L'EVOLUZIONE SECONDO I FILOSOFI

Realizzato da Gianluca Rossi

" L'evoluzione che porta dall'ameba all'uomo sembra essere evidentemente un progresso per i filosofi - ma si ignora se l'ameba sia d'accordo o no con questa opinione "(Bertrand Russell).



L'affermazione di Bertrand Russell ci propone un primo problema, cioè la natura dell'evoluzione dell'uomo. Bisogna infatti parlare di un'evoluzione in senso:

- Determinista - evoluzionista - darwiniano

- Finalista

Bisogna anche valutare un altro problema che forse sottende tutti gli altri: l'evoluzione dell'uomo procede verso la razionalità o l'irrazionalità? O semplicemente non ha alcun verso?

1. Secondo i filosofi deterministi non c'è alcun significato teleologico nell'evoluzione dell'uomo. Ci sono le regole della natura che hanno condotto inevitabilmente alla condizione attuale. Bisogna dire che il determinismo ha avuto numerosi proseliti nella storia e talvolta ha avuto manifestazioni molto diverse. Possiamo considerare gli Illuministi del XVIII secolo francese degli importanti rappresentanti di questa corrente di pensiero. La fede del secolo dei Lumi in una ragione onnipotente ha condotto il razionalismo ai limiti più estremi, ad un meccanicismo che ha aperto la strada all'abisso romantico. Si può pensare a Leopardi che, sotto l'influenza dei Lumi , nella sua fede in questo meccanicismo, ha condotto il suo "pastore errante dell'Asia" sul bordo di un precipizio. Naturalmente secondo questi Filosofi la direzione dell'evoluzione dell'uomo è verso la razionalità. Si può pensare anche ai filosofi positivisti che hanno cercato di ridurre persino i meccanismi dello spirito a delle reazioni fisiche che, dunque, l'uomo è capace di comprendere attraverso la scienza e con la sua ragione. Il determinismo positivista ha avuto anche una via evoluzionista con Spencer e Darwin. La "lotta per la vita" (struggle for life) diventa la molla dell'evoluzione. In questo caso le regole matematiche della natura costituiscono la scena nella quale si gioca questa lotta. L'intelligenza e la ragione sono stati i mezzi della vittoria dell'uomo sugli altri animali, e sicuramente esse non sono un regalo divino.

2. Tuttavia questa corrente di pensiero non risolve l'ansietà dell'uomo, non giustifica la sua presenza sulla Terra, alla fine non giustifica neppure la ragione che è la luce che ci illumina questa cammino fatto di regole predeterminate. Allora abbiamo un'altra interpretazione dell'evoluzione umana, un'interpretazione che ammette uno scopo all'esistenza vista singolarmente e nella sua unità con le altre esistenze sulla scena della storia. E' la visione proposta da tutte le religioni, è la visione che ritrova la giustificazione del sistema -uomo in qualche cosa di esteriore che porta con sé la sicurezza del significato della vita. Essa ha anche un grande significato morale poiché essa impegna gli uomini nell'oltre, distogliendoli dal presente. Ma una concezione finalista può anche diventare determinista nel senso che essa crede in un destino predeterminato al quale l'uomo non può sfuggire. E' ciò che i Calvinisti sostengono. Dunque l'uomo che sembrava aver liberato se stesso dal demone dell'orgoglio che risiede in lui, si ritrova schiavo del " re-Dio", che secondo Feuerbach è una creazione dell'uomo stesso, che ha già preso tutte le decisioni per lui e che è esterno a lui. In questa concezione la ragione è considerata il segno divino della superiorità dell'uomo.

Se vogliamo analizzare il problema dal punto di vista di Nietzsche dobbiamo dire che ci sono delle tracce di metafisica in tutte e due le concezioni. Tutto ciò che è immobile e assoluto ha qualche cosa di metafisico e dunque la ragione assoluta degli Illuministi e la "scienza romantica" dei Positivisti, per riprendere un'espressione di Abbagnano, rappresentano delle nuove metafisiche che spesso non risolvono i problemi esistenziali ma li complicano. A questo punto possiamo riprendere il termine di paragone che Russell ci propone, cioè l'ameba, per cercare di rispondere alle ultime domande proposte. L'ameba rappresenta una forma molto semplice di vita, la superiorità dell'uomo dovrebbe risiedere nella sua complessità ma si deve stabilire se tale complessità è frutto della nostra ragione o di qualche cosa di diverso. Per fare questa analisi ci si può servire delle teorie di Vico. Se guardiamo l'evoluzione del pensiero occidentale "moderno" possiamo riconoscere almeno sei tappe: a) il Medio Evo, b) il Rinascimento, c) l'Illuminismo, d) il Romanticismo, e) il Decadentismo e f) la filosofia dei nostri giorni.

