Il compito
della scienza è di cercare le connessioni per riuscire ad arrivare
all’universale attraverso i particolari. Nella descrizione di queste
connessioni è necessario un linguaggio, una forma il piú possibile astratta, neutra.
Da questa necessità l’umanità è stata spinta verso la matematica.
A. N. Whitehead, Introduzione alla
matematica
Il progresso della scienza consiste nell’osservare queste connessioni e nel mostrare con paziente indagine che gli eventi di questo mondo in perpetuo mutamento non sono che esemplificazioni di alcune connessioni o relazioni generali che vengono chiamate leggi. Vedere il generale nel particolare e il permanente nel transitorio è la meta a cui tende il pensiero scientifico. All’occhio della scienza la caduta di una mela, il moto di un pianeta intorno al sole e l’adesione dell’atmosfera alla terra, appaiono tutte come esemplificazioni della legge di gravitazione. Questa possibilità di scomporre le circostanze piú complesse, piú evanescenti in varie esemplificazioni di leggi permanenti è l’idea dominante del pensiero moderno.
Ora pensiamo quali siano le leggi che ci occorrono per realizzare in modo completo questo ideale scientifico. La nostra conoscenza dei fatti particolari del mondo che ci attornia viene ottenuta a partire dalle nostre sensazioni. Noi vediamo e udiamo e gustiamo e odoriamo, e sentiamo il caldo e il freddo ed abbiamo sensazioni di pressione e di contatto e di dolore e di pena. Queste non sono altro che le nostre sensazioni individuali, il mio mal di denti non può essere il tuo mal di denti, e la mia sensazione visiva non può essere la tua sensazione visiva. Ma noi attribuiamo il sorgere di queste sensazioni a certe relazioni fra le cose che costituiscono il mondo esterno. Cosí il dentista non estrae il mal di denti, ma il dente. Non solo, ma noi cerchiamo di configurarci il mondo come un unico sistema connesso di cose, sottostante a tutte le percezioni di tutti i soggetti. Non vi è un mondo di cose corrispondente alle mie sensazioni ed un altro corrispondente alle tue, ma un unico mondo nel quale esistiamo entrambi. Il dente è il medesimo sia per il dentista che per il paziente. Inoltre il mondo che noi udiamo e tocchiamo è il medesimo mondo che vediamo.
È qui facile comprendere che noi abbiamo bisogno di descrivere le connessioni fra queste cose esterne in qualche maniera che non risulti dipendente da alcuna sensazione particolare, e neppure da tutte le sensazioni di qualsiasi persona particolare. Le leggi a cui si conforma il corso degli eventi nel mondo delle cose esterne, vanno descritte, se possibile, in una forma neutra, universale, che sia la medesima per i ciechi come per i sordi, la medesima per esseri con facoltà superiori alla nostra comprensione, come per esseri umani normali.
Ma quando noi abbiamo messo da parte le nostre sensazioni immediate, la parte piú utile (per chiarezza, definitezza e universalità) di ciò che rimane, è costituita dalle nostre nozioni generali delle proprietà formali astratte delle cose: in realtà dalle nozioni matematiche astratte sopra menzionate. È cosí che a poco a poco, senza rendersi pienamente conto del significato di tale evoluzione, l’umanità è stata spinta a cercare una descrizione matematica delle proprietà dell’universo, poiché soltanto in questo modo ci si può formare un’idea generale del corso degli eventi che sia libera da ogni riferimento a persone particolari o a particolari tipi di sensazioni. Ad esempio potrebbe darsi che a tavola venisse chiesto: “Che cos’è ciò che sottostava alla mia sensazione visiva, alla mia sensazione tattile e alla sua sensazione gustativa e olfattiva?” e che la risposta sia: “Una mela”. Ma nella sua analisi conclusiva la scienza cerca di descrivere la mela in funzione della posizione e del moto di certe molecole; una descrizione che fa a meno di me, di te e di lui, e che del pari ignora la vista e il tatto, il gusto e l’odorato. Cosí le nozioni matematiche a motivo della loro astrattezza forniscono proprio quel che occorre per una descrizione scientifica del corso degli eventi.
Di solito si è frainteso questo punto, poiché lo si è concepito in maniera troppo ristretta. Pitagora ne ebbe l’intuizione quando proclamò che il numero è il principio di tutte le cose. E, venendo ai tempi moderni, nella persuasione che la spiegazione ultima di tutte le cose dovesse trovarsi nella meccanica newtoniana, si trovava adombrata la verità secondo cui, via via che una scienza si sviluppa verso uno stadio di perfezione, le sue nozioni tendono ad assumere un carattere matematico.
A. N. Whitehead, Introduzione alla
matematica, Sansoni, Firenze, 1962, pagg. 8-10