BOULANGER
A cura di Maura Millet

Cenni biografici

Nicolas Antoine Boulanger1 nasce a Parigi l'11 novembre del 1722; dopo aver condotto senza brillanti risultati studi classici, si dedicò allo studio della matematica e all'architettura, esercitando poi la professione di ingegnere (militare e civile). Lo stretto contatto con la natura, a cui la sua stessa occupazione lo portava ad avere, lo condusse ad avviare numerose ricerche intorno alla storia naturale: «il vit la multitude de substances diverses que la terre recèle dans son sein, et qui atteste son ancienneté et la suite innombrables de ses révolutions sous l'astre qui l'éclaire […] il ramassa du bois, des pierres, des coquilles»2. Tuttavia gli studi naturali a cui amava dedicarsi non sono da imputarsi esclusivamente a un suo spiccato spirito scientifico, ma vanno piuttosto interpretati come punto di partenza, come materiale di base da cui condurre osservazioni e giungere a conclusioni intorno alla storia dell'uomo e della società.

Della breve vita di Boulanger sappiamo che tra il 1753 e il 1754, durante i suoi soggiorni parigini, frequentò la casa di Mussard in cui incontrò Rousseau e Prévost. Dal 1755 iniziò a intrattenere stretti rapporti con il barone d’Holbach, che avrebbe poi curato le edizioni delle opere di Boulanger. L’«ingénieur des ponts et des chaussées», affascinato dalla storia degli uomini e della società, morì a soli 37 anni, il 16 settembre del 1759, a causa di una «maladie grave» che lo afflisse per tutta la vita.

Oltre che una partecipazione piuttosto frammentaria al lavoro dell'Encyclopédie, a cui contribuì con la voci déluge, corvée e probabilmente société, le principali opere a cui lavorò sono le Recherches sur l'origine du despotisme oriental, edita postuma nel 1761 e L'Antiquité dévoilée par ses usages, apparsa anch'essa dopo la morte di Boulanger, nel 1766. In giovane età si dedicò alla stesura di una Histoire d’Alexandre le Grand. Vanno ancora ricordati gli scritti su Esopo, San Pietro, Enoch e i trattati di storia naturale sui corsi d’acqua della Loira e della Marna.

L'Antiquité dévoileée

Prima di procedere all'analisi del testo, per cogliere quale sia l'immagine che Boulanger fornisce del mondo antico, è necessario prima inquadrare l’opera ed esporre la curiosa teoria sul diluvio, senza cui si rischierebbe di travisare il pensiero dell'autore.

Va innanzitutto rilevato come a partire dalla metà del XVIII secolo la discussione intorno alla storia naturale dell'uomo fosse particolarmente viva, tanto che numerosi studiosi del tempo si dedicarono alla stesura di cosmogonie (più o meno fantastiche); Voltaire stesso fu affascinato dalla discussione sull'origine della terra, sul diluvio e sui fossili. Alla base di tutto ciò si può indubbiamente rintracciare un forte intento antibiblico; si cercava infatti di affiancare e sostituire una genesi naturale alla Genesi biblica.

L'opera di Boulanger ha risentito dell'influenza degli studi biblici e mitologici di un gruppo di orientalisti che ruotava intorno alla famiglia Fourmont: il nucleo del loro pensiero sosteneva che «in tutte le leggende antiche si doveva poter ritrovare, sepolta sotto l'involucro mitologico la verità storica quale essa era stata rivelata dalla Bibbia»3. I Fourmont, in particolare il primo della famiglia, Étienne, fu attratto dalla leggende antiche sul diluvio; è inoltre curioso sottolineare come tra la carte di Claude Fourmont si rinvennero degli appunti intitolati Idée informe sur les livres sybilllins, problematica che appassionava Boulanger e a cui dedicò un libro dell'Antiquité.

Appare a questo punto fruttuoso indagare quale fosse la posizione di Boulanger circa il diluvio. Gli scritti di storia naturale a cui lavorò sono andati perduti, tuttavia dalle sue opere si evince con chiarezza la sua teoria sul diluvio, fatto storico la cui certezza scientifica, secondo Boulanger, non può essere negata. «Douter de la réalité de ces faits, ce serait démentir la nature qui a dressé elle-même en tout lieux des monuments qui les attestent. Ainsi la révolution qui a submergé une portion de notre globe pour en mettre une autre à découvert, ou ce que l'on a nommé le deluge universel, est un fait que l'on ne peut récuser»4. La verità di questa affermazione trae conferma da tre elementi: dall'universalità di questa tradizione, infatti in tutte le lingue e in ogni storia dei popoli antichi si narrano grandi catastrofi naturali; in secondo luogo, dal progresso delle nazioni e dal perfezionamento progressivo delle arti registrati dopo questi cataclismi; infine dalle conferme scientifiche, infatti l'occhio attento dello scienziato riconosce nella conformazione della terra, della crosta, dei fossili e delle conchiglie il segno evidente di antiche «révolutions physiques».

