A cura di Andrea Bondanini
CRONOLOGIA
1080 Adelardo nacque a Bath verso questa data.
1088 La ribellione a favore di Roberto di Normandia fu schiacciata da suo
fratello William Rufus. Bath fu fortemente danneggiata e fu venduta al nuovo
vescovo di Wells per 500 libbre.
1090 Il vescovo John di Tours (chiamato anche John de Villula) trasferì la
sede del suo vescovado da Wells a Bath, e cominciò a costruire lì una nuova
grande cattedrale. Si pensa che Adelardo abbia frequentato la scuola del
Monastero Benedettino che divenne il priorato della cattedrale.
1100 Adelardo fu mandato a Tours, una delle grandi scuole vescovili fondate
da Carlo Magno, dove egli avrebbe studiato le sette arti liberali: il
trivio (grammatica, retorica e dialettica) e il quadrivio (aritmetica,
geometria, astronomia e musica).
1105 Egli era in Francia quando suonava la cetra ( uno strumento a corde
precorritore della chitarra ) alla regina. Questa doveva essere Matilde, la
moglie di Enrico I. Nel De eodem et diverso descrive un bimbo
che, trascinato dal ritmo della musica, ondeggiava le sue braccia con tanto
entusiasmo da far ridere tutta la compagnia. Si dice che la regina Matilde
sia stata "generosa coi poveri studenti e coi musici". Iniziò a viaggiare
per il mondo visitando Salerno, famosa per la sua scuola di medicina, la
Sicilia, allora regno normanno, la Grecia e probabilmente Toledo.
1106 Quell'anno tornò a Bath. Testimoniò in un atto a favore del vescovo
John. Allora era membro dello staff del vescovo, il suo nome essendo incluso
tra quelli dei "ministri".
1107 Era a Laon, in veste di tutore di suo nipote e di altri studenti. Qui
probabilmente scrisse le Regulae Abaci, un trattato sull'uso dell'abaco,
una specie di calcolatrice primitiva. È dedicato al suo "caro amico H.", molto verosimilmente uno dei suoi studenti. Il suo lavoro filosofico De
eodem et diverso deve essere stato scritto all'incirca in quel tempo. È dedicato a William, vescovo di Siracusa (1108 - 1116). In esso, si discute il
problema della identità e della diversità in forma di allegoria. Una sera
passeggiava a Tours lungo la Loira con uno dei suoi maestri e incontrarono
due matrone: Filosofia e Filocosmia.Le idee della prima sono espresse da
ciascuna delle sette arti liberali nelle personificazioni che appaiono
successivamente. Filocosmia ha per sua serve Ricchezza, Potere, Onore Fama e
Piacere. Naturalmente è Filosofia che tiene il cuore di Adelardo.
1109. Riprende nuovamente i suoi viaggi. Nei sette anni successivi visitò la
Sicilia, l'Italia, l'Asia Minore, la Spagna e probabilmente l'Africa del
Nord.
1114 Fu a Manistra, vicino ad Antiochia al momento di un terremoto. Egli potè
aver avuto importanti manoscritti arabi in quell'area.
1116 Probabilmente è tornato in Inghilterra. Qui iniziò a scrivere
Quaestiones Naturales. Lì illustra il suo desiderio di scoprire gli usi e
i costumi della sua terra. Egli dice di aver "imparato che i suoi capi sono
violenti, i suoi magistrati amanti del vino, i suoi giudici mercenari, i
suoi protettori incostanti, i privati sicofanti, quelli che fanno promesse
ingannatori, gli amici pieni di gelosia, e quasi tutti gli uomini narcisi".
Questo libro è in forma di dialogo tra zio e nipote. Il nipote pone 76 domande
riguardanti fenomeni naturali; queste comprendono: perché il mare è salato?
Perché alcuni animali vedono meglio la notte? Come fa il globo ad essere
sostenuto dall'aria? Che cosa provoca le maree? Adelardo pensava che non ci fosse
conflitto necessario tra scienza e religione: "non voglio togliere nulla a
Dio, perché qualunque cosa è, è da lui e per lui". Questo libro è dedicato a Riccardo vescovo
di Bayeux (nominato nel 1107). Fu pubblicato per la prima volta nel 1480.
Circa nello stesso tempo, scriveva De cura accipitrum, un trattato sui
falchi. Egli ci dice che è basato sui "libri del re Harold". Mostra una
vasta conoscenza delle piante inglesi e delle malattie dei falchi, e pure
una comprensione della falconeria. Le piante medicinali riportate sono molteplici.
Dopo il 1116. Negli anni seguenti, Adelardo fece due importanti traduzioni dall’arabo. La prima fu I tredici libri degli Elementi di Geometria di Euclide. L’originale fu scritto ad Alessandria d’Egitto nel 300 a.C. circa. Nessuna versione latina ci è giunta dall’Alto Medioevo, ma si fecero due traduzione dal greco all’arabo nell’VIII e nel IX secolo. La traduzione di Adelardo fu usata da Ruggero Bacone nel secolo seguente e divenne la base di tutte le edizioni europee fino al 1533. Le Tavole astronomiche di al-Khwarizmi furono ugualmente tradotte da Adelardo. Poiché l’originale non esiste più, la traduzione di Adelardo è molto importante. Altre traduzioni di Adelardo furono tre testi di astrologia - Centiloquium Ptolomei, Isagoge Minor (una breve introduzione all’astronomia) di Abu Ma`star e il Liber prestigiorum Thebidis, un libro sul significato delle immagini di Thabit b. Qurra. Può anche aver tradotto dal greco un libricino sulla chiromanzia.
