La fama di Lorenzo Valla è dovuta
principalmente al fatto che, dimostrando la falsità della presunta “donazione
di Costantino”, egli ha “smascherato” la Chiesa, che con quel documento
giustificava il proprio potere temporale e rivendicava privilegi nei confronti
dell'Impero. Quello di Valla non intende essere un lavoro esclusivamente di
tipo filologico, ma anche una analisi dell'epoca storica in questione.
Importante l'atteggiamento di fondo, che è quello di un uomo moralmente
indignato di fronte alla menzogna e alla truffa perpetrate per secoli.
L. Valla, De falso credita et
ementita Constatini donatione declamatio, II, 6; IX, 32-33
Prima di
confutare il testo della Donazione, unica difesa di costoro, difesa non solo
falsa ma stolta, occorre che mi rifaccia un po' indietro.
Per prima
cosa dimostrerò che Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da
poter legalmente l'uno assumere, volendolo, la figura di donante e poter quindi
trasferire i pretesi regni donati che non erano in suo potere e l'altro da
poter accettare legalmente il dono (né del resto lo avrebbe voluto).
In seconda
istanza, dimostrerò che anche se i fatti non stessero cosí (ma sono troppo
evidenti), né Silvestro accettò né Costantino effettuò il trapasso del dono, ma
quelle città e quei regni rimasero sempre in libera disponibilità e sotto la
sovranità degli imperatori. In terza istanza dimostrerò che nulla diede
Costantino a Silvestro, ma al papa immediatamente anteriore davanti al quale
Costantino era stato battezzato; furono doni del resto di poco conto, beni che
permettessero al papa di vivere. Dimostrerò (quarto assunto) che è falsa la
tradizione che il testo della Donazione o si trovi nelle decisioni decretali
della Chiesa o sia tolto dalla Vita di Silvestro: non si trova né in
essa né in alcuna cronaca, mentre invece si contengono nella Donazione
contraddizioni, affermazioni infondate, stoltezze, espressioni, concetti
barbari e ridicoli. Aggiungerò notizie su altri falsi o su sciocche leggende relativamente
a donazioni di altri imperatori. Tanto per abbondare aggiungerò che, anche se
Silvestro avesse preso possesso di ciò che afferma di aver avuto, una volta che
o lui o altro papa fosse stato deietto dal possesso non avrebbe piú possibilità
di rivendica, né a norma delle leggi civili né delle ecclesiastiche, dopo sí
lunga interruzione. Al contrario (ultima parte della mia discussione) i beni
tenuti dal Papa non conoscono prescrizioni di sorta. [...]
Taccio di
molti monumenti storici e dei templi di Roma; si trovano ancora (e molte ne
posseggo io) monete di oro di Costantino già cristiano e poi di quasi tutti i
successori con questa iscrizione, in lettere latine non greche, sotto
l'immagine della croce: Concordia orbis. Se ne troverebbero numerose anche
dei sommi pontefici, se mai avessero imperato su Roma: non si trovano invece né
di oro né di argento né alcuno ricorda di averle viste, mentre non poteva non
battere proprie monete chiunque avesse comandato a Roma [...].
“E
decretiamo e stabiliamo che tenga il primato tanto sulle quattro sedi di
Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Costantinopoli, quanto su tutte le chiese
dell'universa terra. Anche il pontefice che nei secoli futuri sarà a capo della
sacrosanta Chiesa romana, sia il piú alto a capo di tutti i sacerdoti e di
tutto il mondo, e tutte le cose che toccano il culto di Dio e servano a
rafforzare la fede dei Cristiani, siano disposte dal papa”. Non voglio far
notare la barbarie della lingua, quando dice princeps sacerdotibus
invece che princeps sacerdotum, che a poca distanza usi existerit
ed existat; e che avendo detto in universo orbe terrarum aggiunga
poi totius mundi, come se volesse dire due concetti diversi o volesse
abbracciare anche il cielo che è una parte del mondo, quando buona parte dell'orbe
terracqueo non era sotto Roma; che distinse, come se non potessero coesistere
insieme, il procurare fidem vel stabilitatem; e confuse insieme sancire
e decernere; e come se Costantino prima non avesse deciso con gli altri,
lo fa decernere e sancire (come se stabilisse sanzioni, pene) e
per giunta lo fa sancire insieme con il popolo. Quale cristiano potrebbe
sopportare ciò e non rimprovererebbe il papa, severamente e quasi direi da
censore, per avere pazientemente sopportato e ascoltato volentieri queste cose,
cioè che, mentre la sede romana ha ricevuto il suo primato da Cristo, [...] si
dica ora che tale primato lo abbia ricevuto da Costantino appena cristiano,
come da Cristo? Avrebbe voluto dire ciò quel moderatissimo imperatore, avrebbe
voluto udirlo quel religiosissimo papa? Lontana da ambedue tanta enorme
empietà.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1964, vol. X, pagg. 84-86, 88)