Il diluvio in quanto fatto naturale rimarrebbe privo di interesse se non si leggesse in esso il punto d'innesco della storia dell'uomo: infatti Boulanger intravede in questo grande sommovimento della natura l'avvio della storia della società umana, si ha dunque una stretta interdipendenza tra vita della natura e vita degli uomini: «ces révolutions physiques ont donné lieu à des renouvellements dans la société humaines. […] L'istant de ces anciennes révolutions est en effet l'instant précis où l'on doit remonter pour parvenir à la naissance de nos sociétés actuelles»5. Oltre all’intento storiografico con cui Boulanger si impegna a ricostruire la storia delle origini dell'uomo moderno, si deve apprezzare lo studio di ordine socio-psicologico; l'autore si propone infatti di cercare le conseguenze morali e le impressioni che i cataclismi naturali abbiano potuto provocare sugli uomini: «ces impressions, elles ont dû nécessairement influer sur la conduite des hommes, sur leurs idées, sur les démarches des sociétés renouvellées, et même sur celles de toutes les société qui par la suite sont dérivées des premières. […] j'ai vu écrit dans la nature que l'homme a été vivement affecté et profondément pénétré de ses malheurs, […] j'ai vu qu'il est devenu triste, mélancolique et religieux à l'excès […] j'ai reconnu que cette première position de l'homme qui a renouvellé les sociétés est la vraie porte de notre histoire, et la clef de toutes les enigmes que les usages et les traditions proposent»6. Anna Minerbi Belgrado ravvisa proprio in questo tentativo di ricostruire la storia degli uomini come l’insieme delle reazioni scatenate da un evento d’eccezione, di dimensioni non comprensibili e non dominabili, il carattere più specifico e originale dell’opera di Boulanger. Solo Gian Battista Vico esaltò l’emotività (in questo caso si tratta di un’emotività stravolta) quale radice della storia7.

Il diluvio segna dunque il punto di rottura e il momento di svolta che sta alla base di qualsiasi manifestazione religiosa, politica e sociale. In relazione a quanto detto, l’impianto filosofico di Boulanger appare essere estremamente unitario, rischiando spesso di cadere in forzature che una teoria monocausale può comportare.

L'analisi che Boulanger si propone di condurre prende le mosse dallo studio delle tradizioni, dei miti e delle feste, «les usages»8 appunto, delle società antiche. Si chiarifica così anche il significato del titolo dell'opera: L'Antiquité dévoilée par ses usages. Attraverso lo studio e la comparazione «des usages des anciens» Boulanger si propone di scoprire e svelare l’Antiquité. Il sostantivo ‘antichità’ va qui inteso con un’accezione decisamente più vasta di quanto non significhi per noi: «pour lui [Boulanger] l’antiquité c’est le passé tout entier, de l’humanité tout entière». Il participio passato dévoilée sembra in qualche modo far eco all’opera le Christianisme dévoilé, in cui il participio dévoilé rinvia al significato di démysthifié (il titolo dell’opera potrebbe anche non essere stato attribuito dall’autore, ma dall’editore, il barone d’Holbach, che curò la pubblicazione dell’opera)9.

Non tanto la conoscenza arida dei fatti e dei costumi, ma piuttosto le cause che li hanno prodotti e soprattutto ciò che Boulanger chiama l'«esprit», ossia lo spirito che li ha resi possibili, muovono l’interesse dell’autore. Ogni sezione del testo è infatti dedicata all'analisi dell'«esprit» che animava i popoli dell’antichità nelle sue diverse forme: nel primo libro si occupa dell'«esprit commémoratif», ponendo in luce come i popoli abbiano istituito delle ricorrenze particolari per mantenere vivo il ricordo del diluvio; nel secondo libro mette in evidenza il carattere triste e lugubre che accompagna ogni festività nel mondo antico, questo è l'«esprit funèbre». Nel terzo libro Boulanger si sofferma sull'«esprit mystérieux», ossia sui misteri, gli enigmi e i secreti dei popoli antichi che altro non si proponevano che di nascondere verità pericolose che avrebbero potuto disturbare l'ordine sociale. Il quarto libro pone in rilievo l'«esprit cyclique»: l’umanità, fin dall’antichità, fu spinta a studiare e calcolare quale potesse essere la durata del mondo, associando la fine di ogni periodo cronologico (anno, secolo) a idee e credenze apocalittiche. Nel quinto libro sono le feste e le cerimonie istituite nel corso dell'anno, dei mesi e dei giorni a essere esaminate: l'«esprit liturgique». Infine Boulanger pone in coda alla sua opera una dissertazione sugli effetti fisici e morali del diluvio10.

I misteri, il progresso e la religione

In ogni popolo dell'antichità, fatte salve le popolazioni del Nord Europa e delle Americhe11, si rintracciano dei «mystères», ossia dei riti e dei culti religiosi segreti, il cui autentico contenuto era riservato esclusivamente agli iniziati e celato al popolo.

Accanto alle cerimonie segrete, riservate agli iniziati12, si accompagnava sempre una parte pubblica, destinata a coinvolgere tutto il popolo. Come in ogni altra celebrazione, le divinità erano l'oggetto del culto pubblico che si strutturava in tre fasi: in un primo momento si commemorava la storia del dio, così come la mitologia la rappresentava, ricordandone le avventure, i combattimenti, le vittorie e le disfatte. Nei due momenti successivi, si poneva in rilievo il ruolo degli dei nell'opera di incivilimento dell'uomo, celebrandoli come «créateurs des sociétés et comme les inventeurs des arts utiles»13. Il popolo ringraziava la divinità per aver dato all'uomo la conoscenza delle arti, grazie a cui la vita miserabile e selvaggia degli antenati era stata superata, e ne celebrava la gloria per avergli donato l'arte della politica e della legislazione. È interessante notare come tutti questi momenti sono caratterizzati dal binomio tristezza-allegria; da un lato la narrazione di episodi tragici della vita della divinità e il ricordo della miseria degli avi, dall'altro la gioia per la condizione presente e la credenza che le sofferenze della divinità siano state funzionali alla loro immortalità: «la tristesse était tempérée par la joie et la joie par la tristesse»14.

