ZYGMUNT BAUMAN
A cura di Alberto Rossignoli
Cenni biografici
Nato da genitori ebrei non praticanti a Poznan (Polonia), nel 1925, fuggì successivamente nella zona di occupazione sovietica nel 1939, a seguito dell’invasione nazista della Polonia e si mise a servizio di un’unità militare sovietica, per la precisione il KBW, un’unità sorta con lo scopo di combattere l’anticomunismo.
Dopo la guerra, iniziò a studiare sociologia all’ università di Varsavia, ove rimase almeno fino al 1968.
Collaborò con diverse riviste specializzate, tra cui “Sociologia na co dzien” (“sociologia di tutti i giorni”), che raggiungeva un pubblico relativamente vasto.
Inizialmente fu fedele al Marxismo ma successivamente si avvicinò al pensiero di Gramsci e Simmel.
Nel marzo 1968, una epurazione antisemita in Polonia spinse molti degli ebrei polacchi superstiti a cercare rifugio all’estero: il ministro populista Mieczyslaw Moczar scatenò una dura campagna antisemita, culminata in una purga, che non consentì a Bauman di candidarsi a leader del Partito polacco dei Lavoratori Uniti e fece perdere al contempo la sua cattedra all’Università di Varsavia.
Durante un temporaneo soggiorno in Gran Bretagna, presso la “London School of Economics”, pubblicò uno studio sul socialismo inglese, sotto la supervisione di Robert McKenzie(1959). Questa fu la sua prima opera maggiore e venne tradotta in inglese nel 1972.
Bauman, colpito dall’epurazione, riparò in Israele e insegnò all’università di Tel Aviv; in seguito ottenne una cattedra all’università di Leeds.
La fuga in Israele non fu indolore per Bauman:ebbe difatti dei dissapori con il padre, del quale non comprendeva il fervente sionismo; a causa di questo progetto, il filosofo ebbe a scontrarsi con i suoi superiori del KBW.
Dal 1990 circa, il filosofo polacco esercitò una considerevole influenza sul movimento Anti-Globalizzazione.
Bauman è attualmente sposato con la scrittrice Janina Bauman e ha tre figli, di cui una è la pittrice Lydia Bauman.
Opere
1957: Zagadnienia centralizmu demokratycznego w pracach Lenina [Questions of Democratic Centralism in Lenin's Works]. Warszawa: Książka i Wiedza.
1959: Socjalizm brytyjski: Źródła, filozofia, doktryna polityczna [British Socialism: Sources, Philosophy, Political Doctrine]. Warszawa: Państwowe Wydawnictwo Naukowe.
1960: Klasa, ruch, elita: Studium socjologiczne dziejów angielskiego ruchu robotniczego [Class, Movement, Elite: A Sociological Study on the History of the British Labour Movement]. Warszawa: Państwowe Wydawnictwo Naukowe.
1960: Z dziejów demokratycznego ideału [From the History of the Democratic Ideal]. Warszawa: Iskry.
1960: Kariera: cztery szkice socjologiczne [Career: Four Sociological Sketches]. Warszawa: Iskry.
1961: Z zagadnień współczesnej socjologii amerykańskiej [Questions of Modern American Sociology]. Warszawa: Książka i Wiedza.
1962 (with Szymon Chodak, Juliusz Strojnowski, Jakub Banaszkiewicz): Systemy partyjne współczesnego kapitalizmu [The Party Systems of Modern Capitalism]. Warsaw: Książka i Wiedza.
1962: Spoleczeństwo, w ktorym żyjemy [The Society We Live In]. Warsaw: Książka i Wiedza.
1962: Zarys socjologii. Zagadnienia i pojęcia [Outline of Sociology. Questions and Concepts]. Warszawa: Państwowe Wydawnictwo Naukowe.
1964: Zarys marksistowskiej teorii spoleczeństwa [Outline of the Marxist Theory of Society]. Warszawa: Państwowe Wydawnictwo Naukowe.