a) Il Medio Evo può corrispondere all'infanzia della nostra civiltà. Un'infanzia divisa da due tendenze, una razionalista e l'altra mistica. Bisogna dire che tutte e due sono figlie della concezione teocratica medievale, e dunque tutto è visto, anche il razionalismo, alla luce della fede. Infatti il maggiore rappresentante del razionalismo medievale è San Tommaso mentre il suo "alter ego" mistico può essere considerato San Bonaventura da Bagnoregio con il suo "Itinerarium mentis in Deum". A questo livello la civiltà ha bisogno di sicurezza, e dunque essa elabora delle prove del suo fondamento metafisico, delle prove certe perché, secondo i medievali, fondate sulla ragione. La più importante e la più famosa probabilmente è la prova ontologica di S. Anselmo. In un'analisi diacronica e vichiana della storia del pensiero, la prova di S. Anselmo può essere considerata una bella favola che il bambino inventa per sfuggire alla realtà perché non è ancora pronto a sapere.

b) Durante la sua adolescenza egli cerca di liberarsi dalle favole che ha costruito e dunque rigetta tutto ciò che è oppressivo. Ecco l'antropocentrismo che ritroviamo nel Rinascimento, ecco la riscoperta e la nuova lettura dei classici, che i medievali conoscevano molto bene , Dante docet.

c) Rifiutando la posizione teocentrica, l'uomo scopre la sua ragione come nuovo approdo che diventa anch'esso metafisico perché assoluto, comprendente tutto. E' la giovinezza del bianco e del nero, che non conosce il grigio, è l'età delle certezze e dell'orgoglio spesso cieco, è l'Età dei lumi e della ragione onnipotente.

d) Tuttavia questa ragione non dà la certezza più importante, cioè la certezza che ci sia uno scopo per la vita umana. Dunque essa apre all'ansietà romantica , che cerca di liberarsi di questa angoscia attraverso un nuovo slancio mistico come per Jacobi o per Kiekegaard.

e) La maturazione conduce alla coscienza della libertà e libertà significa eliminazione di ogni metafisica. E' ciò che Nietzsche cerca di fare, è ciò che ritroviamo nelle intenzioni di molti filosofi decadenti e dei nostri giorni. Quando Kurt Godel dimostra l'incoerenza logica della matematica e più in generale che un sistema non può autolegittimare se stesso, egli fa una rivoluzione simile a quella di Kant, perché mostra che le scienze non potranno mai trovare il loro fondamento in se stesse. D'altra parte Popper ci dice, con il suo criterio di falsificabilità, che non si può riconoscere un razionalismo assoluto, tutto è relativo, la scienza è relativa, il solo razionalismo che possiamo accettare è quello della finzione del presente. Dunque se la nostra età rappresenta la vecchiaia, bisogna concludere che l'evoluzione dell'uomo è verso il relativismo e una sostanziale irrazionalità, fatto dimostrato non soltanto dalla filosofia ma dalla cultura europea in generale: infatti con il cromatismo del "Tristano e Isotta" di Wagner si è parlato dell'apertura di una nuova epoca; è sufficiente anche pensare alla "poetica del fanciullino" di Pascoli nella quale egli introduce di nuovo la rima come termine della primitiva razionalità del bambino che ricerca l'ordine, anche se si tratta di un ordine semplice.

Ma se l'irrazionalità, che sola può comprendere la totalità dell'uomo perché essa comprende anche un razionalismo momentaneo (nell'accezione di Popper), rappresenta la complessità, fatto appoggiato anche da Bergson per il quale "ci sono cose che solo l'intelligenza è capace di cercare, ma che da sola non troverà mai; soltanto l'istinto potrebbe scoprirle ma non le cercherà mai" e dunque si ha bisogno dell'intuizione, e se la complessità è il segno della nostra evoluzione e della nostra superiorità, quale tipo d'inferiorità ha l'ameba, un'inferiorità razionale? Forse semplicemente essa non ha la coscienza del suo essere e la razionalità corrisponde, in ogni modo, ad un livello piuttosto elevato di complessità che l'ameba e la maggior parte degli animali non possono raggiungere, ma questo è un fatto che noi oggi non possiamo sapere in maniera certa perché noi e l'ameba (come simbolo del mondo animale) facciamo parte di due sistemi che non possono comunicare tra loro.

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