A questo punto appare fondamentale ricostruire lo spirito e le motivazioni segrete dei culti misterici. Svelare al popolo la falsità degli dei, «lui dire que ses dieux n'étaient que de faux dieux»15, non avrebbe comportato alcun pericolo per la stabilità e la perpetuazione della società. «Il ne fallait pour cela qu'aider les progrès des connaissances, et de dégager aux yeux du vulgaire la divinité des nuages qui l'obscurcissaient»16. Ancora, si potrebbe sostenere che i misteri avessero voluto nascondere il racconto delle antiche catastrofi naturali avvenute sulla terra; tuttavia la storia del diluvio era ben conosciuta anche dal popolo. Un'altra motivazione della segretezza che aleggiava intorno a questi culti poteva essere ravvisata nelle pratiche spesso barbare e indecenti che accompagnavano i riti; ma queste usanze che avrebbero giustamente potuto essere nascoste, erano tuttavia tollerate e in uso in molte altre cerimonie.

Per cercare di penetrarne il segreto dei misteri appare necessaria la consultazione di fonti antiche. In Plutarco appare scritto: «tous les mystères ont rapport à la vie future et l'état de l'âme après la mort ; […] nous sommes instruits de ces grandes vérités que l'âme est incorruptible». Cicerone scrive: «ce sont les mystères de Cérès qui nous ont appris à mourir avec l'espoir d'un avenir plus heureux». Ancora, «Platon a dit qu'on apprenait dans les mystères que la vie n'est qu'un lieu de passage»17. E in molti altri autori (Aristofane, Diogene, Euripide, ecc.) si ritrovano questo genere di affermazioni che associano i culti misterici a una vita dopo la morte. La nozione dell'immortalità dell'anima non sembra tuttavia oscura al popolo che dai racconti dei poeti18 conosceva il Tartaro, i Campi Elisi, l'Acheronte, Minosse, Radamanto ed Eaco. «Les peuples et les initiés aux mystères connaissaient également une vie future ou un autre état après la mort; mais les peintures fabuleuses et contradictoires que l'on avait faites de cet état, faisaient que depuis long-temps le peuple n'y croit plus; […] les initiés au contraire y croyaient toujours, parce qu'ils en avaient des idées plus pures et plus raisonnables»19. Non si perviene ancora a capire quale possa essere la vera motivazione della segretezza dei misteri.

In relazione a quanto detto in precedenza, si può intuire che alla base vada collocata l’esperienza diluviana; infatti, secondo Boulanger, solo nell'uomo reduce delle catastrofi naturali e nelle manifestazione della natura si potrà cogliere il nocciolo della questione. Gli uomini sopravvissuti al diluvio conducevano una vita selvaggia e nomade; solo con il tempo e la casualità iniziarono a crearsi alcuni nuclei stabili di uomini e progressivamente il ricordo dei cataclismi si affievolì; tuttavia solo con l'intervento della politica e della religione si iniziò a dirigere il culto in modo da renderlo conveniente ai bisogni della società, andando così a creare delle pratiche religiose segrete. «L'institution des mystères doit donc être regardée comme un des plus grands ressorts qui après avoir lié l'homme à la société et l'avoir rendu agriculteur, le fixa dans sa demeure et forma des nations policées. […] En un mot, c'est par les mystères que l'homme s'est trouvé heureux et policé»20. Per far dimenticare all'uomo le spaventose e tristi immagini che lo assediavano, si rendeva necessario celare agli individui verità sconvenienti, instaurando la pratica dei misteri. Si può dunque affermare che l'antichità abbia fatto un uso politico-civile della religione, per stabilire unasocietà salda e priva di disordini. Ma ciò che ancor più colpisce è che alla base della costituzione della religione si ravvisa una motivazione naturale; infatti si pone alla «radice di ogni religione il ricordo del diluvio, di un fatto naturale cioè, ancora oggi constatabile dalla ragione osservatrice e scientifica dell'uomo»21.

Tuttavia non era tanto la memoria del diluvio a voler essere bandita, quanto piuttosto «la science de l'avenir» che non va ricondotta esclusivamente al dogma dell'immortalità dell'anima e della vita futura, che, benché facesse parte dei misteri, era ormai nota ai più. Dalle parole di Dionigi di Alicarnasso, Boulanger risale al vero segreto dei culti misterici: «les mystères avaient non seuleument rapport aux anciens malheurs de l'univers dont le peuple savait au moins une partie, mais encore qu'on y annoncait ses malheurs à venir; et c'était là ce qui rendait la science de l'avenir dangeureuse et nuisible à la société»22. La dottrina segreta dunque rivelava agli iniziati l'origini del mondo, ma soprattutto ne profetizzava la fine, annunciando la venuta di un dio distruttore e rinnovatore dell'universo. Una tale credenza, venata da pensieri apocalittici, si dimostrava estremamente pericolosa, dal momento che ostacolava e impediva la costituzione di società in grado di prodigarsi e lavorare per il benessere futuro.

