Cordero Valentina                                                                                                 Priocca, 29-10-2004

L’IDEA nei suoi tre momenti.                 

 

 

 

HEGEL:

“Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio” (1817).

 

 

Hegel nel 1916, periodo nel quale era al ginnasio di Norinberga, fu chiamato a succedere al Fries nella cattedra di filosofia dell’ Università di Heidelberg ( qui, dal tempo della sua fondazione, non vi era stato ancora un filosofo per davvero: era stato invitato una volta Spinosa, ma non aveva accettato).E’ proprio ad Heidelberg, dove rimane per due anni, che tiene il corso sull’opera “Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”, che rappresenta la più compiuta esposizione dell’intero sistema hegeliano; tanto da essere nominata la “Bibbia hegeliana”.Nella prefazione alla prima edizione Hegel dirà:<<Il bisogno di fornire ai miei uditori un filo con il quale seguire le mie lezioni di filosofia costituisce l’occasione immediata che mi spinge a dare alle stampe questa panoramica dell’intero ambito della Filosofia prima di quanto non pensassi>>.

Pubblicata per la prima volta nel 1817, ne seguiranno due ulteriori edizioni ampliate nel 1827 e nel 1830, anche se, come afferma lo stesso Hegel, questa nuova elaborazione presenta lo svantaggio della perdita del carattere organico di un’enciclopedia in quanto vedono accresciuti i particolari ( aggiunte che gli furono suggerite dagli svolgimenti orali che egli dava alla cattedra).Lo stile si presentava inizialmente come lapidario ma aspro e viene utilizzata una terminologia molto astratta e a lui personale, ma successivamente ha il pregio di essere molto più chiara perché nelle varie aggiunte è più liquida e fluente, l’aspetto formale dell’esposizione è stato attenuato e smorzato, tanto da dimostrare la naturale potenza espressiva del genio.

Nella cultura tedesca di quell’epoca era diffusa la distinzione tra “Enciclopedia filosofica” ed “Enciclopedia della filosofia”. Alla prima era riservato il compito di studiare tutte le varie forme del sapere da un punto di vista superiore e dunque filosofico, mentre alla seconda il compito della trattazione delle discipline filosofiche vere e proprie.Nel caso di Hegel invece l’enciclopedia viene assunta da strumento didattico più o meno efficace a forma di trattazione adeguata del sapere razionale per la sua sistematicità.

Non si tratta solamente di un’opera destinata alla lettura ed alla meditazione ma di un vero e proprio compendio che avrebbe dovuto risparmiare al docente il fastidio di dettare, allora molto diffuso, ma non per questo il compito di illustrare e commentare. Hegel stesso afferma che la Filosofia  è l’enciclopedia delle scienze filosofiche poiché tutta la sua estensione viene presentata con la specifica indicazione delle parti; ma è anche enciclopedia filosofica per la suddivisione ed il complesso delle parti che sono rappresentate in base alla “necessità del concetto”.

L’oggetto generale della trattazione del sistema hegeliano è la totalità della realtà intesa come ragione assoluta ed infinita che Hegel chiama “Idea”.Essa può essere considerata in tre modi diversi che mettono capo alle tre articolazioni fondamentali del sistema hegeliano: la Logica (ossia la Scienza della Logica elaborata da Hegel negli anni tra il 1812 e il 1816; la prima parte del suo sistema che troverà compiuta articolazione in quest’opera), la Filosofia della Natura e la Filosofia dello Spirito.

L’Idea hegeliana è fondamentalmente divenire e la legge  che regola tale divenire è la dialettica, che risulta essere non solo la legge di sviluppo della realtà, dunque ontologica, ma anche la legge di comprensione di questa realtà, dunque gnoseologica.Questo procedimento dialettico è detto triadico in quanto consta di tre momenti:

1)-   il primo detto comunemente tesi, dal greco titheim= pongo ( Idea in sé ) è l’affermazione              

      immediata di un concetto, è la semplice coscienza di un oggetto;

2)-   il secondo detto comunemente antitesi ( Idea fuori di sé ) è la negazione di tale concetto ed il   

        passaggio ad un concetto opposto poiché l’oggetto appare come qualcosa di altro rispetto al

       soggetto ( da notare che nella filosofia hegeliana la negazione è solo un momento che   

       costituisce un farsi del positivo).In quanto tale essa né annienta e né distrugge.Tale negazione 

       non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve ed è

       perciò negazione determinata.

3)-  il terzo detto comunemente sintesi, dal greco Syn-titheim= pongo insieme ( Idea in sé e per sé )

       è l’unificazione di questi due momenti.

Questa ultima istanza Hegel la focalizza con il termine tedesco Aufhebung, che esprime l’idea di un superamento che è allo stesso tempo un togliere questa opposizione ed un conservare la verità della tesi e dell’antitesi, considerati ad un livello superiore, ossia nella loro opposizione.Ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di un’altra antitesi, cui succede un’ulteriore sintesi e così via. A prima vista sembrerebbe che la dialettica esprima un processo aperto.Se fosse così si avrebbe il trionfo della “cattiva infinita”, un processo che, spostando la meta da raggiungere, toglierebbe allo Spirito il pieno possesso di se medesimo.Di conseguenza Hegel opta per una dialettica a “sintesi chiusa” che ha un ben preciso punto di arrivo.Nella Storia la piena realizzazione dello Spirito è nelle strutture politiche del Regno di Prussica di Federico Guglielmo IV di Hohenzollern, e nella storia della Filosofia è nella Filosofia hegeliana.

