JEAN BAUDRILLARD




SCAMBIO SIMBOLICO E ROTTURA POSTMODERNA



Lo specchio della produzione e il libro successivo, Lo scambio simbolico e la morte (1976) sono tentativi di fornire delle prospettive estreme che superino le limitazioni di quella tradizione economista marxista che privilegiava la sfera economica. Tuttavia, questa fase di “estrema sinistra” del percorso di Baudrillard durò poco, anche se ne Lo scambio simbolico e la morte, egli diede vita a una delle sue provocazioni più clamorose.

Il testo si apre con una Prefazione che riassume il tentativo di Baudrillard di approcciarsi in maniera significativamente differente alla società e alla cultura. Basandosi sulla teoria culturale francese di Georges Bataille, Marcel Mauss e Alfred Jarry, Baudrillard sostenne la causa dello ‘scambio simbolico’, che si opponeva ai valori capitalisti di utilità e profitto monetario in favore di quelli culturali. Baudrillard sosteneva che nell’affermazione di Bataille che il consumo e l’eccesso sono connessi con l’autorità, nelle descrizioni di Mauss del prestigio sociale del dono nella società premoderna, nel teatro di Jarry che ridicolizza la cultura francese e negli anagrammi di Saussure, c’era una rottura con i valori capitalisti di scambio e produzione, o con la produzione di significato nello scambio linguistico. Questi casi di ‘scambio simbolico’, secondo Baudrillard, causavano una rottura con i valori di produzione e descrivevano lo scambio poetico e l’attività culturale creativa che forniva delle alternative ai valori capitalistici della produzione e dello scambio.

L’espressione ‘scambio simbolico’ deriva dalla nozione di Georges Bataille di un’‘economia generale’, in cui si ritiene che il consumo, la perdita, il sacrificio e la distruzione siano più fondamentali per la vita umana delle economie di produzione e di utilità. Il modello di Bataille era il sole che espande liberamente la sua energia senza chiedere niente in cambio. Egli pensava che se gli individui avessero voluto essere davvero indipendenti (p.es. liberi dagli imperativi del capitalismo) avrebbero dovuto adottare un’‘economia generale’ di consumo, elargizione, sacrificio e distruzione per sfuggire alla determinazione causata dagli imperativi di utilità.

Per Bataille, gli esseri umani sono esseri di eccesso, dotati di energie, fantasie, impulsi, bisogni esorbitanti e di desideri eterogenei. Baudrillard presupponeva la verità dell’antropologia e dell’economia generale di Bataille. In una recensione del 1976 di un volume delle Opere complete di Bataille, Baudrillard scrisse:

 

“L’idea centrale è che l’economia che governa le nostre società risulta da una appropriazione indebita del principio umano fondamentale, che è un principio solare di consumo”.

 

Nei primi anni Settanta, Baudrillard fece propria la posizione antropologica di Bataille e ciò che egli definiva la ‘critica aristocratica del capitalismo’ di Bataille, che egli dichiarava essere basata su delle grossolane nozioni di utilità e di risparmio piuttosto che su quella più ‘aristocratica’ di eccesso e consumo. A questo riguardo, Bataille e Baudrillard ritenevano che ci fosse una contraddizione tra la natura umana e il capitalismo. Essi asserivano che le persone per natura ottengono piacere da cose come il consumo, lo spreco, le feste, i sacrifici e così via, che le fanno sentire indipendenti e libere di spendere gli eccessi della loro energia (e seguire in questo modo la loro ‘vera natura’). Gli imperativi capitalisti di lavoro, profitto e risparmio sono implicitamente ‘innaturali’ e vanno contro la natura umana.

Baudrillard sosteneva che la critica marxiana del capitalismo, al contrario, attaccava solamente il valore di scambio, mentre esaltava il valore d’uso e quindi il profitto e la razionalità strumentale, cercando in tal modo ‘un buon uso dell’economia’. Per Baudrillard:

 

“Il marxismo è quindi solo una limitata critica piccolo-borghese, solo un passo in più verso la banalizzazione della vita alla volta del ‘buon uso’ del sociale! Bataille, invece, elimina tutta questa dialettica schiava fornendosi di un punto di vista aristocratico, quello del padrone che combatte contro la propria morte. Si potrebbe accusare questa prospettiva di essere pre- o post-marxista. Ad ogni modo, il marxismo è solo l’orizzonte disincantato del capitale – tutto ciò che lo precede o lo segue è più radicale di quanto esso non sia”.