A questo punto appare importante fare qualche precisazione circa la nozione di progresso23, uno degli elementi di maggior interesse e di rilievo filosofico nel pensiero di Boulanger. A partire dall’esperienza del diluvio sono due i filoni che percorrono paralleli la storia dell’umanità: l’uno è quello religioso, l’altro quello della ragione, intima compagna del progresso umano. Boulanger imputa alla religione una grave colpa, quella di aver introdotto una concezione ciclica del tempo, permeata sull’idea di un cosmo autodistruggentesi periodicamente24: «sia che la concezione ciclica si fondi sugli astri, sia che assuma un aspetto apocalittico predicando imminente il chiudersi del ciclo cosmico, sempre essa è di ostacolo alla vita civile, alla vita stessa dell’uomo»25, al progresso stesso dell'umanità. L’idea di un ciclo cronologico e umano colloca le sue origine naturali e storiche nel diluvio («les hommes ont été si vivement frappés de la destruction de leur ancienne demeure, que non-seulement ils en ont long-temps conservé le sovenir, mais encore qu’ils ont cru qu’ils avaient une nouvelle destruction à craindre»26); il suo centro psicologico va invece individuato nel mito dell’età dell’oro. Le avversità e i disagi non farebbero che originare negli uomini la credenza che la loro sia l'età del ferro e che sia dunque imminente una grande rivoluzione che condurrà a un nuovo inizio e con esso a una nuova età dell'oro. La grande intuizione di Boulanger fu quella di scorgere l’opposizione che sussiste, non solo tra ragione e religione, ma soprattutto tra religione e storia, che può scaturire soltanto con il nascere di una politica e un atteggiamento coscientemente umano. «Soltanto quando l'uomo, dopo aver guardato i cieli e gli inferni, ha finalmente rivolto lo sguardo […] al presente, alla terra, all'immediato, l'uomo ha dato inizio alla sua civiltà»27. La religione, dimensione totalizzante per l’uomo post-diluviano, gli aveva impedito di lavorare per conseguire la felicità terrena; solo sganciandosi dalla concezione ciclica e ponendo nell’uomo il fulcro della sua azione il progresso civile si è reso possibile. L'instaurazione dei misteri e dell’agricoltura pose indubbiamente le prime basi della società umana. La vicinanza di spirito con l’operato di quegli uomini antichi che diedero inizio alla civiltà, consente a Boulanger di istituire un confronto con l'illuminismo, teso a cercare i mezzi per garantire la vita sociale dell'uomo e il suo benessere, perseguendone la felicità: «notre temps est à quelques égards semblable à celui des premiers inventeurs de la police. Les esprits sont, comme eux, occupés à chercher les moyens de rendre les hommes plus sociables et plus heureux»28. Si scorge tuttavia un limite insito in questa concezione del progresso che va ravvisato proprio nell'idea di natura di Boulanger; egli che tanto combatte l'idea ciclica nella sua forma religiosa e apocalittica, la mantiene alla base della sua nozione di natura. Infatti il diluvio, che è alla base della ricerca di Boulanger, è identificato con il vocabolo ciclico per eccellenza, ossia «révolution»29.

Appurato le stretto legame che sussiste tra progresso e culti misterici, tra storia e religione, riprendiamo l’argomentazione di Boulanger che trattando la problematica dei misteri, non poteva non considerare i libri sibillini: quale sia l'origine storica di questi testi non è nota, ma non è tanto la collocazione storica che interessa e affascina Boulanger, quanto l'aura di sacralità che nell'antichità li avvolgeva. I testi antichi non sono purtroppo pervenuti, ma dalla lettura delle opere redatte in epoche successive, opportunamente depurate di alcuni elementi, si coglie molto bene quale dovesse esserne lo spirito; sembrerebbe che nella sostanza le «Sybilles payennes» e le «Sybilles modernes» non differiscano. Affini ai misteri, le Sibille altro non erano che libri apocalittici che profetizzavano catastrofi future tanto nella politica tanto nella natura. Lo spirito funebre e apocalittico che le caratterizza va ancora una volta ricondotto al ricordo delle catastrofi a cui il mondo fu sottoposto; Boulanger ipotizza che ogni popolazione abbia prodotto testi apocalittici «parce qu’ils avaient été enfantés par les impressions générales faites sur tous les hommes par des malheurs communs et généraux»30. I libri sibillini venivano consultati solo in casi eccezionali, quali potevano essere le guerre, le invasioni o il verificarsi di fenomeni naturali straordinari. La vista infatti di eclissi, comete o meteore era fonte di grandi sconvolgimenti e timori, da imputarsi al ricordo, seppure talvolta inconscio, del diluvio. In ogni popolazione questi avvenimenti eccezionali erano sempre accompagnati da feste e usanze la cui vera motivazione venne progressivamente celata da simboli, allegorie e favole, dimenticando il male che ne era all'origine. Per gli antichi, le cui conoscenze astronomiche erano piuttosto limitate, le eclissi, così come le comete, erano dei segni del cielo, presagio di sconvolgimenti naturali o politici. Proprio questo progressivo oscuramento e il conseguente fraintendimento delle motivazioni originarie, può essere individuato come unico elemento dinamico della filosofia della storia di Boulanger.

La sua prospettiva può essere infatti ricondotta a un impianto sostanzialmente unitario che colloca all'origine di tutto, come causa diretta o remota, il grande trauma del diluvio. In questa prospettiva appare difficoltoso individuare momenti di trasformazione e di svolta se non nella radicale perdita della consapevolezza circa i caratteri e i motivi delle istituzioni originarie31. Questa problematica è messa chiaramente in luce nel libro quarto in cui si occupa dell'«esprit liturgique»; la vita di tutte le popolazioni antiche era scandita da festività e celebrazioni che accompagnavano la fine e l'inizio di ogni nuovo ciclo cronologico e la cui essenza più profonda si perdeva nella notte dei tempi. Tratto comune di queste feste era dato dal binomio tristezza-allegria; la radice lugubre va certamente ricondotta all'esperienza del diluvio, che si tramutava progressivamente in gioia e serenità per il rinnovamento raggiunto. Boulanger propone un ampia rassegna delle feste presso i popoli antichi, analizzando le peculiarità della feste solari e quelle lunari per giungere a ribadire come all'origine di queste ricorrenze vadano collocate motivazioni di matrice psicologica. «Les usages de tous les peuples du monde expliqués les uns par les autres, ramènent constamment à l'esprit primitif; chaque déclin d'année devait rappeller aux hommes que le monde avait été autrefois détruit et bouleversé, qu'il devait encore être détruit de nouveau, que cette fin serait peut-être la même que celle du période qui allait se terminer, et qu'il fallait s'y preparer en appaisant la divinité. Ce plan était conforme aux idées religieuses des hommes échappés aux malheurs de la terre; mais l'abus qu'on en fit tant en bien qu'en mal l'avait enseveli chez tous les peuples sous un amas monstrueux de fables et de chimères»32.

