HERMANN COHEN

A cura di Diego Fusaro


" Ciò che davvero conta è il nome che si riesce a dare ai fatti, non i fatti in sé. "

Il kantismo a cui facevano riferimento i pensatori che propugnavano apertamente il "ritorno a Kant" era ancora troppo imbevuto di elementi tendenzialmente positivistici: è solamente con la figura di Hermann Cohen (1842-1918) che si può parlare di "neocriticismo" (o "neokantismo") in senso pieno. Professore a Marburgo dal 1873 al 1912 e in seguito alla Scuola superiore ebraica di Berlino, egli espresse il suo pensiero soprattutto nell'opera "Sistemi di filosofia", che si articola (è significativo) in tre parti: la "Logica della conoscenza pura" (1902), l' "Etica del volere puro" (1904) e l' "Estetica del sentimento puro". Fin troppo evidente il riferimento a Kant e alle sue tre "Critiche". Il "Sistema di filosofia" era stato preceduto, in realtà, da tre ampi studi su "La teoria kantiana dell'esperienza" (1871)- che segna l'atto di nascita del neocriticismo di Marburgo- , "La fondazione kantiana dell'etica" (1877) e "La fondazione kantiana dell'estetica" (1879). Soprattutto il primo di questi tre scritti merita di essere menzionato, giacché segna l'inizio epocale di una nuova interpretazione di Kant in chiave anti-idealistica e anti-psicologistica che influenzerà fortemente gli studi per diversi decenni. Nell'interpretare la "Critica della ragion pura" di Kant, di cui preferisce la seconda edizione, Cohen mantiene saldo l'assunto che essa debba essere intesa una " teoria dell'esperienza ", e in particolare dell'esperienza scientifica fisico-matematica, della quale deve garantire l'universalità e la necessità - quindi la validità - dei princìpi sul piano trascendentale di una fondazione rigorosamente formale. In altre parole, la critica non ha nulla da dire sui contenuti del sapere, ma si presenta come riflessione critica sulla forma della conoscenza: in questo senso, la filosofia di Kant è " la critica del sistema, dei metodi e dei princìpi di Newton ". E Cohen insiste sul carattere formale sfumando la distinzione kantiana tra sensibilità ed intelletto, presentando l' Io penso in termini strettamente funzionali, eliminando di fatto il problema della cosa in sé , concepita come un puro concetto-limite. Così scrive Cohen nel I volume del "Sistema di filosofia":

Nel collocarci nuovamente sul terreno storico della critica, noi rifiutiamo di far precedere la logica da una dottrina della sensibilità. Noi cominciamo col pensiero […]. Questo non può avere nessuna origine fuori di sé. Noi, qui, cerchiamo di costruire la logica come dottrina del pensiero, e questa logica è dottrina della conoscenza "

Tuttavia, quella di Kant è una teoria formale non solo dell'esperienza scientifica, ma anche dell'etica e dell'estetica, i cui diversi princìpi son pur sempre "forme", condizioni di possibilità. E la stessa unità della ragione viene garantita in quanto unità metodologica. Le dottrine esposte nel "Sistema di filosofia" costituiscono per Cohen uno sviluppo e, per così dire, un aggiornamento del pensiero di Kant: in primis, Cohen chiarisce che la filosofia è una logica della scienza, cioè del sapere universalmente valido, e ha il compito di mostrare le condizioni che rendono possibile la scienza come tale. Egli fa riferimento al modo in cui la matematica costruisce i suoi oggetti producendoli; da ciò desume la convinzione che il principio unico e originario della conoscenza scientifica sia il pensiero puro . Esso è origine e produzione, ma non in senso idealistico, bensì nel senso in cui in matematica si parla di una "x" da determinare. Se la logica della conoscenza pura si riduce ai giudizi del pensiero puro, e questi costituiscono la forma della conoscenza degli oggetti, inevitabilmente Cohen deve concludere con l'identità di pensato ed essere. Ed è qui che il suo pensiero si discosta maggiormente da Kant, nello sforzo, da una parte, di sopprimere la posizione di qualsiasi dato che precede la conoscenza e, dall'altra, di ridurre il problema della logica alla giustificazione del sistema dei giudizi della scienza matematica della natura. L'influenza di Kant si combina qui con quella di Platone. Nelle opere sull'etica e sull'estetica, Cohen estende a queste discipline il problema di una fondazione trascendentale . A proposito dell'etica, egli sostiene che il " volere puro " porta al superamento della distinzione tra essere e dover essere, in modo che l'imperativo categorico, che comanda di trattare l'umanità sempre anche come un fine e mai soltanto come un semplice strumento, non rimanga una pura forma morale ma si concretizzi nella realtà. A questo proposito, si fa evidente la dimensione politica della socialdemocrazia tedesca, pur nel rifiuto del materialismo, peraltro testimoniato dal recupero del convincimento kantiano che il sistema etico dovesse culminare nell'idea di Dio:

Con l'ateismo il socialismo perde il suo vertice […] come nel materialismo perde […] il suo fondamento. Con l'ateismo esso diventa in effetti un'utopia […] non gli rimane altra via di scampo che la smania ostinata della distruzione o, nel migliore dei casi, la rassegnazione quietistica […]. Chi parte dalla verità dell'idea spera nella realtà della giustizia. Questa speranza è qualcosa di più che l'espressione emotiva di una convinzione etica: essa è la fede in Dio. "

Cohen, dunque, respinge il materialismo marxista e ad esso contrappone una sorta di "socialismo kantiano", noto anche come "socialismo della cattedra": Kant è, a suo avviso, " il vero ed effettivo fondatore del socialismo tedesco ", giacché comanda di vedere negli altri sempre una finalità, un valore che non può essere calpestato.

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