 

Questo passaggio è altamente sintomatico e segna la svolta di Baudrillard verso una ‘critica aristocratica’ dell’economia politica profondamente influenzata da Bataille e Nietzsche. Infatti, Bataille e Baudrillard presentano una versione dell’aristocratica ‘moralità del padrone’ di Nietzsche, in cui gli individui ‘superiori’ producono i propri valori e la loro vita si esprime attraverso un eccesso, una sovrabbondanza e un’intensificazione delle energie creative ed erotiche. Per qualche tempo, Baudrillard continuò ad attaccare la borghesia, il capitale e l’economia politica, ma da una prospettiva che prendeva le difese del consumo ‘aristocratico’ e dei valori suntuari, estetici e simbolici. Il lato oscuro di questo cambiamento nelle realtà teoretiche e politiche era quella valorizzazione del sacrificio e della morte che permea Lo scambio simbolico e la morte (in cui il sacrificio fornisce un’elargizione che inverte i valori borghesi di profitto e autoconservazione).

In generale, nei suoi lavori della metà degli anni settanta, Baudrillard si allontanò dall’universo marxiano della produzione e della lotta di classe per giungere a una visione neo-aristocratica e metafisica del mondo. Egli sembrava assumere, a questo punto, che le società pre-capitaliste fossero governate da forme di scambio simbolico simili alla nozione di un’economia generale di Bataille.

Influenzato dalla teoria del dono e del controdono di Mauss, Baudrillard affermava che le società pre-capitaliste fossero governate da leggi di scambio simbolico piuttosto che dalla produzione e dal profitto.

Sviluppando queste idee, Baudrillard tracciò una linea divisoria fondamentale nella storia tra le società simboliche – organizzate attorno allo scambio premoderno – e quelle produttivistiche – organizzate attorno alla produzione e allo scambio di beni. Così facendo, egli rifiutò la filosofia marxiana della storia che presupponeva il primato della produzione in tutte le società e rifiutava inoltre il concetto marxiano di socialismo, ritenendo che esso non rinnegava in maniera sufficientemente radicale il produttivismo capitalista, proponendosi semplicemente come una organizzazione più efficiente ed equa della produzione piuttosto che un tipo di società completamente diversa, con valori e forme di cultura e di vita differenti.

In seguito, Baudrillard contrappose il suo ideale di scambio simbolico ai valori di produzione, profitto e razionalità strumentale che governano le società capitaliste (e socialiste). Lo ‘scambio simbolico’ emerse così come l’alternativa ‘rivoluzionaria’ di Baudrillard rispetto ai valori e alle pratiche della società capitalista e rappresentò una varietà di attività eterogenee nei suoi scritti degli anni settanta. Ad esempio, egli scrisse nella Critica:

 

“Lo scambio di apparenze, il presente che viene e se ne va, sono come l’aria che le persone inspirano ed espirano. Questo è il metabolismo dello scambio, della prodigalità, della festa – e anche della distruzione (che a sua volta risulta in un non-valore di ciò che la produzione ha eretto, valorizzato). In questo campo, il valore non è nemmeno riconosciuto”.

 

Egli descrisse anche la sua concezione di scambio simbolico ne Lo specchio della produzione, in cui scrisse:

 

“La relazione sociale simbolica è il ciclo ininterrotto del dare e del ricevere che, nello scambio primitivo, include il consumo del ‘surplus’ e dell’anti-produzione intenzionale”.

 

Il termine, perciò, si riferisce a delle attività simboliche o culturali, che non contribuiscono alla produzione capitalista, e all’accumulo di beni che potenzialmente costituisce una ‘negazione radicale’ della società produttivistica.

