A)
L’obiettivo principale dell’atteggiamento polemico di
Voltaire è il cristianesimo. In questa lettura esso si concretizza in una serie
di quesiti, che costringeranno a ricercare una piú concreta base storica ai
Vangeli. Dopo oltre duecento anni si può dire che la sua provocazione abbia
dato ottimi frutti.
Voltaire, Dizionario filosofico, voce “Ricerche
storiche sul cristianesimo”
Molti studiosi si mostrano sorpresi per il fatto di non
trovare nello storico Giuseppe alcun cenno di Gesú Cristo; tutti gli
specialisti infatti sono d’accordo oggi che il breve passaggio in cui se ne fa
cenno nella sua Storia è interpolato. Eppure il padre di Flavio Giuseppe
avrebbe dovuto essere uno dei testimoni di tutti i miracoli di Gesú. Giuseppe
era di schiatta sacerdotale, parente della regina Marianna, moglie d’Erode;
egli si diffonde in particolare sulle azioni di questo principe, tuttavia non
dice una parola né della vita né della morte di Gesú; questo storico che non
nasconde alcuna delle crudeltà d’Erode, non parla affatto del massacro di tutti
i fanciulli, da lui ordinato, quando apprese che era nato un re dei giudei… Non
parla affatto della nuova stella che sarebbe comparsa in Oriente dopo la
nascita del Salvatore; fenomeno meraviglioso, che non sarebbe dovuto sfuggire a
uno storico cosí illuminato com’era Giuseppe. Non una parola, inoltre, sulle
tenebre che avrebbero coperto tutta la terra in pieno mezzogiorno e per tre ore
alla morte del Salvatore; sulla gran quantità di tombe che si sarebbero
scoperchiate in quell’istante e sui giusti che sarebbero risuscitati.
[...]
A poco a poco si formarono molte chiese e la separazione
fra giudei e cristiani si venne nettamente definendo prima della fine del primo
secolo; tale distinzione era peraltro ignorata dal governo romano. Né il Senato
di Roma, né gli imperatori si occuparono minimamente delle polemiche di
un’oscura fazione che Dio aveva fino allora guidato nel nascondimento e che
veniva gradualmente potenziando in modo pressoché inavvertibile…
L’eccesso di zelo da parte di qualcuno dei primi cristiani
non poté peraltro nuocere alle verità fondamentali… Si rimproverò loro di aver
accettato come autentici alcuni versi d’una antica sibilla, formanti un
acrostico, che cominciavano tutti con le lettere iniziali del nome di Gesú
Cristo, e ciascuna secondo il suo ordine. Si rimproverò loro d’aver messo in
circolazione alcune lettere di Gesú Cristo al re d’Edessa, in un tempo in cui
in Edessa non esisteva alcun re; lettere di Maria, lettere di Seneca a S.
Paolo, lettere e atti di Pilato, falsi vangeli, falsi miracoli e mille altre
imposture…
Tante menzogne, dovute a cristiani ignoranti e animati da
falso zelo, non portarono peraltro alcun pregiudizio alla verità del
Cristianesimo né poterono nuocere alla sua diffusione; al contrario, esse
dimostrano che la società cristiana aumentava ogni giorno e che ciascun membro
desiderava adoperarsi per il suo accrescimento. Gli Atti degli Apostoli
non fanno alcun cenno al fatto che gli apostoli avessero redatto un simbolo. Se
veramente ci avessero lasciato un simbolo, un credo cos’ come ora lo
possediamo, S. Luca non avrebbe certo dimenticato nella sua storia questo
essenziale documento della religione cristiana; la sostanza del credo è sparsa
negli evangeli, ma gli articoli non furono redatti che molto piú tardi.
