[...] Derrida si domanda se tale nozione di differenza possa in qualche modo riportarsi a quella che Heidegger chiama differenza ontologica, la differenza tra essere ed enti. Ora, sebbene vi sia una comunicazione profonda tra le due nozioni, la differenza ontologica pensata come differenza tra essere ed enti appare a Derrida ancora prigioniera dell'orizzonte della metafisica, o almeno di una nostalgia metafisica.
Questa nostalgia è confermata per esempio dal fatto che Heidegger, nel testo di Holzwege su Anassimandro di cui Derrida commenta qui alcune frasi, assegna al pensiero il compito, sia pure chiaramente inadempibile, di 'trovare un'unica parola, la parola unica' 'per dire l'essenza dell'essere' e cioè la relazione della presenza all'essente-presente.
Pensare alla possibilità di trovare la parola unica per dire l'essenza dell'essere è ancora pensare in termini di presenza piena. Ora, per Derrida pensiero della differenza significa proprio, anzitutto, riconoscere 'che non c'è mai stata e non ci sarà mai una parola unica, un maitre-nom'. Perché la differenza è prima di tutto. 'In principio era la traccia', potremmo dire riassumendo in una frase la posizione di Derrida. Traccia, dunque, e mai presenza a cui la traccia riporti; [...]
(G. Vattimo, Le avventure della differenza, Garzanti, pagg. 152-53).