La discussione intorno all'«esprit liturgique» si collega a filo diretto con problematiche di tipo religioso, che stanno sullo sfondo del pensiero di Boulanger. L’atteggiamento religioso ha accompagnato e modellato tutta la storia dell’umanità; in questa prospettiva religione e storia si compenetrano. Alla base di ogni religione si pone il ricordo del diluvio, di un fatto naturale dunque: in questa motivazione di ordine naturale del fenomeno religioso33 si può indubbiamente ravvisare lo spirito illuministico che anima Boulanger. La religiosità dei popoli antichi era venata da credenze essenzialmente apocalittiche34, fondata sul dogma che predicava l’avvento di un temibile giudice e il rinnovarsi della catastrofe primigenia, in buona sostanza ciò che i misteri si proponevano di nascondere al popolo. Proprio su questo dogma si innesta la storia civile e politica dell’uomo: «religione e politica si identificarono completamente nel passato dell’uomo»35, tanto che la vita sociale ha avuto come prima e unica base la teocrazia, ossia il governo di Dio sulla terra. Le società primitive vissero con gli occhi rivolti al cielo, realizzando una società integralmente religiosa: nelle Recherches sur l’origine du despotisme, proprio «l’assunzione del modello del governo dell’universo da parte di un Essere supremo anche per il mondo umano» appare essere l’errore politico fondamentale, che Boulanger intende mettere in luce per renderne immune la politica del presente36. Con il passare del tempo, questo spirito teocratico e apocalittico si affievolì, celandosi progressivamente. Gli uomini, che iniziarono a poco a poco a vivere in società, conservarono solo gli usi della primitiva società religiosa, senza mantenerne vivo lo spirito. Qui si innesta il meccanismo dell’idolatria per cui gli oggetti simbolici, originariamente destinati a ricordare in tutta innocenza le catastrofi naturali, furono divinizzati, nonché del politeismo per cui gli antichi avrebbero personalizzato e divinizzato ogni segno simbolico. Avvenne così il passaggio dalla divinità all’uomo: prima attraverso le monarchie teocratiche e i regni degli eroi, immersi ancora in un’aura magica e mitologica, poi con il dispotismo orientale, discendente diretto delle antiche teocrazie. I governi repubblicani sembrerebbero infrangere questo retaggio teocratico, ma, a una analisi più attenta, si perviene a ben altra conclusione. «La teocrazia, non aveva soltanto lasciato tracce nei culti e nelle istituzioni religiose sia di Atene, sia di Roma, ma aveva continuato a permearne anche le istituzioni politiche, che avevano il loro centro portante nella nozione di eguaglianza come essenza della libertà». I membri delle repubbliche erano tutti uguali, tutti re, legislatori e sudditi, ma in realtà questa uguaglianza rimaneva formale: «le système républicain [...] fuiait le despotisme et partout le despotisme fut sa fin». La radice teocratica che sta alla base del governo repubblicano è data dal fatto che l’uguaglianza che ne è il fondamento è per il cielo e non per la terra. In relazione a quanto detto, la soluzione migliore è fornita dal governo monarchico. Non a caso Boulanger lavora alla stesura di un’opera in cui tratteggia i contorni della figura di Alessandro il Grande, illustre modello di un potere monarchico forte e stabile. È interessante notare come Boulanger, sulla scia del gusto e delle tendenze dell’epoca, alla fine del trattato Histoire d’Alexandre le Grand proponga un confronto tra il re macedone e Cesare, evidenziando pregi e difetti dell’uno e dell’altro. Fatta omissione della sua eccessiva e smodata emotività, Alessandro Magno costituisce un modello di coraggio, di conoscenza e di magnanimità, mai più riscontrabile nella storia, benché tante volte perseguito. Cesare stesso ne fu affascinato: «Alexandre fut pour César ce qu’Achille avait été pour Alexandre. [...] Mais l’ambition était mieux placée dans Alexandre, né roi, que dans César, né particulier. Pour sortir de cette égalité, il a commis mille injustices dans l’Empire Romain; il n’y a pas un seul citoyen à qui il n’ait fait la plus grande de toutes les injustices, puisqu’il lui a ravi la liberté, le plus précieux de tous les biens»37. Nell’ottica di Boulanger, Cesare incarna il tiranno che, sotto il velo repubblicano, trama per raccogliere ricchezze e poteri; la morte violenta di Cesare non fu che la fine “naturale” a cui poteva andare incontro: «comme il s’était fait tyran, il eut le sort des tyrans et mourut de la mort qui leur est ordinaire»38.

In conclusione, l’analisi di Boulanger costituisce un caso particolare di analisi storico-politica; partendo da una comparazione cognitiva sul piano delle pratiche e delle credenze religiose, giunge infatti a illustrare e a inquadrare istituzioni e forme politiche. In particolare, di notevole interesse è l’analisi delle istituzioni repubblicane di cui ne sottolinea la negatività, ricondotta alle erronee basi religiose che le fondavano. La metodologia di ricerca adottata rappresenta uno sforzo di riflessione sulle forme politiche che va al di là del confronto esclusivamente politico39.

