A cura di Alessandro Sangalli
La radicalizzazione politica e teoretica di Bauer è evidenziata soprattutto dai suoi studi biblici. Consideriamo la Critica del Vangelo di Giovanni (1840) e i tre volumi della Critica dei Vangeli Sinottici (1840-42): insieme ai suoi studi del 1838 sull’Antico Testamento, tutte queste opere sono dedicate alla critica dei vari stadi della religione rivelata e delle forme dello spirito auto-alienato nella storia. La critica di Bauer al vangelo di Giovanni è tesa a dimostrare l’opposizione tra la libera autocoscienza e lo spirito religioso: il suo scopo dichiarato era quello di restituire il principio cristiano alla sua fonte originaria, l’autocoscienza creativa; qui egli non si sta opponendo al principio in sé, ma cerca piuttosto di differenziarlo e di liberarlo dal dogmatismo ecclesiastico. La positività del cristianesimo deriva dalla comprensione astratta della teologia, piuttosto che dalla ragione speculativa: una comprensione che riduce l’esperienza religiosa ai suoi elementi soggettivi. Il nocciolo razionale del cristianesimo è l’identità di Dio e uomo, ma la teologia ha costruito su queste fondamenta un sistema dottrinale insostenibile. La speculazione teologica, secondo quanto Bauer afferma nei suoi articoli della metà degli anni ’30, è ciò che mina il dogma cristiano, non ciò che lo rafforza. Nelle lettere della sua corrispondenza privata, egli individua in questa ripristinazione dell’originario principio cristiano anche il suo rovesciamento, poiché l’unità di universale e particolare può ora essere ottenuta in forme più tangibili, terrene, concrete. Il cristianesimo è stata una tappa necessaria, ma ora superata, nello sviluppo dello spirito umano, una tappa che dovrà essere soppiantata dalle nuove espressioni dell’autocoscienza autonoma.
Nella Critica dei Vangeli Sinottici, l’obiettivo di Bauer è più apertamente quello di negare e confutare il cristianesimo dogmatico, ormai cristallizzato in forme atte a difendere l’ordine assolutistico. Nella sua visione, i fatti narrati nei Vangeli sono i prodotti della coscienza religiosa, piuttosto che di cronache fattuali: nello stesso modo in cui la critica del Vangelo di Giovanni aveva mostrato come la narrazione evangelica fosse solo un prodotto letterario, questa seconda opera sostiene che nemmeno i Sinottici contengono del materiale storico autentico. Bauer stabilisce la priorità storica di Marco, studiando le modificazioni specifiche operate successivamente da Luca e Matteo. Rappresenta i miracoli come delle false ostentazioni della causalità immediata dell’universale nella natura, rigettando le spiegazioni naturalistiche sostenute dal razionalismo teologico.
Il terzo volume della Critica dei Vangeli Sinottici arriva a negare la storicità di Cristo: l’idea cristiana di Dio e uomo che condividono la stessa essenza appare come la rappresentazione religiosa del singolo individuo che perviene ad assumere l’universale potere dello Spirito. Bauer, come i suoi contemporanei Strauss e Feuerbach, guarda a questa sintesi come al frutto di un progetto immanente alla storia umana. Come mostrano anche gli scritti politici di Bauer di questo periodo, egli ritiene che il raggiungimento dell’universalità e l’abbandono degli interessi particolari siano obiettivi storici di cui si deve fare carico lo Stato. Il cristianesimo, invece, elimina questa pur minima Sittlichkeit in favore di un “Io” puramente astratto, portando così a termine il processo di alienazione e rendendone necessaria una risoluzione. Analizzando i testi Sinottici, Bauer paragona il cristianesimo al feudalesimo, difendendo la libertà e l’uguaglianza dell’autocoscienza: religione e Stato assolutistico si sostengono vicendevolmente, condividendo le essenziali caratteristiche dell’alienazione e della repressione. In definitiva, il cristianesimo rappresenta l’ultima tappa della trasformazione della coscienza religiosa in astrazione pura e della dissoluzione di ogni vincolo etico e morale.
L’applicazione politica dell’autocoscienza può essere rintracciata in due scritti dei primi anni ’40. In Lo Stato-Chiesa evangelico della Prussica e la scienza (1840), Bauer descrive l’essenza dello Stato come libero sviluppo: lo Stato è l’agente dialettico del progresso storico e dell’universalità della volontà razionale, grazie alla sua peculiare capacità di astrarre da ogni contenuto dato ed esprimersi in forme sempre nuove. Pur segnalando quelle tendenze dannose che potrebbero limitare la funzione progressivo-dialettica dello Stato (come la preponderanza degli interessi religiosi o la titubanza nell’affrontare questioni sociali), Bauer afferma che lo Stato “genuino”, in quanto vera espressione della libertà, è ognora in costante mutamento. Nell’unione tra chiese luterane e riformate, avvenuta in Prussia nel 1817, egli vedeva il superamento politico dei contrasti religiosi, le basi dei quali erano già state intaccate dall’Illuminismo. Attraverso il suo (seppur ancora astratto) raggiungimento del concetto universale di uomo, l’Illuminismo aveva trasformato la coscienza religiosa in autocoscienza (questo processo è uno dei temi principali di Bauer in Cristianesimo rivelato, insieme ad una critica del materialismo francese, per lo scarso spazio che quest’ultimo lascia alla libertà).
La Chiesa è, per Bauer, incapace di reggersi senza il supporto dello Stato: opponendosi a quegli storici conservatori che, come F.J. Stahl, portavano avanti l’idea dell’indipendenza della Chiesa, il nostro indica invece lo Stato come il cuore della vita etica. Bauer denuncia non solo lo Stato cristiano di Federico Guglielmo IV, ma anche il formale Rechtsstaat, il costituzionalismo liberalistico: entrambe queste politiche, infatti, considerano la libertà come preservazione degli interessi privati, sia economici che religiosi. In realtà, questi interessi privati e particolari, sono proprio ciò da cui ci si deve liberare se si vuole raggiungere il nuovo ordine politico: l’eliminazione dell’egoismo atomistico tramite l’autocoscienza morale è il prerequisito principe per uno Stato libero e repubblicano.