1130. In quell’anno, Adelardo ricevette una piccola somma di denaro (o gli fu cancellata una multa) dai proventi del Wiltshire, secondo una scrittura del Pipe Roll. Si pensa verosimilmente che questo fu un riconoscimento per il lavoro fatto alla Tesoreria Reale e che Adelardo sia stato pratico dei metodi contabili lì usati (basati su una stoffa quadrettata posta su un gran tavolo) che si sa essere stati appresi a Laon.
1142. Dieci oroscopi per il re sono stati recentemente attribuiti ad Adelardo. Sono stati collegati ad eventi avvenuti tra il 1149 e il 1151. Uno ricorda un incontro tra un maestro e un suo vecchio allievo che possono essere Adelardo e Enrico II. Adelardo può essere stato il precettore di matematica del giovane Enrico quando questi era a Bristol con sua madre negli anni 1142 - 1146, stando là nella casa di suo zio Roberto di Gloucester, figlio naturale di Enrico I. Più tardi, Adelardo scrisse sull’astrolabio: De opere astrolapsus. È dedicato a un Enrico che aveva il re per nonno o zio. Al pari degli altri suoi lavori di matematica, è importante l’introduzione dei numeri arabi e l’uso dello zero, che resero possibile i calcoli eliminando l’abaco. Con l’astrolabio era possibile calcolare l’altezza di un edificio, la profondità dei fossi e dei pozzi e pure la latitudine e la longitudine di ogni punto della terra. Poiché mostrava le posizioni delle stelle e dei pianeti in relazione ai segni dello zodiaco, fu usato anche per le predizioni astrologiche. Forse il suo uso più importante fu per la determinazione del tempo, di giorno e di notte, che si protrasse nella navigazione ben addentro al XVII secolo.
1160. Si pensa che l’ultimo oroscopo reale sia stato fatto quell’anno. Non si sa quando Adelardo morì o dove è sepolto. Poco rimane della grande cattedrale normanna che può essere stata finita prima della sua morte, sebbene parte del pavimento possa essere visto attraverso la grata a destra della cappella Alphege nella Abbazia, e sebbene la base dei pilastri della croce possano essere visti fuori dalla parte est. Una parte nelle Abbey Heritage Vaults è dedicata ad Adelardo.
PENSIERO
Anche conosciuto come Athelhard (inglese) e Adelardus Bathonienses o
Adelardues Bata (latino), Adelardo è stato considerato il primo scienziato
inglese. Scrisse trattati sull'Abaco e sull'Astrolabio, il più importante
strumento scientifico del suo tempo. Le sue traduzioni (con i commenti) di
studi di matematica e di astronomia dall'arabo favorirono l'introduzione dei
numeri arabi e l'uso dello zero in Occidente. Il suo libro sulla Filosofia
Naturale mostrò come ragione e osservazione potrebbero essere usate per
spiegare i fenomeni naturali. Adelardo di Bath fu un insegnante inglese del
XII secolo. È soprattutto conosciuto per aver tradotto numerosi trattati
arabi di astrologia, astronomia, filosofia e matematica in latino, compresi
vecchi testi greci che esistettero solo nella loro versione araba, che così
vennero introdotti in Europa. Per sette anni viaggiò attraverso il Nord
Africa e l'Asia Minore. Studiò a Tours e insegnò a Laon.
Il suo lavoro più noto è quello sui suoi studi arabi, compreso
quelli raccolti col titolo di Perdifficiles
Quaestiones Naturales (Questioni Naturali), primo gruppo stampato nel 1472,
sotto forma di dialogo tra lui e un nipote tra il 1113 e il 1133. Nelle
Questioni Naturali, egli mostra un qualche spirito originale di carattere
scientifico, sollevando la questione della forma della terra (che credeva
rotonda) e di come questa rimane ferma nello spazio, e pure l'interessante
domanda di quanta strada fa un sasso gettato in un buco scavato attraverso
tutta la terra o un sasso posto in mezzo al buco (l'odierno centro di
gravità). Egli si domandava anche perché l'acqua avesse difficoltà ad uscire da un recipiente capovolto (ovviamente il recipiente deve avere una bocca
relativamente stretta per l'effetto reciproco della pressione atmosferica e
del vuoto che si crea nel vuotarsi del recipiente). Molte altre domande
riflettono la cultura popolare dei suoi tempi. In tutto, le Questioni naturali constano di circa settanta questioni di filosofia della natura, incentrate soprattutto sui quattro elementi; in tale opere, Adelardo considera la cultura araba (che egli ebbe modo di conoscere direttamente in un suo viaggio a Gerusalemme) come espressione della scienza e della ragione. Scrisse, inoltre, un breve trattato sull'abaco (Regulae Abaci) e un trattato sull'astrolabio. Tradusse gli Elementi di Euclide in
latino da una traduzione araba dell'originale greco. Johannes Campanus
probabilmente lesse la traduzione di Adelardo degli Elementi ed è il libro
di testo delle scuole europee di matematica. L'idea cardinale su cui poggia il pensiero di Adelardo è la convinzione secondo cui ogni cosa proviene da Dio ma avviene secondo ordine e ragione, con la conseguenza che, per spiegare la regolarità degli eventi di natura, non occorre fare riferimento alla volontà divina: basta ricercare i legami causali nella natura stessa delle cose. Adelardo scrisse anche un importante De eodem et Diverso (Della Identità e della Diversità) sotto forma di lettere indirizzate a suo
nipote: si tratta di un testo di filosofia che oppone le virtù delle sette arti
liberali agli interessi mondani. Nel De eodem et Diverso, Platone viene assunto come massimo filosofo dell'antichità.