Il più illustre dei seguaci
della scuola di Christian Wollf fu Alexander Gottfried Baumgarten (1714-1762).
Egli è autore di una Metaphysica (1739) che si presenta sostanzialmente
come un compendio in mille paragrafi della filosofia di Wollf e fu adottata da
Kant come manuale per le sue lezioni universitarie. La fama di Baumgarten è
però legata soprattutto alla Aesthetica (1750-1758), che fa di lui il
fondatore dell’estetica tedesca e uno dei massimi rappresentanti dell’estetica
del Settecento. Del resto, lo stesso termine “estetica” è stato introdotto da
Baumgarten. La metafisica è da lui definita
come “scienza delle qualità delle cose, conoscibili senza la fede”. Alla
metafisica precede la teoria della conoscenza, che il filosofo tedesco designò
per primo, nella storia del pensiero, col termine “gnoseologia”.
La gnoseologia si divide in due parti fondamentali: 1) l’estetica, che concerne la conoscenza sensibile; 2) la
logica, che riguarda invece la conoscenza
intellettuale. L’originalità della riflessione di Baumgarten risiede nel
rilievo che egli ha dato alla conoscenza sensibile, la quale, lungi dall’essere
intesa come semplice grado preparatorio e subordinato alla conoscenza
intellettuale, è dotata di un valore intrinseco, diverso e slegato da quello
della conoscenza logica. Tale valore intrinseco è il valore poetico. I
risultati cardinali cui perviene l’estetica di Baumgarten sono principalmente
due: in primis, il riconoscimento del valore
autonomo della poesia e, in generale, dell’attività estetica, ossia di
un valore che non si riduce alla verità tipica della conoscenza logica. In
secundis, il riconoscimento del valore di un atteggiamento o di un’attività
umana che era ritenuta inferiore e dunque la possibilità di una più completa
valutazione dell’uomo nella sua interezza. Questo secondo aspetto fa di
Baumgarten uno dei più ragguardevoli esponenti dello spirito illuministico:
l’estetica è da lui definita come la “scienza della conoscenza sensibile”
ed essa viene determinata anche come “teoria delle arti liberali,
gnoseologia inferiore, arte del bel pensare, arte dell’analogo della ragione”
(Estetica, par.1). il fine dell’estetica è “la perfezione della
conoscenza sensibile in quanto tale” e questa perfezione è la bellezza. Per questo motivo, a cadere fuori dal
dominio dell’estetica sono, da un lato, quelle perfezioni della conoscenza
sensibile che sono così nascoste da rimanere per noi sempre oscure, dall’altro
quelle che non possiamo conoscere se non mediante l’intelletto. Il dominio
dell’estetica ha un limite inferiore rappresentato dalla conoscenza sensibile
“oscura” ed un limite superiore rappresentato dalla conoscenza logica
“distinta”. Al dominio dell’estetica, pertanto, competono soltanto le
rappresentazioni chiare ma confuse. La bellezza, come perfezione della
conoscenza sensibile, è universale, ma di un’universalità diversa rispetto a
quella della conoscenza logica, giacché astrae dall’ordine e dai segni e
realizza una forma di unificazione meramente fenomenica. La bellezza delle cose
e dei pensieri deve tuttavia essere distinta da quella della coscienza e da
quella degli oggetti e della materia: le cose brutte possono essere bellamente
pensate e le cose belle pensate in modo brutto. Baumgarten ritiene che la
facondia, la grandezza, la verità, la chiarezza, la certezza e, per dirla in
una parola, la “vita della conoscenza”, possano concorrere a formare la
bellezza. In una nota, così egli definisce la perfezione: “se più elementi
,assunti contemporaneamente, costituiscono la ragion
sufficiente di una sola cosa, allora vuol dire che essi si accordano fra
di loro, e questo medesimo accordo è la perfezione”.