Lorenzo Valla accusa Aristotele
di non avere detto il vero quando ha posto la contemplazione al vertice della
vita umana. Piú onesto è stato Cicerone ammettendo che il vero scopo della vita
è la ricerca della gloria e degli onori.
L. Valla, De vero falsoque bono
Ecco la gioconda contemplazione,
ecco la perfetta felicità. Non va codesta beatitudine al di là di ogni genere
di supplizio e di morte? Per questo parecchi, concedendo che nella virtú c’era
quanto bastava per vivere bene, negavano tuttavia che ce ne fosse per vivere
beatamente. E tu stesso, o Aristotele, non tanto hai pensato ciò quanto hai
voluto vantare la tua fatica. Oserei chiamare in testimonio tutti gli dèi e le
dee: se non ti fossi proposto il premio della gloria non avresti mai fatto sí
da invecchiare nelle contemplazioni dei tuoi libri tanto numerosi e certo
ammirevoli? Non volevi apparire cupido di gloria, volevi sembrare amante degli
studi, pur amando gli studi non per se stessi ma soprattutto per la gloria.
Cicerone, piú sinceramente, dove ha parlato non come filosofo ma come oratore,
dice di se stesso: “La virtú non desidera altra mercede delle sue fatiche e dei
suoi pericoli oltre a quella della lode e della gloria. Tolta questa per qual
ragione ci affaticheremo tanto in un sí breve periodo di vita?” E a proposito
dei filosofi: “Quei filosofi stessi mettono il loro nome anche sui libri che
scrivono intorno al disprezzo della gloria; nel momento stesso in cui
disprezzano le lodi e la nobiltà vogliono essere lodati e nominati”. Avresti
coraggio, o Aristotele, di negare ciò, non solo nei riguardi degli altri (come
ho mostrato prima a proposito di Platone), ma pure di te stesso? Della gloria,
non fosti tu solo desideroso ma pure appassionato ricercatore?...
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol.
VI, pag. 919