Voltaire, Ateismo, violenza e genialità nel secolo XVI

a) Un secolo “ripieno di assassinî”

 

Secondo Voltaire nel Rinascimento, mentre il popolo continuava a credere in Dio, gli uomini di chiesa e i politici si comportavano come atei convinti. Ciò risulta evidente dal grande numero di atti di violenza di cui era piena la vita pubblica.

 

Voltaire, Essais sur le mœurs et l'esprit des nations, CV

 

Quando si vede un papa, un arcivescovo, un sacerdote meditare un tal crimine [...] non si può dubitare su l'ateismo che regnava allora. Certo se essi avessero creduto che il Creatore appariva sotto le specie del pane consacrato, non avrebbero osato insultarlo a tal punto. Il popolo adorava questo mistero: i capi e gli uomini di Stato se ne infischiavano: tutta la storia di quel tempo lo dimostra. Si pensava come al tempo di Cesare in Roma: dalle loro passioni si concludeva che non c'era nessuna religione. Essi facevano questo ragionamento deprecabile: gli uomini mi hanno insegnato delle menzogne, dunque Dio non esiste. Cosí la religione naturale fu spenta in quasi tutti quelli che allora governavano; e mai nessun secolo fu piú ripieno di assassinî, di avvelenamenti, di tradimenti e di corruzione mostruosa.

 

b) Un grande periodo di “rinascita”

 

Il concetto di Rinascimento come un periodo specifico della storia dell'Occidente non è stato ancora elaborato ai tempi di Voltaire il quale, comunque, interpreta il XVI secolo come una grande “rinascita”, una svolta nella storia, un'epoca di passaggio dalle tenebre alla luce.

 

Voltaire, Essais sur le mœurs et l'esprit des nations, CV

 

L'inizio del secolo decimosesto ci presenta il piú grande spettacolo che il mondo abbia mai fornito. Se si getta lo sguardo su quelli che regnavano in Europa, la loro gloria, la loro condotta, o i grandi mutamenti di cui furono causa, rendono immortale il loro nome [...]. L'antico mondo è distrutto, il nuovo è scoperto [...]. La natura produsse allora degli uomini straordinari in tutti i generi, soprattutto in Italia. Ciò che colpisce ancora in questo secolo illustre è il fatto che malgrado le guerre provocate dall'ambizione e le rampogne della religione che cominciavano a scuotere gli stati, lo stesso genio che faceva fiorire le arti belle a Roma, Napoli, Firenze, Venezia e Ferrara, e che di lí diffondeva la sua luce in Europa, al tempo stesso addolciva i costumi degli uomini in quasi tutte le province dell'Europa cristiana.

 

c) Firenze novella Atene, Italia novella Grecia

 

Il genio italiano fa rinascere una civiltà piena di luce e diventa un inno di lode all'Italia intera e in particolare a Firenze. E intanto il resto d'Europa vive ancora nelle tenebre.

 

Voltaire, Remarque sur l'Essai, XXIV

 

[...] Cimabue [...] Giotto [...] Brunelleschi [...] Guittone d'Arezzo [...] fecero tutto rinascere con il solo loro genio, prima che quel poco di scienza rimasto a Costantinopoli rifluisse in Italia con la lingua greca [...] Firenze era allora una novella Atene [...].

Ma non solo per l'arte e le belle lettere rifiorite l'Italia era prospera e dominava fra le altre nazioni d'Europa, sempre nelle tenebre, ma anche per lo sviluppo del commercio, per la ricchezza, la libertà; mentre nell'Europa c'era povertà e miseria [...] non andava cosí nelle belle città commerciali d'Italia; si viveva negli agi e in opulenza; era soltanto lí che si potevano godere i piaceri della vita. Lí, la ricchezza e la libertà finalmente stimolavano il genio, come avevano ispirato il coraggio.

 

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pagg. 126-128)