1964: Socjologia na co dzień [Sociology for Everyday Life]. Warszawa: Iskry.
1965: Wizje ludzkiego świata. Studia nad społeczną genezą i funkcją socjologii [Visions of a Human World: Studies on the social genesis and the function of sociology]. Warszawa: Książka i Wiedza.
1966: Kultura i społeczeństwo. Preliminaria [Culture and Society, Preliminaries]. Warszawa: Państwowe Wydawnictwo Naukowe.
1972: Between Class and Elite. The Evolution of the British Labour Movement. A Sociological Study. Manchester: Manchester University Press ISBN 0-7190-0502-7 (Polish original 1960)
1973: Culture as Praxis. London: Routledge & Kegan Paul. ISBN 0-7619-5989-0
1976: Socialism: The Active Utopia. New York: Holmes and Meier Publishers. ISBN 0-8419-0240-2
1976: Towards a Critical Sociology: An Essay on Common-Sense and Emancipation. London: Routledge & Kegan Paul. ISBN 0-7100-8306-8
1978: Hermeneutics and Social Science: Approaches to Understanding. London: Hutchinson. ISBN 0-09-132531-5
1982: Memories of Class: The Pre-history and After-life of Class. London/Boston: Routledge & Kegan Paul. ISBN 0-7100-9196-6
c1985 Stalin and the peasant revolution: a case study in the dialectics of master and slave. Leeds: University of Leeds Department of Sociology. ISBN 0-907427-18-9
1987: Legislators and interpreters - On Modernity, Post-Modernity, Intellectuals. Ithaca, N.Y.: Cornell University Press. ISBN 0-8014-2104-7
1988: Freedom. Philadelphia: Open University Press. ISBN 0-335-15592-8
1989: Modernity and The Holocaust. Ithaca, N.Y.: Cornell University Press 1989. ISBN 0-8014-2397-X
1990: Paradoxes of Assimilation. New Brunswick: Transaction Publishers.
1990: Thinking Sociologically. An introduction for Everyone. Cambridge, Mass.: Basil Blackwell. ISBN 0-631-16361-1
1991: Modernity and Ambivalence. Ithaca, N.Y.: Cornell University Press. ISBN 0-8014-2603-0
1992: Intimations of Postmodernity. London, New York: Routhledge. ISBN 0-415-06750-2
1992: Mortality, Immortality and Other Life Strategies. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-1016-1
1993: Postmodern Ethics. Cambridge, MA: Basil Blackwell. ISBN 0-631-18693-X
1995: Life in Fragments. Essays in Postmodern Morality. Cambridge, MA: Basil Blackwell. ISBN 0-631-19267-0
1996: Alone Again - Ethics After Certainty. London: Demos. ISBN 1-898309-40-X
1997: Postmodernity and its discontents. New York: New York University Press. ISBN 0-7456-1791-3
1998: Work, consumerism and the new poor. Philadelphia: Open University Press. ISBN 0-335-20155-5
1998: Globalization: The Human Consequences. New York: Columbia University Press. ISBN 0-7456-2012-4
1999: In Search of Politics. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-2172-4
2000: Liquid Modernity. Cambridge: Polity Press ISBN 0-7456-2409-X
(2000 [ed. by Peter Beilharz]: The Bauman Reader. Oxford: Blackwell Publishers. ISBN 0-631-21492-5)
2001: Community. Seeking Safety in an Insecure World. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-2634-3
2001: The Individualized Society. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-2506-1
2001 (with Keith Tester): Conversations with Zygmunt Bauman. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-2664-5
2001 (with Tim May): Thinking Sociologically, 2nd edition. Oxford: Blackwell Publishers. ISBN 0-631-21929-3
2002: Society Under Siege. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-2984-9
2003: Liquid Love: On the Frailty of Human Bonds, Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-2489-8
2003: City of fears, city of hopes. London: Goldsmith's College. ISBN 1-904158-37-4
2004: Wasted Lives. Modernity and its Outcasts. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-3164-9
2004: Europe: An Unfinished Adventure. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-3403-6
2004: Identity: Conversations with Benedetto Vecchi. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-3308-0
2005: Liquid Life. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-3514-8
2006: Liquid Fear. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-3680-2 (due September 28, 2006)
2006: Liquid Times: Living in an Age of Uncertainty. Cambridge: Polity Press. ISBN 0-7456-3987-9 (due October 31, 2006)
Pensiero
Acuto e impegnato analista della società, al centro del suo lavoro vi è sempre la dimensione etica e la dignità della persona umana .
