Sofia Vanni Rovighi, attenta studiosa della filosofia
medievale, individua un elemento caratterizzante il pensiero di Tommaso
d’Aquino: l’uso della “ragione naturale” non soltanto come strumento per
rafforzare la fede dei cristiani, ma soprattutto come strumento per convertire
i “gentili”.
La Summa contra Gentiles
è una esposizione di tutta la dottrina cattolica: Trinità, Incarnazione,
Sacramenti compresi, e in questo senso è opera teologica. È anche vero tuttavia
che Tommaso, all’inizio, distingue due modi di presentarsi delle verità che
riguardano Dio: “Vi sono alcune verità che superano ogni potere dell’umana
ragione, per esempio che Dio è uno e trino. Altre sono tali da potere essere
raggiunte dalla ragione naturale: per esempio che Dio esiste, che Dio è uno, ed
altrettali” (Contra Gentiles, I, 3). Ora, mentre nella Summa
theologiae verità naturali e verità soprannaturali sono esposte nell’ambito
del medesimo trattato (per esempio, nella prima parte, dopo le questioni su Dio
accessibili alla ragione si passa subito alla Trinità), nella Contra
Gentiles i tre primi libri sono dedicati alle verità che Tommaso ritiene
accessibili alla ragione. Nel primo libro, ad esempio, in cui si parla di Dio,
non si accenna alla Trinità e le verità note solo dalla rivelazione sono tutte
raccolte nel quarto libro. Non solo: Tommaso afferma che bisogna partire dalle
verità accessibili alla ragione perché, nell’esporre e giustificare la dottrina
cristiana discutendo con gli eretici, si può assumere come presupposto tutta la
Bibbia, con gli Ebrei si può assumere l’Antico Testamento, ma con
i musulmani e con i pagani non si può assumere come presupposto se non ciò che
è comune a tutti: la ragione. “Perciò è necessario ricorrere alla ragione, alla
quale tutti devono assentire”. Ma aggiunge subito: “La quale [ragione] tuttavia
è inadeguata rispetto alle questioni divine [in rebus divinis]”.
(S. Vanni Rovighi, Introduzione a
Tommaso d’Aquino, Laterza, Bari, 19925, pagg. 27-28)