A questo stadio del suo pensiero, Baudrillard rientrava in una tradizione francese che esaltava una cultura ‘primitiva’ o premoderna rispetto a un razionalismo e un utilitarismo astratti, tipici della società moderna. In questo modo, la difesa di Baudrillard dello scambio simbolico nei confronti della produzione e della razionalità strumentale si collocava sulla linea della difesa di Rousseau del ‘buon selvaggio’ nei confronti dell’uomo moderno, della contrapposizione di Durkheim tra le solidarietà organiche delle società premoderne e l’astratto individualismo e l’anomia di quelle moderne, della valorizzazione di Bataille del consumo delle società premoderne, o del fascino di Mauss o Levi-Strauss per la ricchezza delle ‘società primitive’ o della ‘mente selvaggia’. Dopo aver smantellato il pensiero dei principali pensatori moderni e quello dei suoi padri teoretici (Marx, Freud, Saussure e i suoi contemporanei francesi) perché non erano riusciti a cogliere la ricchezza dello scambio simbolico, Baudrillard continuò a prendere le difese delle forme simboliche e radicali del pensiero e della scrittura in una ricerca che lo condusse a un discorso ancor più esoterico.

Così, in opposizione alle forme organizzatrici del pensiero e della società moderna, Baudrillard sosteneva lo scambio simbolico come alternativa. Andando contro le richieste moderne di produrre valore e significato, Baudrillard invocava il loro sterminio e il loro annullamento, fornendo come esempi lo scambio di doni di Mauss, gli anagrammi di Saussure e il concetto di Freud della pulsione di morte. In tutti questi esempi, c’è una rottura con le forme di scambio (di beni, significati ed energie pulsionali) e, di conseguenza, una fuga dalle forme di produzione, capitalismo, razionalità e significato. Il concetto paradossale di Baudrillard di scambio simbolico può essere spiegato come un’espressione di un suo desiderio di liberarsi dalle moderne posizioni e di cercarne una che fosse rivoluzionaria e al di fuori della società moderna. Opponendosi ai valori moderni, Baudrillard era a favore del loro annientamento.

Nelle sue opere della metà degli anni Settanta, tuttavia, Baudrillard pose un’altra linea di demarcazione nella storia tanto radicale quanto la rottura tra le società simboliche premoderne e quelle moderne. Sulla scia della teoria sociale classica, sviluppò sistematicamente le distinzioni tra le società premoderne organizzate attorno allo scambio simbolico, quelle moderne organizzate attorno alla produzione e quelle postmoderne organizzate attorno alla ‘simulazione’, termine con il quale egli designa i modi culturali di rappresentazione che ‘simulano’ la realtà come nella televisione, nel ciberspazio dei computer e nella realtà virtuale. La distinzione di Baudrillard tra il modo di produzione e il profitto che organizzavano le società moderne e il modo di simulazione che egli riteneva fosse la forma organizzatrice delle società postmoderne ipotizzava una frattura tra le società moderne e quelle postmoderne profonda quanto quella tra società moderne e premoderne. Nel teorizzare la rottura epocale tra società postmoderne e moderne, Baudrillard dichiarò la ‘fine dell’economia politica’ e di un’era in cui la produzione era stata la forma organizzatrice della società. D’accordo con Marx, Baudrillard sosteneva che questa epoca moderna fosse stata l’era del capitalismo e della borghesia, in cui i lavoratori erano stati sfruttati dal capitale e avevano posseduto la forza rivoluzionaria del sollevamento sociale. Baudrillard dichiarò la fine dell’economia politica e, quindi, la fine della problematica marxista e della modernità stessa:

 

“La fine del lavoro. La fine della produzione. La fine dell’economia politica. La fine della dialettica significante/significato che facilita l’accumulo di conoscenza e di significato, del sintagma lineare del discorso cumulativo. E, nello stesso tempo, la fine dello scambio valore/uso che è la sola cosa che rende possibili l’accumulo e la produzione sociale. La fine della dimensione lineare del discorso. La fine della dimensione lineare dei beni. La fine dell’era classica del segno. La fine dell’era della produzione”.

 

Il discorso ‘della fine’ significa che egli sta annunciando una rottura postmoderna nella storia. In questo momento, per Baudrillard, le persone sono in una nuova era di simulazione in cui la riproduzione sociale (l’elaborazione delle informazioni, la comunicazione e via dicendo) sostituisce la produzione in quanto forma organizzatrice della società. In questa epoca, il lavoro non è più una forza di produzione, ma è esso stesso un “segno tra i tanti”. Il lavoro non è primariamente produttivo in questa situazione, ma è un segno della posizione sociale di una persona, del suo modo di vivere e del suo modo di sottomissione. Anche gli stipendi non hanno più nessuna relazione con il lavoro di un individuo e con ciò che uno produce, ma sono collegati alla posizione che uno occupa all’interno del sistema. Tuttavia, in maniera decisiva, l’economia politica non è più la base, il determinante sociale, o addirittura la ‘realtà’ strutturale in cui altri fenomeni possono essere interpretati e spiegati. Piuttosto, le persone vivono in una ‘iperrealtà’ di simulazioni in cui le immagini e l’attività dei segni sostituiscono i concetti di produzione e di conflitto di classe in quanto elementi chiave delle società contemporanee.