In particolar modo, egli concentra la sua riflessione sul tema della globalizzazione: scrive di un mondo divenuto oramai irrimediabilmente “liquido”…ma che significa questo?
Significa che, mentre nell’età moderna tutto era dato come una solida costruzione, ai nostri giorni, invece ogni aspetto della vita può venir rimodellato artificialmente.
Dunque nulla ha contorni nitidi, definiti e fissati una volta per tutte. Ciò non può che influire sulle relazioni umane, divenute ormai precarie in quanto non ci si vuole sentire ingabbiati; le influenze non mancano anche nel mondo politico:difatti ora non si cerca più di costruire il “mondo perfetto”, seguendo un rigido e predeterminato sistema politico, forte di una consolidata ideologia, come era nel passato…
A quanto sembra, Bauman condivide la tesi di Lyotard circa la caduta delle metanarrazioni, anzi la utilizza in certo qual modo come nucleo del suo sistema, in quanto è proprio a causa della scomparsa delle “grandi narrazioni metafisiche” che ora si ha la “liquidità” come essenza stessa dell’attuale. Tuttavia è importante rilevare che Bauman, a differenza di altri autori, rifiuta il termine “postmoderno” a favore di “modernità liquida”, proprio per indicare la labilità di qualsiasi costruzione in questa nostra epoca…
Infatti, alla prima fase della modernità, vale a dire quella solida”, apparteneva il tentativo di circoscrivere la posizione dell’individuo all’interno di leggi definenti la razionalità umana e inglobarle conseguentemente nel corpo dello Stato. Parallelamente, in questa fase, si assiste al tentativo di ripartire il Tutto entro un ordine misurabile…come dimenticare Galileo?
Attualmente, tuttavia, si assiste ad una progressiva crescita del processo di individualizzazione (punto cardine della fase “liquida”) che si pone in un rapporto dialettico con le strutture e la visione del mondo caratteristiche della fase “solida”…individualizzazione che si ricollega al processo di globalizzazione, di cui si parlerà tra poco.
Se, però, la modernità è “liquida”, esiste comunque, per il filosofo, qualcosa che rimane stabile, vale a dire il socialismo, che non sarebbe un modello alternativo di società, bensì “un coltello affilato premuto contro le eclatanti ingiustizie della società, una voce della coscienza finalizzata a indebolire la presunzione e l’autoadorazione dei dominanti”, come Bauman dirà in un’intervista di Serena Zoli per il Corriere della Sera del 13 ottobre 2002.
A proposito di “globalizzazione”, la tesi di Bauman ò che essa genera sostanzialmente delle differenze, esaspera quelle già esistenti col risultato di polarizzare ulteriormente la natura umana.
Il filosofo muove da un’indagine del legame tra la natura dello spazio-tempo e le organizzazioni sociali, per giungere all’analisi degli effetti che la compressione spazio-temporale produce sulla società contemporanea e sulle persone.
Non esiste più lo spazio, bensì il luogo, che è lo spazio capace di dare significato all’esperienza, definendo in particolare ambiti e dimensioni locali;quando lo spazio cessa di essere significante cessa conseguentemente di essere luogo, non definisce più, dunque, né ambiti né dimensioni locali, diventando mero spazio.
Come dice Bauman, la globalizzazione mina alla base la coesione sociale su scala locale, portando alla creazione di una “èlite della mobilità” in grado di annullare lo spazio, di dare significati allo spazio, e capaci soprattutto di rendere lo spazio significante per se stessi…quasi che parte dell’umanità potesse attraversare il mondo e l’altra parte se lo vedesse passare davanti.
