paziente è assimilato all'agente nella forma e non nella materia. E in questo modo il senso riceve la forma senza la materia, perché la forma ha un modo di essere nel senso, diverso da quello che ha nella cosa sensibile. In questa, infatti, ha un essere naturale, nel senso invece ha un essere intenzionale e spirituale. E calza al riguardo l'esempio del sigillo e della cera. Non è infatti la stessa la disposizione della cosa all'immagine di quella che era nel ferro e nell'oro. E perciò Aristotele soggiunge che la cera riceve l'impronta — cioè l'immagine, o figura aurea o bronzea — ma non in quanto è oro o bronzo. La cera è fatta simile al sigillo d'oro quanto all'immagine, ma non quanto alla disposizione dell'oro. E similmente, il senso riceve passivamente l'azione della realtà sensibile colorata o sapida, cioè il sapore o il suono, « ma non in quanto ciascuna di queste cose è quel che è», vale a dire: non subisce l'azione della pietra colorata in quanto pietra, ne del miele dolce in quanto miele, perché nel senso non si produce una disposizione simile alla forma che è in quei soggetti, ma se ne subisce Fazione in quanto azione o di colore, o di sapore, o secondo la ragione o forma (di quegli agenti). Il senso infatti si fa simile al sensibile nella sua forma, ma non nella sua disposizione materiale.

 

(Tommaso d'Aquino, De anima, lib. III, lect. 24)