Da questo punto in poi, il capitale e l’economia politica scompaiono dalla storia di Baudrillard, o ritornano in forme completamente nuove. I segni e i codici proliferano e producono altri segni in cicli senza fine. Quindi, la tecnologia sostituisce il capitale in questa storia e la semiurgia (interpretata da Baudrillard come la proliferazione di immagini, informazioni e segni) prende il posto della produzione. La sua svolta postmoderna è perciò collegata a una forma di determinismo tecnologico e a un rifiuto dell’economia politica come principio esplicativo esauriente – una mossa che molti dei suoi critici rifiutavano.

Lo scambio simbolico e la morte e gli studi successivi in Simulazione e Simulacri articolano il principio di una rottura fondamentale tra le società moderne e postmoderne e segnano l’allontanamento di Baudrillard dalla problematica della teoria sociale moderna. Per lui, le società moderne sono organizzate attorno alla produzione e al consumo di beni, mentre le società postmoderne sono organizzate attorno alla simulazione e all’attività di immagini e segni, che denota una situazione in cui i codici, i modelli e i segni sono le forme organizzatrici di un nuovo ordine sociale dove domina la simulazione. Nella società della simulazione, le identità sono costruite tramite l’appropriazione di immagini e codici e i modelli determinano come gli individui si percepiscono e si relazionano ad altre persone. L’economia, la politica, la vita sociale e la cultura sono tutte governate dal modo di simulazione, tramite il quale i codici e i modelli determinano come i beni siano consumati e usati, come sia spiegata la politica, come la cultura sia prodotta e consumata, e come la vita quotidiana sia vissuta.

Il mondo postmoderno di Baudrillard è anche un mondo in cui legami e distinzioni che precedentemente erano importanti – come quelli tra classi sociali, generi, tendenze politiche e domini, un tempo autonomi, della società e della cultura – perdono potere. Se le società moderne, per la teoria sociale classica, erano caratterizzate dalla differenziazione, per Baudrillard le società postmoderne sono caratterizzate dalla de-differenziazione, dal ‘collasso’ delle distinzioni, o dall’implosione. Nella società della simulazione di Baudrillard, i campi dell’economia, della politica, della cultura, della sessualità e del sociale implodono tutti quanti l’uno dentro l’altro. In questa miscela implosiva, l’economia è plasmata dalla cultura, dalla politica e da altre sfere; invece l’arte, un tempo una sfera di potenziale differenza e opposizione, è assorbita nell’ambito economico e politico, mentre la sessualità è ovunque. In questa situazione, le differenze tra gli individui e i gruppi implodono in una rapida e mutevole dissoluzione del sociale e delle precedenti strutture sulle quali la teoria sociale si era un tempo concentrata.

In aggiunta, questo universo postmoderno è un universo di iperrealtà in cui l’intrattenimento, l’informazione e le tecnologie comunicative forniscono esperienze più intense e coinvolgenti delle scene banali della vita di tutti i giorni, così come forniscono dei codici e dei modelli che strutturano la vita quotidiana. Il reame dell’iperreale (p. es. le simulazioni mediatiche della realtà, Disneyland e i parchi dei divertimenti, i centri commerciali e altre escursioni in mondi ideali) è più reale del reale e attraverso di esso i modelli, le immagini e i codici dell’iperreale controllano il pensiero e il comportamento. Eppure, la determinazione stessa è aleatoria in un mondo non lineare dove è impossibile pianificare meccanismi casuali in una situazione in cui gli individui sono confrontati con un flusso incontenibile di immagini, codici e modelli, ognuno dei quali può influenzare il pensiero o il comportamento.

