ALBERTO CARACCIOLO

 

A cura di Biografieonline.it e Diego Fusaro

 

 

 

 

 

CARACCIOLOAlberto Caracciolo nacque il 22 gennaio 1918 a San Pietro di Morubio, in provincia di Verona, dove il padre Ferdinando era medico: ad appena tre anni perse la madre, ma ebbe nel padre
una guida affettuosa, un esempio di rettitudine e di generosità. Compì gli studi liceali a Verona e frequentò l’Università a Pavia, come alunno del Collegio Ghislieri. Qui conobbe il futuro martire della Resistenza, Teresio Olivelli col quale collaborò, scrivendo per i Quaderni del “Ribelle”, e del quale stese, per incarico del Rettore e degli amici del Ghislieri, una significativa biografia.

Alberto Caracciolo iniziò già nel 1940 la carriera di insegnante di italiano e latino nei licei: fu prima a Pavia, poi a Lodi e Brescia.
Nel 1951, ottenuta la libera docenza in Estetica, fu chiamato all’Università di Genova, dove percorse la sua lunga e prestigiosa carriera accademica: docente inizialmente di Estetica, vinse la prima cattedra in Italia di Filosofia della Religione, per passare infine alla cattedra di Teoretica. Queste tre prospettive e questi tre ambiti di ricerca corrispondono a tre momenti fondamentali dello sviluppo della sua ricca riflessione scientifica.
Nel campo estetico, egli si è confrontato soprattutto con il pensiero di Croce, Kant e Heidegger, elaborando una sua autonoma prospettiva, il cui tema di fondo è l'idea della verità nel dominio del poetico; nell'ambito della filosofia della religione si è inserito con originalità nella linea del liberalismo religioso; alla luce di questo orientamento di pensiero ha proposto una visione del Religioso come struttura costitutiva della coscienza; nel campo più propriamente teoretico, colloquiando in particolare con Leopardi, Kant, Jaspers e Heidegger, ha ripensato l’esistenza umana nell’orizzonte del nichilismo, e ha offerto di quest’ultimo un'interpretazione originale e profonda.
Importante anche la sua opera di organizzatore di cultura come attestano: i seminari dedicati a "Musica e Filosofia" (in collaborazione con il Teatro Carlo Felice di Genova), e ai "Problemi del linguaggio teatrale" (in collaborazione con il Teatro Stabile di Genova); i tre Convegni su "L'esperienza dell'assenza di Dio nella cultura moderna", "Anima bella e moi haïssable", "Il problema della sofferenza inutile"; le molte conferenze programmate in collaborazione con il Goethe-Institut di Genova e con l'Istituto di Filosofia dell'Università.
Il suo pensiero e la sua opera occupano una posizione singolare nel panorama della filosofia italiana della seconda metà del Novecento; singolare come la sua personalità fine e schiva, umanamente mite e aperta, ma fortissima nella difesa della libertà del pensiero e dell'autonomia dell'insegnamento, aliena da ogni cedimento alla seduzione della moda e degli “ismi” dominanti, fedele a una concezione severa della vita. Lavorò fin che lo colse di notte, improvvisa, la morte il 4 ottobre 1990, non molto dopo aver stilato il suo ultimo appunto: "Dal 4 ottobre '90 letture e appunti per un progetto di ricerca sul tema dell'uguaglianza". Le sue opere più importanti sono La religione come struttura e come modo autonomo della coscienza (1966), Religione ed eticità. Studi di filosofia della religione (1971), Nulla religioso e imperativo dell’eterno (1991, postumo). Proprio come la spazialità e la temporalità kantianamente intesi, anche la religione, per Caracciolo, è un “
modo” della coscienza umana; ma, alla stregua dell’arte e della filosofia, la religione è anche una “struttura” della coscienza umana. Intendendo la religione come “struttura e modo autonomo della coscienza”, Caracciolo assume la filosofia della religione come una riflessione avente per obiettivo l’attingimento della dimensione trascendentale della religiosità. In questa cornice, la filosofia della religione è filosofia in senso autentico: ma è anche religione in senso autentico. Infatti, la filosofia della religione rispetta la dimensione trascendentale della filosofia e, al contempo, attinge strutture e modi del religioso, che sta alla base delle varie religioni. In Religione ed eticità (p. 109), il filosofo veneto ha efficacemente compendiato il proprio pensiero in questo modo:

 

La filosofia della religione non ha per proprio oggetto questa o quella religione, nemmeno una reale o presunta religione ‘assoluta’, bensì la religione intesa come un ‘modo’ e una ‘struttura’ costitutivi della coscienza dell’uomo […] un modo in virtù del quale sono possibili le religioni e, anche fuori delle religioni, è possibile, anzi necessario, uno specifico atteggiarsi religioso dell’uomo; una ‘struttura’ in forza della quale ogni possibile determinarsi dell’uomo […] assume necessariamente respiro e orizzonte religioso”.

 

  

 

INDIETRO