La coesistenza di questi due mondi, di queste due modalità di essere (delineate da Bauman nelle figure del “turista” e del “vagabondo”) trasforma il territorio urbano in una sorta di campo di battaglia per lo spazio.
Questa situazione è definita da Bauman “guerre spaziali”, le quali rischiano di diventare foriere di pericolose conseguenze a causa della disintegrazione delle reti protettive.
In particolare, nell’opera “Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone” (2001), il filosofo sviluppa la dialettica “globale/locale” che si è venuta ormai a creare attualmente…i “globali” fissano le regole del gioco.
Nel processo in atto, infatti, se la finanza e l’informazione da un lato uniformano il globo, dall’altro lato promuovono la differenziazione delle condizioni di vita di intere popolazioni; la globalizzazione, dunque come un “Giano bifronte”, che nel, momento stesso in cui unisce, divide e localizza, annullando le possibilità di azione di ampi strati sociali. Nel saggio, inoltre, il pensatore polacco identifica nella mobilità come il valore più grande della post-modernità...mobilità che, come detto poc’anzi, diviene anche un fattore di prestigio sociale.
Riguardo alla sfera politica, è da rilevare il fatto che essa continua a muoversi entro gli schemi delineati nella prima fase della modernità, vale a dire entro idee di dominio e controllo dello spazio fisico, di uno spazio ben definito e delineato, mentre l’economia, la “new economy” è in grado di spostarsi con velocità nettamente superiori grazie all’ausilio delle reti telematiche…il suo terreno è il cyberspazio.
Qual è il risultato? Mentre nella prima modernità vi era un rapporto di dipendenza reciproca tra capitale e lavoro, oggi invece il capitale è sempre meno legato ad un territorio.
L’azienda della fase “liquido-moderna”, a differenza della fabbrica fordista, proprio a causa della natura del capitale nell’era attuale, perde qualsiasi interesse nella tutela dei dipendenti, non avendo bisogno di uno spazio fisico ma essendo anzi svincolata da esso in special modo per quanto riguarda gli investimenti:può investire difatti ove si presentino le condizioni migliori, anche se a farne le spese, è necessario e doveroso sottolinearlo, sono i lavoratori stessi!
Nell’attuale mondo “liquido” vi è un ingresso ma nessuna via d’uscita, nel senso che chi è escluso lo resterà per sempre, e sarà condannato a vivere una realtà dove sono sospesi lo stato di diritto e tutto il complesso delle procedure previste dal welfare state.
Ancora, ricollegandoci a quanto si diceva circa l’orientamento politico attuale, c’è da rilevare come logica conseguenza, che lo stato-nazione ha aumentato le sue risorse al fine di garantire la sicurezza dei pochi privilegiati ammessi alla tavola dello sviluppo economico.
In conseguenza di ciò, si rileva tutta una serie di interventi militari fatti dalle potenze egemoni( o sarebbe forse meglio dire LA potenza egemone..?) allo scopo di respingere “oltre frontiera” le migrazioni dalle aree povere verso quelle più ricche…gli stati-nazione privilegiati si danno attualmente molto da fare non solo nell’ambito della “produzione di rifiuti”, bensì anche per quel che concerne il loro “smaltimento”…quali rifiuti?
Quelli prodotti dalla globalizzazione! Difatti per Bauman la distinzione tra politica interna e politica internazionale è una mera convenzione volta a legittimare (o mascherare?) le scelte dei governi locali e delle organizzazioni internazionali per smaltire questi rifiuti…non è un caso, come osserva argutamente il filosofo, che gli interventi militari nei Paesi esteri hanno alquanto il carattere di azioni di polizia, cosa confermabile appieno anche nella più recente attualità, del resto.