In questo mondo postmoderno, gli individui fuggono dal “deserto del reale” per provare le estasi dell’iperrealtà e del nuovo regno dei computer, dei media e dell’esperienza tecnologica. Le soggettività sono frammentate e perdute, e si profila un nuovo terreno di esperienze che, per Baudrillard, rende le precedenti teorie sociali e politiche obsolete e irrilevanti. Delineando le vicissitudini del soggetto nella società presente, Baudrillard dichiarò che i soggetti contemporanei non sono più afflitti da patologie moderne come l’isteria o la paranoia. Piuttosto, essi vivono in uno

 

“stato di terrore che è caratteristico dello schizofrenico, una promiscuità oscena di tutte le cose che lo assilla e lo penetra senza incontrare nessuna resistenza e nessuna aura, neppure quella del suo stesso corpo. A discapito di se stesso, lo schizofrenico è aperto a qualsiasi esperienza e vive nella più totale confusione”.

 

Per Baudrillard, l’“estasi della comunicazione” significa che il soggetto è vicino alle immagini istantanee e all’informazione, in un mondo sovraesposto e trasparente. In questa situazione, il soggetto “diventa un mero schermo, una semplice superficie che assorbe e riassorbe le reti influenti”. In altre parole, un individuo nel mondo postmoderno diventa semplicemente un’entità influenzata dai media, dall’esperienza tecnologica e dall’iperreale.

Così, le categorie di simulazione, implosione e iperrealtà si combinano per creare una condizione postmoderna emergente che richiede modi totalmente nuovi di teoria e di politica per pianificare e rispondere alle novità dell’era contemporanea. Le strategie di stile e di scrittura di Baudrillard sono anch’esse implosive (cioè vanno contro distinzioni che prima erano importanti), combinando materiale proveniente da campi nettamente diversi, guarnito di esempi presi dai mass media e dalla cultura popolare successivamente messi insieme in una maniera innovativa tipica della teoria postmoderna, che non rispetta i limiti disciplinari. La sua stessa scrittura tenta di simulare le nuove condizioni, catturando le sue originalità attraverso l’uso creativo del linguaggio e della teoria. Tali interrogativi radicali sulla teoria contemporanea e il bisogno di nuove strategie teoretiche sono così legittimati da Baudrillard per mezzo di un ampio numero di cambiamenti nell’era presente.

Ad esempio, egli dichiarò che la modernità operava con un modo di rappresentazione in cui le idee rappresentavano la realtà e la verità, concetti che erano i postulati chiave della teoria moderna. Una società postmoderna scredita questa epistemologia creando una situazione in cui i soggetti perdono il contatto con il reale, si frammentano e si dissolvono. Questa situazione preannuncia la fine della teoria moderna che operava con una dialettica soggetto-oggetto in cui il soggetto rappresentava e controllava l’oggetto. Nella storia della filosofia moderna, il soggetto filosofico tenta di discernere la natura della realtà, per assicurarsi una conoscenza fondata, e di applicare questa conoscenza per controllare e dominare l’oggetto (cioè la natura, le altre persone, le idee e così via). Baudrillard seguiva la critica poststrutturalista, secondo la quale il pensiero e il discorso non possono più essere ancorati saldamente in strutture a priori o privilegiate del ‘reale’. Reagendo contro il modo di rappresentazione nella teoria moderna, il pensiero francese, specialmente quello di qualche decostruzionista (i “testualisti forti” di Rorty), si orientò maggiormente verso l’attività della testualità, del discorso, che, presumibilmente, si riferiva solo ad altri testi o discorsi in cui il ‘reale’ era bandito dal regno della nostalgia.

In maniera simile, Baudrillard, convinto sostenitore della teoria dei simulacri, dichiarò che nella società mediatica e consumistica le persone sono catturate dalle attività delle immagini e hanno sempre meno  relazioni con una ‘realtà’ esterna, al punto che i concetti stessi di sociale, politico, o addirittura di ‘realtà’ non sembrano più avere nessun significato. La coscienza drogata e mesmerizzata (alcune tra le metafore di Baudrillard), satura dei media, è in uno stato tale di adorazione dell’immagine che il concetto del significato stesso (che dipende da limiti stabili, strutture fisse, consenso condiviso) si dissolve. In questa allarmante e nuova situazione postmoderna, il referente, ciò che sta oltre e al di fuori, assieme a ciò che sta in profondità, che costituisce l’essenza e la realtà, sparisce, causando la dissoluzione anche di ogni potenziale opposizione. Nella misura in cui le simulazioni proliferano, esse finiscono col riferirsi solo a se stesse: una fiera di specchi che riflettono immagini proiettate da altri specchi sulla televisione onnipresente, sullo schermo del computer e su quello della coscienza, che a sua volta rinvia l’immagine al magazzino da dove proveniva, magazzino pieno di altre immagini, anch’esse prodotte da specchi simulatori. Imprigionate nell’universo delle simulazioni, le ‘masse’ sono “immerse in un bagno mediatico” privo di messaggi o di significati, un’era di massa dove le classi scompaiono e la politica è morta, come lo sono i grandi sogni di disalienazione, liberazione e rivoluzione.

