JOHANN MARTIN CHLADENIUS

 

A cura di Diego Fusaro

 

 

Johann Martin Chladenius (1710-1759) è noto soprattutto come uno dei principali precorritori della moderna scienza storica. Il suo scritto di ermeneutica del 1742, Einleitung zur richtigen Auslegung vernünftiger Reden und Schriften, siconfigura come una vera e propria “ermeneutica profana” (hermeneutica profana). Gli interessi di Chladenius sono diretti ai “libri storici”, come egli stesso ama esprimersi. La sua formazione è imbevuta del razionalismo di Leibniz e di Wolff. Rivela inoltre una pèarticoare attenzione agli studi psicologici, che allora cominciavano ad affermarsi. In forza di questi interessi, egli elabora una teoria ermeneutica che tiene conto non soltanto della struttura logica delle opere da interpretare, ma pure delle componenti psichiche, soprattutto delle intenzioni e dei sentimenti degli autori di tali opere. Nell’epoca in cui scrive Chladenius, l’attività del “comprendere” (verstehen) è ancora intesa come una sorta di appendice della logica. Chladenius cerca di rivendicare la peculiarità del comprendere, e lo fa mettendo in luce l’esistenza di norme specifiche per il processo della comprensione. Per attuare quest’operazione, egli tenta una fondazione metafisica del comprendere, basata sulla monadologia di Leibniz. Nella sua ultima opera importante, intitolata Allgemeine Gescichtswissenschaft (Scienza della storia generale), egli argomenta nel modo che segue:

“Dal momento che ogni tipo di spirito finito deve possedere un suo specifico modo di rappresentarsi il mondo, è per noi necessario sapere in che modo gli uomini giungano alla conoscenza delle trasformazioni del mondo”.

Già nella citata Einleitung zur richtigen Auslegung vernünftiger Reden und Schriften Chladenius aveva osto l’accento sulla necessità di elaborare princìpi universali, validi per l’interpretazione di qualsiasi libro. Restava esclusa la Sacra Scrittura, poiché “misteriosa”, “superiore alla ragione” e dunque inafferrabile dai princìpi dell’interpretazione. Allo stesso modo, “in claris non fit interpretatio”: ossia, ci sono delle cose che - in quanto già di per sé chiare - non abbisognano di alcuna interpretazione. Il comprendere si applica alle cose non chiare ma chiaribili. Nelle sue linee generali, la teoria di Chladenius si articola in due sezioni: una concerne l’interpretazione di verità universali, l’altra ha a che fare con l’intepretazione di notizie storiche. Chladenius distingue attentamente tra il “comprendere” (verstehen) e l’“interpretare” (auslegen): “si comprende un discorso o un testo se si pensa tutto quello che le parole, secondo la ragione e le regole della nostra anima, possono suscitare in noi”; interpretare, invece, “non è altro che dare a qualcuno le nozioni necessarie per comprendere pienamente o imparare a comprendere un discorso o uno scritto”. Essendosi da sempre la logica occupata dell’universale, Chladenius ritiene opportuno indagare sulla conoscenza storica: ed è a questo proposito che egli formula la sua notissima teoria del “punto di vista” (Sehepunkt), centrata sulla metafisica leibniziana e, in particolare, sull’idea di “monade” che si autorappresenta l’universo. In questa teoria sono anche presenti influenze della psicologia allora nascente: il “punto di vista” viene infatti inteso come “lo stato interiore ed esteriore di uno spettatore in quanto capace di produrre un particolare modo d’intuire e considerare le cose che si presentano”. Alla determinazione del “punto di vista” contribuiscono vari aspetti: il posto dell’osservatore, i suoi sentimenti, il suo stato, ecc. Altrettanto importante è la teorizzazione, operata da Chladenius, del passaggio dalle res gestae alla historia rerum gestarum, ossia dalla “storia” alla sua “narrazione”. In questo modo, egli fissa le coordinate fondamentali lungo le quali si muoverà il successivo dibattito storiografico. Chladenius mette bene in luce il rischio relativistico insito nella teoria del “punto di vista”: per scongiurare il rischio di una caduta nel relativismo, egli distingue tra l’intendimento immediato (la comprensione stricto sensu) e l’intendimento mediato. Nel primo, autore e interprete sono destinati a incontrarsi e la mente dell’autore diventa la norma fondamentale. Nell’applicazione – l’intendimento mediato – il centro dell’attenzione slitta dall’autore al lettore, che a seconda del tipo di testo, delle particolari disposizioni della propria anima, ecc., sarà spinto a pensare “cose completamente diverse”, che tuttavia “secondo l’uso introdotto una volta, vengono comprese nell’intendimento del testo”. Queste soluzioni avranno grande incidenza sull’ermeneutica moderna.                

 


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