Le favole di Esopo?

Non stupisce scorgere tra gli scritti di Boulanger un trattato intitolato Esope fabuliste. Ou dissertation sur les incertitudes qui concernent les premiers écrivains de l’antiquité40; l’interesse che Boulanger rivolge alle favole e ai miti dell’antichità è un aspetto che sin dalle pagine dell’Antiquité dévoilée viene evidenziato. «Les traditions dédaignées»41 rivestono un'importante funzione storica e sono spesso l’unico tipo di fonte che ci permette di ricostruire la storia dell’uomo post-diluviano; infatti, secondo Boulanger «l’histoire de l’homme se partage naturellement en deux portions: l’une voilé par la nuit des temps contient les premiers pas des sociétés naissantes, l’autre plus connue et plus lumineuse montre à découvert ces société toutes formées»42. Il punto di discrimine viene fissato da Boulanger intorno al 538 a.C., anno in cui Ciro fonda la monarchia di Persia, destinata a sopravvivere fino all’avvento di Alessandro nel 330 a.C.; «le sixième siècle avant notre ère est le premier qui commence à être vraiment historique. [...] je regarde [cette année] comme l’époque du monde historique»43. La monarchia persiana è infatti l’unica di cui possiamo ricostruire l’intera vicenda storica, dall’origine e dalla sua fondazione, fino alla disfatta e al crollo (Boulanger dedica uno scritto alla figura di Alessandro Magno, in cui ricostruisce le sue vicende biografiche, politiche e militari). Gli avvenimenti storici che si collocano a monte del VI sec. a.C. sono dunque immersi in un’atmosfera incerta e con contorni sfumati. «Ces fables ou ces énigmes sont les seuls monuments qui nous restent des premiers temps; nous n’en avons point d’autres et l’on ne peut se dissimuler qu’ils sont respectables à quelques égards par leur universalité. [...] Je me determine donc à faire usage de ces traditions dédaignées; bien plus je ne veux me servir que d’elles pour remplir les vides de l’histoire et pour porter quelques lumières dans les epaisses ténèbres qui enveloppent encore le berceau des sociétés naissantes»44.

Il testo in esame prende le mosse dall’analisi dell’Iliade e si interroga circa la storicità di Omero, la cui esistenza risulta spesso essere immersa nella mitologia. Boulanger, rivisitando la scansione cronologica della storia greca sulla base della bellezza e del gusto proprio dell’Iliade, generalmente considerata figlia di un periodo buio, presuppone che il poema epico vada collocato in un secolo luminoso e prospero di cui la lingua dell’Iliade non sarebbe altro che lo specchio e a cui avrebbe seguito un lungo periodo di declino e ignoranza che avrebbe disperso tutte le produzioni del passato fino al tempo della presa di Babilonia da parte di Ciro.

Come Omero, anche Esopo ricade nella stessa aura d’incertezza; il problema risulta però spostato dall’ambito cronologico a quello spaziale: non è tanto l’epoca in cui Esopo vada collocato, quanto le sue origini a dover essere chiarite. Appoggiandosi su fonti storico-letterarie e talvolta su interpretazioni etimologiche ardite, Boulanger attraverso una lunga serie di ragionamenti giunge a sostenere che il personaggio che i Greci erano soliti chiamare Esopo altro non sarebbe che il saggio Lochman d'Oriente; ma ancora, si evince che quest'ultimo e il re ebraico Salomone (figlio di re Davide) sarebbero la medesima persona: «Salomon avec Lochman, et Lochman avec Esope. Ces trois sages n'en feront donc nécessairement qu'un, puisque leurs gestes et leurs ouvrages étant déjà les mêmes, leurs noms ou leurs surnoms ne sont que des synonimes»45. Proseguendo l’indagine si perviene a cogliere una sostanziale similitudine tra Salomone e Giuseppe (figlio di Giacobbe e Rachele): «enfin, après avoir vu que ce Salomon se confond dans Joseph, il reste nécessairement à rechercher si ce merveilleux cercle ne pourrait point se fermer par d’autres rapports inconnus et cachés entre Joseph lui-même et nos deux fabulistes [Esope et Lochman]»46. Boulanger propone un parallelo tra la vita di Esopo e quella di Giuseppe da cui si scorge una sostanziale uguaglianza. Unica macchia sembrerebbe essere il racconto degli ultimi giorni dei due personaggi; Esopo, al contrario di Giuseppe, muore di morte violenta. Ma, dietro questa differenza Boulanger scorge degli elementi analoghi che lo conducono a sostenere la tesi secondo cui tutte le popolazione della terra avrebbero tratto dalla Scrittura le proprie favole e racconti per poi trasformarli: «tous les peuples de la terre se sont appropriés les dépouilles du peuples de Dieu»47. Dunque, in relazione a quanto detto, solo Salomone e Giuseppe dovrebbero essere gli autentici redattori dei racconti morali che all'inizio attribuivamo a Esopo. Tuttavia allargando la prospettiva, Boulanger nota come il nome Salomone fosse largamente usato nell’antichità, fin dai tempi più remoti; il figlio di re Davide non sarebbe altro che la storicizzazione di uno dei tanti Salomone relegati alla dimensione favolistica. La conclusione di tale argomentazione conduce a sostenere che sin dall'antichità circolavano opere di morale di cui se ne ignora l'origine e da cui sono proliferati altri racconti e miti: «ce n’est plus qu’à l’antiquité en général que nous pouvons attribuer les différens ouvrages. [...] Tout ceci nous représente pour l’Asie le même tableau que nous avons considéré chez les Grecs à l’occasion d’Homère»48. L'antichità tutta, fino all'epoca di Ciro, fu insomma caratterizzata dal medesimo quadro, di confusione e di imprecisioni: «confusion» che si manifesta in un'alternanza di periodi bui e d'ignoranza e altri luminosi e di grandi conoscenze. «Imaginons enfin que cette confusion arrive plusieurs fois, que l'histoire se change en mytologie et que la mytologie redevient encore fable, et que la fable se corrompt elle même, ce sera là la solution de toutes les énigmes qui se sont montrées dans cet ouvrage, et le vrai tableau de tous les siècles qui dans l'Asie comme dans l'Europe ont précédé l'epoque de Cyrus»49.

