Yoga, Bhagavad Gita

Riportiamo, a parziale illustrazione dei tre metodi dello yoga sopra ricordati, alcuni passi opportunamente raggruppati, pur consapevoli che si tratta di una schematizzazione che non rende affatto giustizia a un’opera di ampio respiro quale è la Bhagavad Gita, di cui si consiglia la lettura integrale. Arjuna, l’eroe del poema epico Mahabharata, è magnanimo e valoroso: per queste sue doti il dio Krishna lo preferisce e protegge

 

a) La superiorità dello yogi

 

VI. 46

Lo yogi è superiore all’asceta penitente (tapasvin), a coloro che hanno [solo] la conoscenza [delle scritture] e anche a coloro che compiono i riti [karman]. Perciò, o Arjuna, sii uno yogi.

 

VI. 47

E di tutti gli yogi Io ritengo il piú armonizzato colui che, pieno di fede, dimora sempre in Me e mi ama.

 

b) La devozione a Krishna

 

IX. 22

Ma a coloro che mi onorano e che hanno la loro mente a Me rivolta, che sono sempre fedeli, come da piena sicurezza e immancabile possesso, Io accresco i loro averi e dò loro ciò che non hanno.

 

IX. 27

Qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa tu mangi, qualunque cosa tu offra in sacrificio, qualunque cosa tu dia, qualunque sforzo di austerità tu compia [...], fallo come avessi un debito con Me.

 

IX. 34

Fissa la mente in Me, sii il mio devoto, sacrifica rendendomi onore. Perseguendo lo yoga verrai a Me che sono il tuo rifugio.

 

c) L’amore per Krishna

 

XI. 53

Né per i Veda né per l’austerità né per i sacrifici [come già ti dissi] posso essere usato in questo aspetto in cui tu poc’anzi mi hai veduto.

 

XI. 54

Per mezzo dell’incrollabile amore, o Arjuna, Io posso essere conosciuto, veduto e contemplato sotto tale aspetto [...].

 

XI. 55

Colui che agisce per Me, colui che a Me guarda come mèta ultima, colui che a Me rende onore, affrancato da ogni attaccamento, colui che è libero da avversione verso tutte le creature mi raggiunge [...].

 

d) Le vie per giungere a Krishna

 

XII. 2

Coloro che, con la mente fissa in Me, sempre devoti e in meditazione continua, mi onorano sono a Me piú uniti.

 

XII. 3

Ma quelli che onorano l’Indistruttibile, l’Indescrivibile, l’Immanifesto, l’Onnipresente, l’Impensabile, l’Immutabile, l’Immobile, il Permanente.

 

XII. 4

Che controllano tutti i sensi (indriya), equanimi in ogni condizione, che sono contenti della felicità di tutti gli esseri: [anch’essi] a Me giungono.

 

XII. 20

Ma coloro che a Me sono devoti, pieni di fede, avendo Me quale scopo supremo e che seguono quest’insegnamento immortale come è stato esposto, quelli soprattutto mi sono cari.

 

XVIII. 65

Concentra la tua mente in Me, amami e onorami, rendimi sacrificio e cosí tu verrai a Me e Io ti dichiarerò la verità [ perché] tu mi sei caro.

 

XVIII. 66

Metti da parte le tue incombenze, vieni a Me come unico rifugio, Io ti libererò da tutti i mali, cessa dunque di affliggerti.

 

e) La liberazione dalle azioni

 

IV. 35

E comprendendo ciò [...], non cadrai piú nella confusione e in tal modo potrai vedere tutti gli esseri, senza alcuna eccezione, nell’Atman e quindi in Me.

 

IV. 36

Quand’anche tu fossi il piú grande di tutti gli immeritevoli, potrai superare ogni errore traghettandoti sulla zattera della conoscenza.

 

IV. 39

  Colui che ha fede [sraddha] ed è animato da proposito [per la conoscenza-sapienza], che è signore dei suoi sensi, raggiunge la conoscenza-saggezza e, avendola conseguita, ben presto ottiene la pace suprema.

 

IV. 41

Colui che tramite lo yoga ha rinunciato [ai frutti] delle azioni e dileguato i dubbi, per mezzo della conoscenza, o Dhananjaya, l’azione non lo vincola piú.

 

f) Lo yoga e la visione del Sé supremo

 

VI. 29

Colui il cui io è stato trasceso dalla pratica yoga, vede il Sé in tutte le creature e tutte le creature nel Sé; cosí dappertutto egli vede l’Unità.

 

VI. 30

Per colui che vede Me dappertutto [in quanto coscienza universale una], e tutto in Me, quegli nessuno può separarlo da Me né Io mi separerò da lui.

 

g) Lo yoga è il perfetto equilibrio interiore

 

II. 47

È la sola azione quella che ti concerne, mai i suoi frutti; non dipendere dal frutto del karma e neanche devi attaccarti alla non-azione.

 

II. 48

[...] concentrato nello yoga compi l’azione rinunciando ad ogni attaccamento; sii eguale nel successo e nell’insuccesso: il perfetto equilibrio interiore [che ne risulta] si chiama yoga.

 

II. 49

Di molto inferiore allo yoga [...], è l’azione [karma]; nell’intelletto, quindi, prendi rifugio. Degni di pietà sono coloro che agiscono per ottenere il frutto.

 

h) Agire e non agire

 

IV. 16

Che cos’è l’agire? Che cosa il non agire? Gli stessi saggi, su questo punto, sono perplessi. Io ti svelerò che cos’è l’agire e ciò comprendendo sarai liberato dall’errore.

 

IV. 20

Colui che abbandona ogni attaccamento ai frutti dell’azione è sempre in pace, per cui non ricerca rifugio in nessuna cosa; egli non produce alcun agire, benché [in effetti] agisca.

 

V. 10

Colui che, trasceso l’attaccamento, agisce dedicando la sua opera a Bráhman, quegli resta mondo dall’errore, come una foglia di loto in mezzo all’acqua.

 

V. 11

Per la purificazione dell’ego, gli yogi [coloro che seguono il karma-yoga] compiono le loro azioni con il corpo, la mente, l’intelletto superiore o anche solo con i sensi, rinunciando all’attaccamento.

 

i) I frutti diversi dell’azione

 

XVIII. 12

Il frutto dell’azione è triplice: gradevole, sgradevole e misto ed è riscosso da coloro che – una volta lasciato il corpo – non hanno realizzato l’abbandono [atyagina] ; invece non ce n’è di alcun genere [di frutto] per coloro che hanno compiuto il distacco.

 

XVIII. 23

L’azione conforme alla norma, libera da ogni attaccamento, che è compiuta senza desiderio od ostilità da un individuo che non cerca il frutto, è detta sattvica [pura].

 

XVIII. 24

Ma l’azione compiuta, con molti sforzi e pena, da un individuo egocentrico e pieno di desideri, è detta rajasica [impura].

 

XVIII. 47

Migliore è il proprio dovere [inerente alla propria natura], per quanto imperfetto, che il dovere di un altro ben praticato. Colui che compie il dovere inerente alla sua propria natura non commette errore.

 

XVIII. 57

Abbandonando mentalmente le tue azioni, praticando il buddhi-yoga, abbi il tuo pensiero sempre rivolto a Me.

(Bhagavad Gita, Il Canto del Beato, Ed. Asram Vidya, Roma, 1974)