A cura di Alessandro Sangalli
Sebbene Bauer proclamò a più riprese la continuità del suo pensiero, i suoi lavori più maturi furono caratterizzati dal definitivo abbandono delle tendenze repubblicane del Vormärz: le sconfitte del 1848 dimostrano il fallimento della tradizione filosofica europea. Al posto del trionfo della repubblica, Bauer profetizzava ora un’età di imperialismo mondiale. La questione politica decisiva dopo il ’48 era l’emergere della Russia, e Bauer sosteneva che proprio la crescente pressione della potenza russa avrebbe portato ad un’unione pan-europea, primo stadio del processo verso l’assolutismo globale. Il periodo storico che stava per venire sarebbe stato caratterizzato da una vera e propria crisi continentale: anticipando Nietzsche, Bauer affermava che l’imminente crollo della civiltà e della cultura europea avrebbe reso possibile un nuovo inizio, accompagnato dalla liberazione dai valori tradizionali e da tutte le menzogne metafisiche e religiose. La sua vecchia opposizione al liberalismo lo portò ora a schierarsi dalla parte dei conservatori, sebbene il suo conservatorismo rimase sempre non-ortodosso: come Nietzsche, infatti, un suo tratto precipuo fu il disprezzo per la tradizione e la religione.
A causa del suo antisemitismo, Bauer fu in seguito definito indebitamente un precursore del nazismo da qualche autore del Reich.
Per Bauer, i moti rivoluzionari del ’48 erano così legati ai progetti e alle idee illuministiche, kantiane ed hegeliane che il loro fallimento suona come il rintocco funebre di quella filosofia e dei suoi continui richiami ad un’autonomia razionale individuale. In questa critica, Bauer assimila Hegel a Spinoza e alla sua metafisica della sostanza, vista come la negazione di forma e soggettività. A differenza delle sue precedenti interpretazioni, nei testi dei primi anni ’50 egli afferma che Hegel aveva ceduto all’influenza di Spinoza, eliminando l’individualità e sommergendo le realtà concrete e particolari sotto categorie logiche illusorie ed astratte. Il nostro descrive ora l’Idea hegeliana come un’illusione trascendente: la sua incapacità di ammettere le realtà particolari deriva dalla sostanzialità del sistema stesso.
Sul fronte politico, mentre prima del ’48 Bauer era solito sostenere che Hegel aveva insegnato “la repubblica e la rivoluzione”, ora egli mostra tutte le tendenze assolutistiche del sistema hegeliano, la cui unità oppressiva può essere paragonata tendenza storica verso un dispotismo politico onnicomprensivo: egli accusa la filosofia di contribuire a quel processo di livellamento ed uniformità attuato nel periodo post-rivoluzionario (Bauer, Russland und das Germanenthum). Questo atteggiamento critico anticipa la polemica di Rudolph Haym in Hegel und seine Zeit (1857).
L’abbandono della metafisica, tratto che Bauer condivide con molti intellettuali post-1848, produce una nuova concezione della critica filosofica, vista ora come una scienza positiva o un’indagine empirica. Questa forma di critica permette all’osservatore di esaminare i fenomeni storici senza alcuna distorsione o parzialità, senza una concezione sistematica a priori. Bauer ritiene, ad esempio, che la ricerca scientifica debba rimanere indipendente e dalla religione e dalla politica: l’obiettivo principe della scienza è, infatti, quello di studiare le relazioni tra la natura e le leggi che la governano, nell’ottica della libera volontà dell’uomo (tutti concetti che Bauer mantiene anche in questa seconda fase, rifiutandone però il fondamento metafisico).
Il nuovo atteggiamento è quello di una disinteressata contemplazione dell’ineluttabile processo di decadimento e rigenerazione culturale.
La conclusione delle nuove riflessioni di Bauer è che in futuro dominerà la forma politica dell’imperialismo sovranazionale, una forma che implicherà il contrasto e il confronto fra due diverse realtà assolutistiche: l’Europa occidentale e quella orientale.
Nella realtà occidentale Bauer distingue due varianti: da una parte abbiamo lo stato socialista di Bismarck, costruito sul modello militare della Prussia del XVIII secolo, che cerca di assoggettare la produzione economica al controllo politico, soffocando l’innovazione e l’indipendenza personale; dall’altra l’imperialismo romantico di Disraeli, che tenta di uniformare la società inglese per poterla più facilmente sottometterla ad una monarchia paternalistica.
La seconda realtà assolutistica, quella orientale, è costituita dalla Russia, una potenza la cui coesione interna deriva dalla fusione del potere politico con quello ecclesiastico e dall’assenza delle moderne idee di soggettività ed individualismo. Bauer nota che Hegel aveva erroneamente escluso la zona orientale dalla sua visione di storia globale: come l’anarchico Michail Bakunin, il nostro sottolinea invece come la Russia possieda una sua propria ben definita struttura statale, totalmente distinta da quella tedesca.
La forza dell’avversario orientale costringerà l’Europa ad entrare in un processo di trasformazione che implicherà necessariamente l’estensione dell’imperialismo a tutto il mondo e lo scontro tra le potenze dominanti. La guerra mondiale sarà inevitabile.
Questa prognosi anticipa alcuni aspetti della teoria dell’ultraimperialismo che Karl Kautsky avrebbe elaborato nel 1915, sebbene in Bauer non sia presente la convinzione ottimistica che questa tendenza avrebbe comportato una riduzione dei conflitti tra i pretendenti all’egemonia. Nessuna forma di ottimismo è rilevabile in Bauer: l’imperialismo, ad esempio, non stimola, anzi, ostacola la crescita economica, in quanto l’insicurezza e la mobilitazione militare permanente penalizzano l’attività produttiva.
La funzione storica precipua del processo di globalizzazione è quella di eliminare le identità nazionali, gettando così le basi per un’eventuale rinascita cosmopolita. Bauer guarda infatti al nazionalismo come ad una forza dissipativa: il nuovo ordine mondiale non sarà caratterizzato dalla difesa degli interessi locali e nazionali, ma dallo sforzo per una comune supremazia sovranazionale. Il sempre più crescente accentramento del potere sarà favorito dalle tendenze internazionaliste ed uniformatrici del movimento socialista, che porterà con sé quello che Bauer definisce pauperismo politico, un generalizzato calo di potere partecipativo del singolo all’attività politica. La conclusione più logica di un simile processo sarà perciò la perfetta società di massa, fenomeno che Bauer aveva analizzato già a partire dai primi anni ’40.
L’ordine imperialistico mondiale implicherà l’apocalittica fine del vecchio ordine cristiano-germanico: solo allora emergeranno nuovi orizzonti culturali. Sebbene non si possa prevedere nel dettaglio, il nuovo ordine culturale determinerà il manifestarsi di una creatività individuale senza precedenti, finalmente libera dalle menzogne metafisiche e religiose.