Permane ancora un problema: per quale motivo dall'Oriente siano giunti alla modernità i racconti morali e non le cronache storiche. Boulanger imputa questa mancanza alle grandi rivoluzioni che da sempre interessarono l'Asia: l'instabilità politica non poteva che causare la distruzione o quanto meno generare una confusione negli annali. Per quanto riguarda i libri morali, Boulanger ravvisa nell'Oriente uno spiccato gusto per la morale e vista l'impossibilità di avere una legislazione e un governo stabili, la morale costituiva una sorta di «législation générale et constante». «C'est la nature de la morale enfin, qui combinée avec le caractère des Orientaux et leur genre de gouvernement, nous a conservé les livres qui en ont traités, et qui sont vraisemblablement les anciens livres du monde»50. Boulanger affianca alla sua tesi una considerazione di tipo valutativo, per certi versi sconcertante e poco in linea con lo spirito illuminista: l'Oriente costituisce sì la culla di tutte le conoscenze, ma non è mai riuscito, a detta dell'autore, a emanciparsi da questo stadio infantile. L'Europa sembrerebbe invece essere il luogo privilegiato per compiere questo salto: «Europe! […] Votre destinée est d'être la partie pensante de toute l'humanité. […] Hâter donc l'approche de cet âge heureux par de nouveaux progrès dans les arts et dans les sciences, […] ne regardez plus cette Asie que comme une nourrice qui a donné à ses élèves les premiers éléments de la morale, en les amusant et les trompant d'un autre côté par des rêveries et des contes d'enfants»51.

In conclusione, tanto in Esope fabuliste tanto nell’Antiquité dévoilée, si intravede nella favola un importante mezzo per indagare l'antichità, per coglierne lo spirito e, forse, per chiarificare fonti storiche molto tarde e confuse. La favola, il mito e gli «usages», che Boulanger usa per scoprire l’«antiquité», diventano il veicolo privilegiato per indagare una memoria inconscia.

Note

1. Le notizie che abbiamo a disposizione intorno alla vita di N. A. Boulanger sono state ricavate da una lettera di D. Diderot, premessa all'Antiquité dévoilée par ses usages. Anche se non ci è dato sapere in quale occasione i due intellettuali si conobbero, dalla lettera appare evidente che fossero in stretto contatto, tanto che Diderot scrive: «J’ai été intimement lié avec lui». Alcuni dati sono stati inoltre ricavati da P. Sadrin, Nicolas-Antoine Boulanger ou avant nous le deluge, The Voltaire foundation, Oxford, 1986.

2. D. Diderot, Précis sur la vie et les usages de Boulanger, in Œuvres, volume 1, Slatkine Reprints, Genève, 1971, p. 5.

3. Cfr. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), Gius. Laterza & figli, Bari, 1947, pp. 14-15.

4. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, Avant-propos, in Œuvres, volume 1, Slatkine Reprints, Genève, 1971, p 16.

5. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, Avant-propos, cit., pp. 11, 17.

6. Ivi, pp. 13, 19.

7. Cfr. A. Minerbi Belgrado, Sulla “filosofia della storia” di Nicolas-Antoine Boulanger, in Studi settecenteschi, volume 1, Bibliopolis, 1981, p. 65. Il rapporto tra Boulanger e Vico risulta piuttosto problematico; l’abate Galiani accusò addirittura di plagio Boulanger: l’Antiquité in cui non viene mai citato il nome dello scrittore napoletano altro non sarebbe che una riproduzione deformata della Scienza Nuova. Tuttavia a un’analisi più attenta, pur riconoscendo un’affinità di tematiche, non si può rintracciare una comunanza di soluzioni. (Cfr. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., pp. 124-140).

8. Coutumes, pratiques consacrées (Petit Larousse illustré, Paris, 1917).

9. Cfr. P. Sadrin, Nicolas-Antoine Boulanger ou avant nous le deluge, cit., p. 141.

10. Cfr. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, Avant-propos, cit., p. 26.

11. Bisogna tenere presente che Boulanger pone sullo stesso livello i popoli dell'antichità, delle Americhe e dell'Africa: «Il est encore une autre sorte d'antiquité que nous avons consultés […] en Afrique, en Amérique et dans les extrémités de l'Asie. […] Les usages de ces peuples sont un excellent supplément à ceux de notre antiquité». L’assenza di pratiche misteriche presso queste popolazioni fu, secondo Boulanger, fonte di danni e di pericoli. A riprova del ruolo fondamentale che hanno avuto questi culti nella costituzione della società umana, Boulanger racconta una pratica in uso presso i messicani che, alla fine di ogni secolo, in attesa della fine del mondo, distruggevano mobili e utensili, giudicati ormai inutili (N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, Avant-propos, cit., pp. 30-31).