Il nostro simbolo, insomma, rappresenta incontestabilmente
la credenza degli Apostoli, ma non è stato scritto da loro…
S. Gerolamo ed Eusebio raccontano che quando le chiese si
organizzarono, si vennero distinguendo in esse gradualmente cinque diversi
ordini: gli ispettori, episcopoi, che poi furono i vescovi; gli anziani
della società, presbyteroi, i preti; i diaconoi, servi o
diaconi; i pistoi, credenti, iniziati, cioè i battezzati che
partecipavano alle cene delle agapi; e i catecumeni ed energumeni, che
attendevano il battesimo. Nessuno di questi cinque ordini portava abito diverso
dagli altri; nessuno era costretto al celibato, come testimonia il libro di
Tertulliano dedicato a sua moglie, e l’esempio degli apostoli. Nessuna
raffigurazione, né in pittura né in scultura, nelle loro assemblee durante i
tre primi secoli. I cristiani tenevano accuratamente nascosti i loro libri ai
gentili, non li comunicavano che agli iniziati; non era nemmeno permesso ai catecumeni
recitare l’orazione domenicale…
Quando le società cristiane divennero piú numerose e molti
si ribellarono al culto dell’impero romano, i magistrati infierirono contro
costoro che peraltro furono oggetto di persecuzione specialmente da parte delle
popolazioni… Tali persecuzioni non furono del resto affatto continue. Origene,
nel suo libro III contro Celso, dice: “Si possono facilmente contare i
cristiani morti per la loro fede, perché ne morirono pochi e solo di tempo in
tempo e con lunghi intervalli”…
Comunque sia, Costantino fu ammesso alla comunione dei
cristiani benché non sia stato mai altro che catecumeno e abbia rinviato il
battesimo fino al momento della morte. Egli costruí Costantinopoli, la sua
città, che divenne il centro dell’impero e della religione cristiana. La chiesa
divenne allora un’istituzione augusta.
Voltaire, Scritti politici, UTET, Torino, 1976, pagg.
664-665 e 667-669
B)
Siamo di fronte ad un esempio significativo della polemica
voltairriana contro il cristianesimo. Il coinvolgimento emotivo, la
partecipazione convinta alla causa della tolleranza rendono odiosa a Voltaire
soprattutto la Chiesa cattolica. Egli afferma che l’arma piú efficace contro i
veleni della dogmatica è il disprezzo. In questa lettura il filosofo si rivolge
direttamente al principe reale con l’intento di educarlo alla nuova morale.
Voltaire, Istruzioni per il Principe reale
Non perseguitate mai
nessuno per le sue opinioni sulla religione: ciò è orribile davanti a Dio e
davanti agli uomini. Gesú Cristo lungi dall’essere oppressore, è stato
oppresso. Se vi fosse nell’universo un essere potente e malvagio, nemico di
Dio, come hanno preteso i Manichei, la sua funzione sarebbe di perseguitare gli
uomini. Vi sono tre religioni stabilite di diritto umano nell’impero: vorrei
che ve ne fossero cinquanta nei vostri Stati, essi sarebbero piú ricchi e voi
sareste piú potente. Rendete ogni superstizione ridicola e odiosa, non avrete
mai nulla da temere dalla religione. Essa non è stata terribile e sanguinaria,
essa non ha rovesciato dai troni se non quando le favole sono state accreditate
e gli errori reputati santi. È l’insolente assurdità delle due spade, è la
pretesa donazione di Costantino; è la ridicola opinione che un contadino ebreo
di Galilea abbia goduto per venticinque anni a Roma degli onori del sovrano
pontificato; è la compilazione delle pretese decretali fatte da un falsario; è
una sequela non interrotta per molti secoli di leggende menzoniere, di miracoli
impertinenti, di libri apocrifi, di profezie attribuite a sibille; è infine
questo cumulo odioso di imposture che rese i popoli furiosi e fece tremare i
re. Ecco le armi di cui ci si serví per deporre il grande imperatore Enrico IV,
per farlo prosternare ai piedi di Gregorio VII, per farlo morire in povertà e per
privarlo della sepoltura; è da questa fonte che usciranno tutti gli infortuni
dei due Federici; ecco ciò che ha fatto dibattere l’Europa nel sangue per
secoli. Quale religione è quella che da Costantino non si è sostenuta che con i
torbidi civili e col carnefice! Questi tempi non sono piú; ma guardiamoci che
non ritornino. Quest’albero di morte, tanto sfrondato nei suoi rami, non è
ancora tagliato alle radici, e finché la setta romana avrà delle fortune da
distribuire, delle mitrie, dei principati, delle tiare da assegnare, tutto è da
temere per la libertà e per la quiete del genere umano. La politica ha
stabilito una bilancia tra le potenze d’Europa: non è meno necessario che ne
formi una tra gli errori, affinché bilanciandosi a vicenda, lascino il mondo in
pace.
Si dice spesso che la morale che viene da Dio riunisce
tutti gli spiriti e che il dogma che viene dagli uomini, li divide. Questi
dogmi insensati, questi mostri figli della scuola, si combattono tutti nella
scuola: ma essi devono essere ugualmente disprezzati dagli uomini di Stato;
devono essere tutti resi impotenti dalla saggezza dell’amministrazione. Sono
veleni di cui uno serve di rimedio all’altro, e l’antidoto universale contro
questi veleni dell’anima è il disprezzo.
Voltaire, Scritti politici, Einaudi, Torino, pagg.
661-662