E dunque, per Bauman, il quale fa riferimento alle riflessioni di Agamben, tutta la massa dei diseredati, dei rifugiati, degli immigrati, dei “rifiuti” forma uno stato d’eccezione che in certo qual modo riempie il vuoto creato dalla crisi della prima modernità così bene descritta da Foucault come “società disciplinare”, volta cioè al totale controllo delle masse.
Che fare dunque? Per il pensatore polacco, la soluzione al problema non può che essere un ripensamento della politica del welfare-state, orientata su scala globale…però è doveroso tener conto che, se si vuole intervenire in questo “stato d’eccezione” si deve dare la parola, prima di tutto, a coloro che sono stati etichettati come “scarti umani”, cosa quanto mai lesiva nei confronti della dignità umana che ricorda troppo da vicino quanto fatto dai nazisti con gli ebrei.
In particolar modo, le nuove funzioni riguardano la gestione dei “campi di permanenza temporanei” (luoghi pensati per far fronte all’emergenza immigrazione) ma anche l’amministrazione del mercato del lavoro in base al principio della flessibilità o, per meglio dire, della precarietà.
Unitamente a ciò, lo Stato si occupa di creare specifiche politiche di pervasivo controllo sociale.
Ad ogni modo, Bauman, nei suoi testi, non fornisce ricette: si limita soltanto ad analizzare la situazione lucidamente e criticamente, mosso principalmente dalla speranza di informare. Anzi, formula un suo vivo desiderio, ossia quello che si costruisca una “comunità” di individui mossi da un’etica comune e, soprattutto, responsabilizzata
Impresa tuttavia molto difficile, visto l’attuale stato di cose…
La società dell’incertezza di Z. Bauman
“Il disagio della postmodernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza individuale”….
Con queste parole esordisce, nell’introduzione al testo, Bauman con il palese intento di farci comprendere sin dall’inizio che il sentimento principale che affligge l’uomo postmoderno è un sentimento di DISAGIO, richiamando, seppur opportunamente adattata al contesto attuale, la dialettica “principio di piacere-principio di realtà” già enunciata da Freud nella sua opera “Il disagio della civiltà”.
Ma da cosa ha origine questo disagio?
Da diversi fattori, primo dei quali è dato dal problema dell’identità…nel postmoderno infatti, a differenza dell’epoca moderna, in cui la questione principale era quella di costruire un’identità e stabilizzarla, si rende necessario evitare qualsiasi tipo di fissazione:non a caso, la parola d’ordine postmoderna circa la questione dell’identità è “riciclare” .
Nello specifico, l’autore utilizza figure come quella del “pellegrino”, del “turista” e del”vagabondo” per aiutarci a comprendere la questione…
Quella del pellegrino, figura simbolo dell’età moderna, è il ritratto dell’uomo che sta costruendo la sua vita, il suo futuro, la sua identità….conscio e sicuro che domani ci sarà un futuro…un uomo che agisce per il domani, sicuro che ci sarà un domani….
Tuttavia ora non c’è più posto per il pellegrino:troppo flessibile è divenuta la realtà perché si possa costruire un qualcosa di stabile e duraturo nel tempo….ed ecco apparire altre figure rimpiazzo come quella del “flaneur” ma, soprattutto, quella del “vagabondo”.
Autentico flagello dell’età moderna, nel postmoderno la figura del “vagabondo” è rivalutata proprio grazie alla sua mancanza di radici e di stabilità, esattamente come si presenta il mondo in cui ora si trova a vivere.
Altra figura interessante è quella del”turista”: egli, a differenza del “vagabondo” ha una casa…ma si sposta temporaneamente alla continua e febbrile ricerca di sensazioni e piaceri però sempre “cosciente e sistematico”, come avverte Bauman.
Poi viene il “giocatore”:votato perennemente ed incessantemente al gioco, per lui il tempo altro non è se non una successione di partite…..
Altra questione importante è quella dello “straniero”:sottoposto a restrizioni nell’età moderna, nel postmoderno, lo “straniero” rimane tra noi come una presenza costante, condividendo l’incertezza di questa nostra era, e anzi è fatto oggetto di “eterofilia” da parte dei benestanti cercatori di sensazioni nuove.
