AL-ASHARI
A cura di Diego
Fusaro
Al-Ashari – di cui conosciamo la data
della morte (936) ma non quella della nascita – è stato il fondatore di una
delle principali sette mussulmane e ha ottenuto il titolo di “terzo riformatore
dell’Islam”. Dal suo punto di vista, ogni cosa è stata creata soltanto dal fiat
divino: Dio è assolutamente onnipotente, non vi è nulla che non dipenda dal suo
potere absolutum. Il bene e il male esistono soltanto per sua volontà.
Questi princìpi venivano sviluppati – da lui e dai suoi discepoli – in
direzioni metafisiche inaspettate, prospettando una concezione dell’universo
molto originale: tutto è disarticolato nel tempo e nello spazio, in modo che
Dio, nella sua onnipotenza sciolta da ogni vincolo, possa circolarvi a proprio
agio, senza limiti di alcun tipo. La materia è composta da atomi disgiunti e
dura in un tempo costituito da istanti anch’essi disgiunti: ogni momento è
indipendente da quello precedente e senza effetti su quello seguente; il tutto
– sia sul piano materiale, sia su quello spaziale – è tenuto insieme solo e
soltanto dalla volontà di Dio. Il mondo è quello che è in virtù
dell’onnipotenza divina, che lo tiene insieme e lo fa procedere con la
regolarità a cui siamo abituati. Dio mantiene il mondo al di sopra del nulla e
lo anima con la sua efficacia: senza l’intervento divino, il mondo si
disgregherebbe, poiché manca di una sua unità e di una sua continuità. È questa
la prospettiva filosofico-metafisica di al-Ashari e degli Ashariti, suoi
seguaci: una prospettiva che, indubbiamente originale nel mondo mussulmano, ha
attirato l’attenzione del pensatore ebraico Maimonide e, successivamente, dello
stesso Tommaso d’Aquino. Se volessimo comprendere la posizione di al-Ashari e
degli Ashariti facendo riferimento a categorie filosofiche anche successive,
potremmo dire che la loro prospettiva metafisica era incentrata, da un lato, su
un atomismo di tipo democriteo-epicureo, in forza del quale il mondo materiale
veniva concepito come un aggregato di atomi tra loro disgiunti; e, dall’altro
lato, su una sorta di “occasionalismo” che precorreva, per alcuni versi, quello
successivo di Malebranche e tale da richiedere un intervento costante di Dio
nel mondo, in modo che il mondo stesso fosse tenuto insieme e non si
disgregasse nel nulla.
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