MARTIN HEIDEGGER, UN MONDO IN CUI TUTTO ACCELERA
“La celerità – di qualsiasi tipo; l’incremento meccanico delle ‘velocità’ tecniche, e questo come esclusiva conseguenza di quella celerità; essa è l’incapacità di resistere nel silenzio del crescere latente e dell’attesa; la brama di ciò che sorprende, continuamente, immediatamente e diversamente travolge e ‘colpisce’; la fugacità come legge fondamentale della ‘stabilità’. Necessariamente il rapido dimenticare e smarrirsi in ciò che è prossimo. Di qui consegue poi un’erronea rappresentazione di ciò di ciò che è alto e ‘sommo’ nella forma distorta delle massime prestazioni; l’incremento puramente quantitativo, la cecità verso ciò che è veramente istantaneo, che non è fuggevole ma apre l’eternità. Per la celerità, però, l’eterno è il mero perdurare dello stesso, il vuoto e-così-via, resta celata la genuina in-quietudine della lotta, al suo posto è subentrata l’irrequietezza di un intraprendere sempre ingegnoso perseguitato dalla paura della noia in sé”. (M. Heidegger, “Contributi alla filosofia”).