Un altro grande tema del
dibattito all’interno dell’illuminismo fu quello della pace. Voltaire insiste
sul fatto che il bene dell’umanità intera e la pace sono legati alla
distruzione della dogmatica, e quindi del cristianesimo stesso, e al ritorno
alla religione naturale, cioè al deismo.
Voltaire, Della pace perpetua
Ci sono meno cannibali di una
volta nella cristianità; questo è sempre un motivo di consolazione
nell’orribile flagello della guerra, che non lascia mai respirare l’Europa
vent’anni in pace.
Se la guerra stessa è diventata
meno crudele, il governo di ogni Stato sembra divenire ugualmente meno inumano
e piú saggio. I buoni scritti, pubblicati da qualche anno, sono penetrati in
tutta l’Europa, malgrado dei satelliti del fanatismo che controllavano tutti i
passaggi. La ragione e la pietà sono penetrate fino alle porte
dell’Inquisizione. Gli atti da antropofagi che si chiamavano atti di fede,
non celebrano piú cosí spesso il Dio di misericordia alla luce dei roghi e tra
i fiotti di sangue sparsi dal boia. In Spagna si incomincia a pentirsi di aver
scacciato i Mori che coltivavano la terra; e se oggi si trattasse di revocare
l’editto di Nantes, nessuno oserebbe proporre un’ingiustizia cosí funesta […].
Non ripetiamo qui per quali
gradini insanguinati si sono innalzati i vescovi di Roma, come sono giunti fino
all’insolenza di mettere sotto i piedi i re, e fino alla ridicola pretesa di
essere infallibili. Non ripetiamo come essi hanno assegnato tutti i troni
all’occidente, e carpito il denaro di tutti i popoli; non parliamo dei
ventisette scismi sanguinosi di papi contro papi che si contendevano le nostre
spoglie. Questi tempi di orrori e di obbrobri sono fin troppo conosciuti. Si è
detto abbastanza che la storia della Chiesa è la storia delle follie e dei
delitti […].
Supplichiamo il lettore attento,
saggio e uomo dabbene, di considerare la differenza infinita che c’è tra i
dogmi e la virtú. È dimostrato che se un dogma non è necessario in ogni luogo e
in ogni tempo, non è necessario in alcun tempo e in alcun luogo. Ora certamente
i dogmi che insegnano che lo spirito procede dal padre e dal figlio, non sono
stati accolti nella chiesa latina fino all’ottavo secolo, e mai nella chiesa
greca. Gesú è stato dichiarato consustanziale a Dio soltanto nel 325; la
discesa di Gesú all’inferno è soltanto del quinto secolo; è stato deciso solo
nel sesto secolo che Gesú aveva due nature, due volontà e una persona; la
transustanziazione non è stata ammessa che nel dodicesimo secolo.
Ogni chiesa ha ancora oggi
opinioni diverse su tutti i principali dogmi metafisici; essi non sono, dunque,
assolutamente necessari all’uomo. Chi è
quel mostro che oserà dire a sangue freddo che saremo eternamente bruciati per
aver pensato a Mosca in modo opposto da come si pensa a Roma? Quale imbecille
oserà affermare che coloro che non hanno conosciuto i nostri dogmi sedici
secoli or sono saranno puniti per sempre per essere nati prima di noi? Qualcosa
di ben differente è l’adorazione di un Dio, il compimento dei nostri doveri.
Ecco ciò che è necessario in ogni luogo e in ogni tempo. C’è dunque una
distanza infinita tra il dogma e la virtú.
Un Dio adorato con il cuore e con
la bocca, e tutti i doveri adempiuti, fanno dell’universo un tempio e di tutti
gli uomini dei fratelli. I dogmi fanno del mondo un antro di dispute cavillose,
e un teatro di carneficine. I dogmi non sono se non invenzione di fanatici e di
impostori: la morale discende da Dio.
I beni immensi che la Chiesa ha
carpito alla società umana, sono il frutto della litigiosità del dogma; ogni
articolo di fede è costato tesori, e per conservarli si è fatto scorrere il
sangue. Il purgatorio dei morti da solo ha provocato centomila morti; che mi si
mostri nella storia del mondo intero una sola disputa su questa professione di
fede: “Io adoro Dio e devo fare del bene”.
Tutti sentono la forza di queste
verità. Bisogna, dunque, annunciarle a gran voce; bisogna ricondurre gli
uomini, finché si può, alla religione primitiva; alla religione che gli stessi
cristiani confessano essere stata quella del genere umano, al tempo del loro
caldeo o del loro indiano Abramo; al tempo del loro preteso Noè, del quale
nessuna nazione, fuorché l’ebrea, ha mai sentito parlare; al tempo del loro
preteso Enoch, ancor piú sconosciuto. Se in queste epoche la religione era
vera, lo è dunque oggi. Dio non può cambiare; l’idea opposta è bestemmia.
È evidente che la religione
cristiana è una pania nella quale gli imbroglioni hanno irretito gli stolti per
piú di diciassette secoli, e un pugnale con cui i pontefici hanno scannato i
loro fratelli per piú di quattordici.
Il solo modo per restituire la
pace agli uomini, è dunque quello di distruggere tutti i dogmi che li dividono
e di ristabilire la verità che li riunisce. Questa è in verità la pace perpetua.
Questa pace non è una chimera; essa sussiste fra tutte le persone oneste dalla
Cina fino a Québec: venti príncipi d’Europa l’hanno abbracciata abbastanza
pubblicamente; non rimangono che gli imbecilli a figurarsi di credere nei
dogmi; questi imbecilli sono in gran numero, è vero; ma i pochi che pensano,
col tempo conducon con sé i piú. Cade l’idolo e la tolleranza universale
s’innalza ogni giorno sulle sue rovine: i persecutori sono in orrore presso il
genere umano.
Che dunque ogni persona giusta
lavori, ciascuno secondo le sue capacità, a sgominare il fanatismo, e a
ricondurre la pace che questo aveva bandito dai regni, dalle famiglie e dal
cuore degli infelici mortali. Che ogni padre di famiglia esorti i figli a non
obbedire che alle leggi e a non adorare che Dio.
Voltaire, Scritti politici,
UTET, Torino, 1976, pagg. 810, 834-837