Weil, Lo sradicamento dell’operaio

Gli operai sono stati trasformati in “carne da lavoro” e in ciò sta il loro sradicamento. E il marxismo non è la soluzione del problema.

 

S. Weil, La  prima radice

 

Esiste una condizione sociale – il salariato – completamente e perpetuamente legata al denaro, soprattutto da quando il salario a cottimo costringe ogni operaio ad essere sempre teso mentalmente alla busta paga. La malattia dello sradicamento raggiunge il massimo di gravità proprio in questa condizione sociale. Bernanos ha scritto che i nostri operai, almeno, non sono gente immigrata come quelli del signor Ford. Ma la principale difficoltà sociale del nostro tempo deriva dal fatto che essi, in un certo senso, lo sono. Benché geograficamente non abbiano mutata dimora, sono stati sradicati moralmente, esiliati e poi riammessi di nuovo, come per tolleranza, come carne da lavoro. La disoccupazione, beninteso, è uno sradicamento alla seconda potenza. Non si sentono in casa propria né in fabbrica, né nelle loro abitazioni, né nei partiti e sindacati che sarebbero, per cosí dire, fatti per loro, né nei luoghi di divertimento, né nella cultura intellettuale, qualora tentino di assimilarla.

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Il miscuglio di idee confuse e piú o meno false che vanno sotto il nome di marxismo, miscuglio al quale, da Marx in poi, han contribuito quasi esclusivamente dei mediocri intellettuali borghesi, è, anche per l’operaio, un apporto affatto estraneo, inassimilabile, e per di piú spoglio di ogni valore nutritivo, perché è stato svuotato di quasi tutta la verità contenuta negli scritti di Marx. Talora vi viene aggiunta una volgarizzazione scientifica di qualità anche peggiore. Tutto questo non può far altro che diffondere al massimo lo sradicamento degli operai.

Lo sradicamento è di gran lunga la piú pericolosa malattia delle società umane, perché si moltiplica da sola. Gente realmente sradicata non ha che due comportamenti possibili: o cadere in un’inerzia dell’anima quasi pari alla morte (come la maggior parte degli schiavi dell’Impero romano), o gettarsi in un’attività che tende sempre a sradicare, spesso con metodi violentissimi, coloro che non lo sono ancora o che lo sono solo in parte.

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Col nome di rivoluzione e spesso con parole d’ordine e temi di propaganda identici si dissimulano due concezioni assolutamente opposte. L’una consiste nel trasformare la società in modo che gli operai possano avervi radici; l’altra consiste nel diffondere in tutta la società la malattia dello sradicamento che è stata inflitta agli operai. Non dobbiamo dire o pensare che la seconda operazione possa mai esser un preludio alla prima; sarebbe un errore. Si tratta di due direzioni opposte, che non si possono incontrare.

Oggi la seconda concezione è molto piú frequente della prima, tanto fra i militanti quanto nella massa operaia. Inutile dire che essa tende a diffondersi sempre piú quanto piú lo sradicamento dura e aumenta i suoi danni. È facile capire che, da un giorno all’altro, il male può diventare irreparabile.

 

S. Weil, La prima radice,  Comunità, Cremona, 1954, pagg. 51-54