12. Si potrebbe instaurare un'analogia tra l'atteggiamento che gli antichi adottavano nei confronti dei «mystères» e l'idea che circolava presso alcuni illuministi secondo cui era opportuno mantenere riserbo e prudenza intorno alle proprie tesi, se non tra la cerchia dei propri amici. Lo stesso Boulanger, non pubblicando nessuno dei suoi scritti, si schierò in qualche modo a favore di questa prospettiva. Nella premessa alle Recherches sur l'origine du despotisme oriental, scrive: «j'aurais bien voulu écrire pour mes citoyens et pour le genre humain, mais sur cette matière je n'ai pu écrire que pour moi […] pour ne point produire de très grands maux en voulant produire de très grands biens» (cfr. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., pp. 5-6).

13. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, volume I, cit., p. 272.

14. Ivi, p. 276.

15.Ibidem.

16. Ivi, p. 277.

17. Ivi, pp. 281-282.

18. Si capisce fin d’ora come nella prospettiva di Boulanger sia importante utilizzare come materiale di studio i miti e le favole, sotto cui si celano verità.

19. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, volume I, cit., p. 288.

20. Ivi, p. 292.

21. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., p. 26.

22. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, volume I, cit., p. 297.

23. Cfr. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., pp. 55-65.

24. Diderot era affascinato dalla teoria di Boulanger che legava le prime manifestazioni religiose dei popoli antichi e «les révolutions physiques»; Diderot cercò di creare un nesso tra l'idea del ciclo naturale e il processo creativo dell'umanità, ma alla base egli poneva una diversa concezione della natura: «Boulanger si era limitato alla constatazione fisica e scientifica del diluvio e si era fermato di fronte al problema del ritorno di un simile fenomeno, per non infirmare le sue idee sul progresso. Diderot può ammettere invece una serie infinita di “révolutions”, poiché vedeva nella natura l'incarnazione stessa della vitalità e dell'evoluzione, di cui il progresso umano non gli pareva che una parte. […] Le catastrofi naturali non erano che dei momenti di una evoluzione generale, come le catastrofi sociali lo sono per il progresso dell'uomo» (Cfr. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., p. 77).

25. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., p. 56.

26. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, volume II, cit., p. 26.

27. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., p. 60.

28. Ivi, p. 63.

29. Cfr. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., pp. 64-65.

30.N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, volume I, cit., p. 365.

31. Cfr. A. Minerbi Belgrado, Sulla “filosofia della storia” di Nicolas-Antoine Boulanger, cit., p. 71.

32. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, volume II, cit., p. 253.

33. Fabry d'Autrey concorda con Boulanger circa l’idea del diluvio come punto di partenza della storia umana, ma secondo il critico il diluvio altro non sarebbe che un miracolo religioso, un fatto unico e inspiegato. Boulanger, nemico del dogma cattolico, ricadeva dunque nella necessità di far rientrare nel suo schema proprio la religione. Fabry d'Autrey scrive: «Les incrédules […] ont tant disserté, ils ont fait tant de recherches, […] qu'ils viennent enfin de prouver évidemment la religion qu'ils voulaient anéantir». Va piuttosto sottolineato come Boulanger abbia cercato di esplorare un ambito che l'illuminismo aveva lasciato nell'ombra, introducendo un nuovo dialogo tra religione e ragione, tra religione e storia (Cfr. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., 79).

34. Che il fenomeno religioso si spieghi solo in riferimento al dominio di una reazione emotiva quale la paura, pone Boulanger sostanzialmente sullo stesso piano di Condillac e D’Holbach, e ancor prima di Hobbes e Spinoza (Cfr. A. Minerbi Belgrado, Sulla “filosofia della storia” di Nicolas-Antoine Boulanger, cit.).

35. F. Venturi, L'antichità svelata e l'idea di progresso in N. A. Boulanger (1722-1759), cit., p. 36.

36. Cfr. G. Cambiano, Comparazione e modelli nelle immagini settecentesche dell’antichità.

37. N. A. Boulanger, Histoire d’Alexandre le Grand, in Œuvres, volume VI, Slatkine Reprints, Genève, 1971, p. 401.

38. Ivi, p. 410.

39. Ivi, p. 223.

40. Benché Diderot lo testimoni, non si è sicuri che questo testo sia stato redatto da Boulanger; l'ipotesi più accreditata sostiene che sia uno scritto giovanile dell'autore. Esope fabuliste permane tuttavia in un'aura di mistero, dal momento che alla fine dello scritto si trova la strana data: Fait l'an de l'histoire 2295, che ha fatto pensare a un possibile legame di Boulanger con la massoneria.

41. L’interesse nei confronti di miti e favole non è una prerogativa esclusiva di Boulanger. Sono infatti numerosi gli autori che se ne occupano: Fontenelle, nella sua Origine des fables, tenta di ricostruire la dimensione psicologica e culturale entro cui ebbero origine le favole, Le Clerc e Bannier cercarono di istituire un legame tra mito e storia.

42. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, Avant Propos, cit., pp. 20-21.

43. N. A. Boulanger, Esope fabulite. Ou dissertation sur les incertitudes qui concernent les premiers écrivains de l’antiquité, in Œuvres, volume IV, Slatkine Reprints, Genève, 1971, pp. 258, 260.

44. N. A. Boulanger, L'Antiquité dévoilée par ses usages, Avant Propos, cit., p. 25.

45. Ivi, p. 271.

46. Ivi, p. 279.

47. Ivi, p. 286.

48. Ivi, p. 299.

49.Ibidem.

50. N. A. Boulanger, Esope fabulite, cit., p. 301.

51. Ivi, p. 305.



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