La coincidenza di tò noeîn (il pensare) con tò
eînai (l’Essere), posta da Parmenide, fu una provocazione che accese un
lungo e complesso dibattito nel quale un posto di primo piano spetta a un
discepolo di Parmenide: Zenone. Egli mise in evidenza l’inconciliabilità fra un
procedimento del pensiero che accetta la divisibilità all’infinito e i dati
dell’esperienza. Infatti, se si dividono all’infinito lo spazio e il tempo, i
risultati che derivano – come, ad esempio, la riduzione del movimento alla
staticità, attraverso la sua frammentazione in attimi statici – sono in
contraddizione con l’esperienza sensibile, e quindi appaiono un “paradosso”,
cioè un ragionamento “contrario all’opinione comune”.
Qui vengono riportati i due paradossi
piú famosi, quello “di Achille” e quello “della freccia”, nella forma
tramandataci da Aristotele nella Fisica. Aristotele – anziché “paradosso” – usa, con
maggiore precisione, la parola “paralogismo”, cioè ragionamento “contrario al lógos”,
all’uso corretto della ragione. Il brano di Aristotele non è di facile
comprensione, in quanto egli cita e confuta contemporaneamente un testo di
Zenone che lui possedeva e che per noi è andato perduto. Era convinzione di
Aristotele che tutti i “paralogismi”, compresi quelli di Zenone, fossero
confutabili attraverso un procedimento logico corretto.
Immaginiamo la gara di corsa proposta
da Zenone fra il “pie’ veloce” Achille e la lenta tartaruga, alla quale sia
stato concesso anche un minimo vantaggio.
A• B• C• D• E • .
Achille si muove da A e la tartaruga
da B; quando Achille sarà giunto in B la tartaruga si sarà mossa fino a C;
quando Achille sarà in C troveremo la tartaruga in D, e cosí via. L’intervallo
fra i successivi punti sarà sempre piú breve, ma – se si ammette la
divisibilità all’infinito dello spazio (sia che la divisione avvenga dimezzando
progressivamente un segmento – dicotomia – sia che avvenga aumentando
progressivamente il valore del divisore) – non potremo mai annullare del tutto
lo spazio che separa Achille dalla tartaruga.
Frr. 29 A 26 e 29 A 27 DK
(Aristotele, Fisica, 239 b, 14 e 239 b, 30)
1 (26) Secondo è l’argomento detto Achille.
Questo sostiene che il piú lento non sarà mai raggiunto nella sua corsa dal piú
veloce. Infatti è necessario che chi insegue giunga in precedenza là di dove si
mosse chi fugge, di modo che necessariamente il piú lento avrà sempre un
qualche vantaggio. Questo ragionamento è lo stesso di quello della dicotomia,
ma ne differisce per il fatto che la grandezza successivamente assunta non
viene divisa per due. Dunque il ragionamento ha per conseguenza che il piú
lento non viene raggiunto ed ha lo stesso fondamento della dicotomia (nell’un
ragionamento e nell’altro infatti la conseguenza è che non si arriva al
termine, divisa che si sia in qualche modo la grandezza data; ma c’è di piú nel
secondo che la cosa non può essere realizzata neppure dal piú veloce corridore
immaginato drammaticamente nell’inseguimento del piú lento), di modo che la
soluzione sarà, per forza, la stessa.
2 (27) Terzo è questo argomento: che la
freccia in moto sta ferma. Esso poggia sull’assunzione che il tempo sia
composto di istanti: se infatti non si concede questo il ragionamento non
corre. Zenone paralogizza. Se, dice, tutto è in quiete o si muove, <e nulla
si muove> quando sia lungo uno spazio uguale a sé, <dato che per tutto il
tempo il mosso è nell’istante, la freccia che si muove è ferma>. [...]
(I Presocratici, Laterza,
Bari, 19904, pagg. 295-296)