Baudrillard ritiene che, da questo punto in poi, le masse cerchino un’immagine e non un significato. Esse implodono in una “maggioranza silente”, che rappresenta “la fine del sociale”. La teoria sociale perde il suo stesso obiettivo nel momento in cui i significati, le classi e le differenze implodono in un “buco nero” di non-differenziazione. Le distinzioni tra gruppi sociali e ideologie implodono anch’esse e le concrete relazioni sociali faccia a faccia regrediscono nella misura in cui gli individui scompaiono nei mondi della simulazione – i media, i computer e la stessa realtà virtuale. In questo modo, la teoria sociale perde il suo oggetto, il sociale, mentre la politica radicale perde il suo soggetto e la sua funzione.

Tuttavia, a questo punto della sua traiettoria (tra gli anni Settanta e Ottanta), quel rifiuto del significato e della partecipazione da parte delle masse era una forma di resistenza. Indeciso tra la nostalgia e il nichilismo, Baudrillard eliminò in un colpo solo le idee moderne (p. es. il soggetto, il significato, la verità, la realtà, la società, il socialismo e l’emancipazione) e affermò un modo di scambio simbolico che sembrava manifestare un desiderio nostalgico di ritornare a forme culturali premoderne. Nonostante ciò, questa disperata ricerca di un’alternativa veramente rivoluzionaria venne abbandonata nei primi anni ottanta. Da allora in poi, egli sviluppò prospettive ancora più innovative sul periodo contemporaneo, vacillando tra il delineare modi alternativi di pensiero e di comportamento e il rinunciare alla ricerca di un cambiamento politico e sociale.

In un certo senso, in Baudrillard c’è un’inversione parodica del materialismo. Al posto dell’enfasi di Marx sull’economia politica e sul primato dell’economia, per Baudrillard è il modello, la sovrastruttura, che genera il reale in una situazione che egli definisce come la “fine dell’economia politica”. Secondo lui, i segni-valore predominano sui valori d’uso e sui valori di scambio; la materialità dei bisogni e i valori d’uso dei beni che servono per soddisfare tali bisogni scompaiono nel suo immaginario semiologico, in cui i segni hanno la precedenza sul reale e sono in grado di ricostruire la vita umana. Rivolgendo le categorie marxiste contro se stesse, le masse assorbono le classi, il soggetto della prassi è frantumato e gli oggetti dominano gli esseri umani. La rivoluzione è fagocitata dall’oggetto della critica e l’implosione tecnologica sostituisce la rivoluzione socialista nel produrre una frattura nella storia. Per Baudrillard, in contrasto con Marx, la catastrofe della modernità e l’eruzione della postmodernità sono prodotte dall’esplosione della rivoluzione tecnologica. Di conseguenza, Baudrillard sostituisce la rigida economia di Marx, il determinismo sociale e la sua enfasi sulla dimensione economica, la lotta di classe e la prassi umana, con una forma di “idealismo semiologico” e di “determinismo tecnologico” dove i segni e gli oggetti dominano il soggetto.

Baudrillard conclude così, sostenendo che “la catastrofe è avvenuta”, che la distruzione della modernità e della teoria moderna, che egli aveva previsto nella metà degli anni Settanta, è stata completata dallo sviluppo della stessa società capitalista, che la modernità è scomparsa e una nuova situazione sociale ha preso il suo posto. Contro le tradizionali strategie di ribellione e rivoluzione, Baudrillard incomincia a sostenere quelle che definisce “strategie fatali” che spingono i valori del sistema al limite, nella speranza di un collasso o di un rovesciamento, e alla fine adotta uno stile di discorso metafisico altamente ironico che rinnega l’emancipazione, il discorso e le speranze di una trasformazione sociale progressiva. 

 




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