In questa pagina viene esposta la
dottrina vichiana della coincidenza di verum e di factum, che sta a fondamento
della “nuova scienza”.
G. Vico, De antiquissima
Italorum sapientia
Dai latini verum
e factum sono usati scambievolmente o, come si dice comunemente nelle
scuole, si convertono l'uno con l'altro.
Di qui è dato
supporre che gli antichi sapienti d'Italia convenissero, circa il vero, in
queste opinioni: il vero è il fatto stesso; perciò in Dio c'è il
primo vero perché Dio è il primo fattore: infinito, perché fattore di tutte le
cose, perfettissimo, perché rappresenta, a sé, in quanto li contiene, sia gli
elementi esterni sia quelli interni delle cose. Sapere è allora comporre gli
elementi delle cose: sicché il pensiero è proprio della mente umana,
l'intelligenza propria di quella divina. Infatti Dio legge tutti gli elementi
delle cose, sia esterni che interni, perché li contiene e li dispone; ma la
mente umana, che è finita, e ha fuori di sé tutte le altre cose che non sono essa
stessa, è costretta a muoversi tra gli elementi esterni delle cose e non li
raccoglie mai tutti: sicché può certo pensare le cose ma non può intenderle,
in quanto è partecipe della ragione ma non è padrona di essa.
Per chiarire tutto ciò con un
paragone: il vero divino è l'immagine solida delle cose, come una scultura; il
vero umano è un monogramma o un'immagine piana, come una pittura; e come il
vero divino è ciò che Dio, mentre conosce, dispone ordina e genera, cosí il
vero umano è ciò che l'uomo, mentre conosce, compone e fa. E cosí la scienza è
la conoscenza della genesi, cioè del modo con cui la cosa è fatta, e per la
quale, mentre la mente ne conosce il modo, perché compone gli elementi, fa la
cosa: Dio, che comprende tutto, fa l'immagine solida; l'uomo, che comprende gli
elementi esterni, fa l'immagine piana.
(G. Vico, La scienza nuova ed
altri scritti, UTET, Torino, 1976, pagg. 194-195)