Illuminante è quanto dice l’autore a proposito di emancipazione:”Tuttavia c’è una vera opportunità di emancipazione nella postmodernità: la possibilità di deporre le armi, di sospendere gli scontri di frontiera ingaggiati per tenere lontani gli stranieri, di mettere da parte i piccoli muri di Berlino eretti quotidianamente per mantenere le distanze e le separazioni”.
Due sono le strategie adottabili con lo “straniero”:
1) limitare il più possibile l’imprevedibilità dello “straniero”;
2) allontanare il più possibile i movimenti degli estranei.
In verità la questione è duplice e dialettica:se da un lato vi è comunque il desiderio, per mantenere se non altro una parvenza di tranquillità e sicurezza, di circoscrivere i movimenti e gli spazi dello “straniero”, dall’altro lato entra in gioco un certo “piacere per la promiscuità” (come spiega Bauman), derivato dal carattere misterioso e attraente che è proprio dello”straniero”, foriero di esperienze piacevoli.
Sappiamo bene (anche perché ognuno di noi lo avrà sperimentato) che l’incertezza genera altresì un senso di paura…
Da quali fattori è causata la paura postmoderna? Vediamoli assieme a Bauman….
Anzitutto, il progresso tecnologico ha attualmente “reso sempre più inutile il lavoro di massa in relazione al volume della produzione”, unitamente ad una progressiva deistituzionalizzazione dei processi produttivi, nel senso che lo Stato non fornisce più i servizi per vincere l’incertezza dell’uomo…Ora l’uomo postmoderno “diventa il sorvegliante e l’insegnante di se stesso” e, mentre nell’età moderna fungeva da approvigionatore di beni, ora la sua principale funzione è quella di cercatore di piaceri e sensazioni.
Una fonte di inquietudine postmoderna è proprio il corpo, coerentemente visto come recettore di sensazioni…e affinché possa assolvere al suo compiti principale, è necessario che sia in buona salute:ed ecco entrare nella vita dell’uomo postmoderno il concetto di “fitness”, legato ad una maniacale attenzione per le pratiche salutistiche, tra l’altro ottima fonte di guadagno per gli addetti al settore!
Altra interessante questione è quella relativa all’Altro…chi è l’Altro?
Essenzialmente, può essere una “possibilità di agire” per l’approvigionatore di beni dell’era moderna, mentre, per il cercatore di piaceri (possibilmente con il minor numero possibile di complicazioni) è una figura attraente in quanto promette potenzialmente di stimolare sensazioni…
Ma c’è dell’altro:questa febbrile e intensa cura per il proprio corpo si è, in certo qual modo, estesa, anzi ri-collettivizzata…condensandosi proprio nell’attività politica, la quale “oggi non è altro che una estensione della mania per il corpo”.
Nello specifico, come nell’età moderna, noi stiamo attualmente inseguendo il sogno della razionalità…tuttavia ora si parla più che altro di “microrazionalità” , le quali non ne vogliono sapere di unificarsi…anche questo genera un profondo senso di insicurezza e inadeguatezza.
In conclusione, vale la pena soffermarsi sull’avvertimento di Bauman:”La dissoluzione dell’ordine socio-politico che ha permesso alle bio-tecno-scienze di assumere la loro ben nota e sinistra tendenza genocida, ha cancellato alcuni pericoli dall’ordine del giorno, o almeno ha reso improbabile la loro replica nell’epoca della postmodernità. Ma i nuovi tempi e i nuovi assetti socio-politici, hanno procurato nuovi rischi -per ora solo intuiti e inesplorati…Il problema di come impedire loro di trasformarsi in realtà, configurerà probabilmente il contenuto dell’agenda politica del futuro. Altrimenti potrebbe non esserci più un futuro da forgiare:o, piuttosto, non ci saranno esseri umani in grado di forgiarlo”.