Secondo
Wilhelm Wundt è probabile che i gesti mimici e pantomimici
siano stati alla base dei gesti fonetici, come ancora si può osservare nel
bambino. Egli distingue poi fra imitazioni fonetiche e di significato.
W. Wundt, Invito alli amatori della
filosofia
Lo sviluppo primitivo di un linguaggio fonetico non può essere pensato altrimenti che sull’analogia del linguaggio naturale di gesti; l’unica differenza è questa che la facoltà uditiva aggiunge ai gesti mimici e pantomimici come terza forma i gesti fonetici, i quali necessariamente hanno tosto su quelli la prevalenza, perché non solo essi sono piú facilmente osservati, ma si prestano anche a un numero incomparabilmente maggiore di modificazioni. Ma se i gesti mimici e pantomimici possono essere interpretati solo mercé la diretta relazione che in essi esiste, tra la natura dei movimenti e il loro significato, una siffatta relazione deve egualmente presupporsi anche per i primitivi gesti fonetici. Oltre a ciò, non è inverosimile che dapprima questi gesti fonetici fossero soccorsi da concomitanti gesti mimici e pantomimici, avuto riguardo all’estrinsecazione naturale di tali gesti, che generalmente si osserva nell’uomo selvaggio, come pure all’ufficio che loro spetta nel bambino quando impara a parlare. E quando lo sviluppo del linguaggio fonetico si può con ogni probabilità considerare quale un processo di differenziazione, nel quale, da un gran numero di movimenti espressivi diversi, soccorrentisi a vicenda, a poco a poco deriva i1 gesto fonetico; e questo si conserva, e solo quando si è sufficientemente fissato, elimina tutti quegli altri espedienti. Psicologicamente, questo processo può scomporsi in una successione di due atti, a) in movimenti espressivi prodotti da tutti i membri di una comunità sotto la forma di atti di volere impulsivi, tra questi movimenti quelli degli organi della favella acquistano il predominio sugli altri sotto l’influenza del desiderio di comunicare; b) nelle associazioni tra il suono e la rappresentazione, le quali si annettono a questi movimenti, a poco a poco si consolidano, e nel tempo stesso si allargano dal loro iniziale centro d’origine al maggior cerchio della comunità parlante.
Nell’origine del linguaggio entrano, poi, in campo ulteriori condizioni fisiche e psichiche, che producono continue e permanenti modificazioni nei componenti. Due specie di tali modificazioni si possono distinguere: mutazioni fonetiche e mutazioni di significato.
P. Brondi, Il problema del linguaggio nel
pensiero contemporaneo, G. D’Anna, Messina-Firenze, 1979, pagg. 147-148