Secondo
Max Weber l’uomo vive in una mescolanza di valori, che fra di loro sono spesso
contraddittori. Ma egli non si rende conto di queste antitesi, che invece sono
oggetto dell’“albero della conoscenza”.
M. Weber, Der Sinn der “Wertfreiheit” der
soziologischen und ökonomischen Wissenschaften in Gesammelte Aufsätzen
zur Wissenschaftslehre; trad. it., Il significato della “avalutabilità”
delle scienze sociologiche ed economiche in Il metodo delle scienze storico-sociali
a cura di P. Rossi, Einaudi, Torino, 1958, pagg. 329-333
Una considerazione non piú empirica, ma interpretativa, cioè una genuina filosofia dei valori non potrebbe poi dimenticare, procedendo innanzi, che uno schema concettuale dei “valori”, per quanto bene ordinato, sarebbe incapace di render conto proprio del punto cruciale della questione. Tra i valori, cioè, si tratta in ultima analisi ovunque e sempre, non già di semplici alternative, ma di una lotta mortale senza possibilità di conciliazione, come tra “dio” e il “demonio”. Tra di loro non è possibile nessuna relativizzazione e nessun compromesso. Beninteso, non è possibile secondo il loro senso. Poiché, come ognuno ha provato nella vita, ve ne sono sempre di fatto, e quindi secondo l’apparenza esterna, a ogni passo. In quasi ognuna delle importanti prese di posizione particolari di uomini reali, infatti, le sfere di valori si incrociano e si intrecciano. La superficialità della “vita quotidiana”, in questo senso piú appropriato del termine, consiste appunto in ciò, che l’uomo il quale vive entro di essa non diventa consapevole, e neppure vuole diventarlo, di questa mescolanza di valori mortalmente nemici, condizionata in parte psicologicamente e in parte pragmaticamente; ed egli si sottrae piuttosto alla scelta tra “dio” e il “demonio”, evitando di decidere quale dei valori in collisione sia dominato dall’uno, e quale invece dall’altro. Il frutto dell’albero della conoscenza, frutto inevitabile anche se molesto per la comodità umana, non consiste in nient’altro che nel dover conoscere quell’antitesi e nel dover quindi considerare che ogni importante azione singola, e anzi la vita come un tutto – se essa non deve procedere da sé come un evento naturale, bensí essere condotta consapevolmente – rappresenta una concatenazione di ultime decisioni, mediante cui l’anima (come per Platone) sceglie il suo proprio destino – e cioè il senso del suo agire e del suo essere. Non a caso il piú grosso fraintendimento, a cui sempre, in ogni occasione, vanno incontro i sostenitori della collisione tra i valori, è rappresentato quindi dall’interpretazione di questo punto di vista come “relativismo” – cioè come un’intuizione della vita la quale poggia appunto sulla visione, radicalmente contrapposta, del rapporto reciproco delle sfere di valore, e può essere realizzata in maniera dotata di senso (ed in forma conseguente) soltanto sul terreno di una metafisica configurata in modo molto particolare (cioè di una metafisica “organica”).
Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991,
vol. I, pag. 381