Il diritto romano esprime nelle
sue formule giuridiche il diritto naturale delle genti, ed esso - per un
progetto provvidenziale - era modellato sui princípi della filosofia platonica
e, quindi, facilmente adattabile agli insegnamenti del Vangelo, che
devono comunque guidare l'uomo in ogni sua azione.
L'uomo è artefice della propria
storia; e la storia è l'unica scienza che consente una conoscenza della Verità e rende saggio
lo scienziato, ma lo studio senza pietà non porta alla saggezza.
I brani che proponiamo alla
lettura sono la conclusione delle due edizioni della Scienza nuova (1725 e 1744).
a) Diritto romano e Vangelo (G. Vico, Princípi di una scienza nuova intorno alla comune natura delle nazioni per la quale si ritruovano i princípi di altro sistema del diritto naturale delle genti [1725], libro V, cap. Decimo)
Cosí la cagione delle lingue volgari è la ragione perché le
monarchie sono spezie di governo sommamente conforme alla natura delle idee
umane spiegate, che è la vera natura degli uomini.Onde sotto le monarchie, da
per tutto si celebra il diritto che Ulpiano dice: ius gentium humanarum,
ed i giureconsulti nelle loro risposte e gl'imperadori ne' loro rescritti
diffiniscono le cause di ragion dubbia per la setta non de' tempi
superstiziosi, non de' tempi eroici overo barbari, ma de' tempi loro, cioè,
come per tutta quest'opera si è dimostro, per la setta de' tempi umani, che
furono le sétte tanto propie della romana giurisprudenza quanto lo furono contrarie
la stoica e l'epicurea. Per le quali sètte de' tempi la provvedenza regolò sí
fattamente le nazioni che il diritto romano si ritruovasse fondato sui princípi
della platonica, la qual, siccome è la regina di tutte le pagane filosofie,
cosí ella è la piú discreta serva della filosofia cristiana: e 'l diritto
romano, nello stesso tempo, si ritruovasse altresí addimesticato, per dir cosí,
a sottoporsi al diritto della coscienza a noi comandato dal Vangelo.
b) Senza pietà non c'è saggezza (G. Vico, Princípi di una scienza nuova d'intorno alla comune natura delle nazioni [1744], Conclusione dell'opera)
Ma pur la provvedenza, per l'ordine delle cose civili che
'n questi libri si è ragionato, ci si fa apertamente sentire in quelli tre
sensi: uno di maraviglia, l'altro di venerazione ch'hanno tutti i
dòtti finor avuto della sapienza innarrivabile degli antichi, e 'l terzo dell'ardente
disiderio onde fervettero di ricercarla e di conseguirla; perch'eglino son
infatti tre lumi della sua divinità, che destò loro gli anzidetti tre
bellissimi sensi diritti, i quali poi dalla loro boria di dòtti, unita alla
boria delle nazioni (che noi sopra per prime degnità proponemmo e per tutti
questi libri si son riprese), loro si depravarono; i quali sono che tutti i
dòtti ammirano, venerano e disiderano unirsi alla sapienza infinita di Dio.
Insomma, da tutto ciò che si è in quest'opera ragionato, è
da finalmente conchiudersi che questa Scienza porta indivisibilmente seco lo
studio della pietà, e che, se non siesi pio, non si può daddovero esser saggio.
(G. Vico, Opere filosofiche, a cura di N. Badaloni,
Sansoni, Firenze, 1971, pagg. 328; 701)