AGRIPPA
A cura di Marco Machiorletti
Il filosofo scettico Agrippa, vissuto nella seconda metà del I secolo d.C., non rimase soddisfatto della tavola dei dieci «tropi» redatta da Enesidemo.
Egli ne formulò una nuova, composta da cinque «tropi», che andò ad affiancarla al fine di rafforzare la conclusione della necessità di sospendere sempre il giudizio.
Il primo «tropo» concerne la discrepanza dei giudizi (diaphonia) rilevabile sia presso i filosofi, sia nella gente comune, a proposito di qualsiasi questione si prenda in esame. Il secondo «tropo» rileva come, se si vuole risolvere una questione, occorra addurre una prova: ora, nessuna prova si rivela esaustiva: ogni prova ha bisogno di un’altra prova, e, questa, di una ulteriore prova, e così si cade in un processo all’infinito. Il terzo «tropo» chiama in causa la relatività, evidenziando come ogni oggetto appaia in un certo modo solo in relazione al soggetto che lo giudica.
Il quarto «tropo» mostra come i filosofi dogmatici, per tentare di sfuggire al processo all’infinito, assumano i loro principi primi senza dimostrazione, pretendendo che essi siano immediatamente degni di fede. Il quinto «tropo» riguarda il «diallele», che si verifica quando, per voler dar ragione della cosa ricercata, la si presuppone dalla ragione stessa che si adduce per spiegarla, o, meglio ancora, quando la cosa che si assume per spiegazione e la cosadi cui si vole dare spiegazione hanno bisogno l’una dell’altra. Scrive Sesto Empirico:
“nasce il diallele quando ciò che
deve essere conferma della cosa cercata ha bisogno, a sua volta, di essere
provata dalla cosa cercata: allora, non potendo assumere nessuno dei due per
concludere l’altro, sospendiamo il giudizio intorno ad ambedue”. (Schizzi
pirroniani, I, 169).
I «tropi» di Agrippa cercano di colpire non solo le rappresentazioni, ma la possibilità stessa dei ragionamenti: chi si propone di spiegare qualcosa attraverso i ragionamenti, infatti, si ritrova imprigionato: (a) si perde in un processo all’infinito (b) o incappa nel circolo vizioso del diallele, (c) oppure assume punti di partenza ipotetici, quindi indimostrati. La necessità di sospendere il giudizio su tutto ne risulta definitivamente confermata. Brochard afferma: “i cinque tropi possono essere considerati come la formula più radicale e più precisa che sia mai stata data allo scetticismo”.