In base a questo schema triadico la Logica si configura come l’Idea in sé, la Filosofia della Natura

( che viene studiata nella sua articolazione interna e nelle sue caratteristiche specifiche ) come l’Idea fuori di sé e la Filosofia dello Spirito come l’Idea in sé e per sé, come sintesi dei due elementi prima opposti ( Pensiero e Natura ) presentandola come la natura che ha acquistato consapevolezza come materia che ha finalmente recuperato in sé il pensiero o come pensiero che ha acquistato consapevolezza.

La prima parte dell’”Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio” è appunto la Logica che prende in considerazione la struttura programmatica o l’ossatura logico-razionale della realtà.

L’Idea viene considerata nell’elemento astratto del pensiero, in base alle categorie o concetti di essere, essenza e concetto ( Hegel preferisce usare il termine concetto ) che costituiscono la struttura formale della realtà conferendole un carattere assolutamente razionale.Questa situazione, il suo essere “pensiero puro” non è il presupposto o la condizione di possibilità della Logica, ma la sua implicazione necessaria.La Logica è dunque per Hegel un inizio assoluto e completamente privo di presupposizioni.E’ il primo atto del filosofare su cui si fonda ogni successivo filosofare.

Essa viene da Hegel considerata come scienza in quanto ha come contenuto il vero assoluto, il pensiero oggettivo, la “verità come essa è in sé e per sé senza velo”; o come lui stesso dice:<<Il suo contenuto è l’esposizione di Dio, come egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito>>.Essa è però scienza soprattutto perché non considera tale contenuto come un insieme di nozioni tra loro isolate, bensì nella loro concatenazione necessaria, la cui legge è la dialettica ( che è legge immanente della verità soltanto se mette in luce che, in quanto negazione determinata, non ha soltanto un risultato negativo, ma anche positivo ).Ed è per questo che si ha una distinzione con la logica trascendentale kantiana.

E’ importante tenere presente che la Logica non viene intesa dunque da Hegel nel senso formale, dove è intesa come la riflessione sulla natura del pensiero, e per lui non è neanche uno strumento del pensiero perché il pensiero stesso non può essere preso in considerazione come se fosse esso stesso un fatto, una Tatsache.

La scienza della Logica di Hegel si divide in tre parti, che riguardano rispettivamente la “logica dell’essere”, la “logica dell’essenza” e la “logica del concetto”.

Il punto di partenza è dato dal concetto di essere, che si presenta essere come vuoto, astratto, assolutamente indeterminato e privo di ogni possibile contenuto. L’essere di cui parla Hegel è l’essere parmeneideo, l’essere di cui non si può dire nulla se non che è.Non si tratta qui di dedurre o di ricavare dall’essere stesso altre categorie, ma di vedere in che modo la nozione di essere risulti trasformata in modo dialettico attraverso le tre categorie:

- della qualità: l’essere come determinatezza in quanto tale;

- della quantità: l’essere come determinatezza superata;

- della misura: l’essere come quantità determinata qualitativamente.

La seconda parte è la dottrina dell’essenza articolata in tre sezioni che studiano rispettivamente l’essenza in quanto appare in se stessa ( Scheint ), ossia nella riflessione in se stessa; l’essenza in quanto  esce fuori di sé nell’esistenza in cui si manifesta ( Erscheint ), ossia il fenomeno

( Erscheinung ); e l’essenza in quanto si rivela ( Offenbart ) quale unità di essenza e di fenomeno nella realtà effettiva ( Wirklichkeit ).

Qui di seguito verrà trattato il  momento dell’Idea.

In effetti l’ultima parte della Logica è proprio la dottrina del concetto suddivisa in tre grandi sezioni: la soggettività, l’oggettività e l’idea. Quest’ultima articolata rispettivamente nei tre momenti della vita, dell’idea del conoscere e dell’idea assoluta.

Secondo Hegel l’Idea è il vero in sé e per sé.Con questo si vuole esprimere il fatto che qualcosa può avere verità solo in quanto è idea; e l’Idea è poi verità per corrispondenza del suo concetto e della sua realtà. Ad essa Hegel oppone, sulla scia di Platone, la non-verità di ciò che in verità non è: l’essere abbandonato alla caducità del trascorrere che dinanzi alla verità decade al

non-essere.E’ questo l’altro dell’assoluto, il finito.

L’Idea può essere concepita come la Ragione ( che è proprio il significato filosofico di Ragione) il soggetto-oggetto, l’unità dell’ideale e del reale, del finito e dell’infinito e dell’anima e del corpo.Ma non solo in quanto essa è essenzialmente processo, perché la sua identità è quella assoluta e libera del concetto, in quanto è l’assoluta negatività e dunque è dialettica.

La rappresentazione che si da dell’Idea come un di meramente astratto è falsa. Si potrebbe dire che essa è tale in quanto divora in sé tutto ciò che è non vero, ma nonostante questo suo aspetto essa è essenzialmente concreta in se stessa, perché è libero concetto che si determina da se stessa e come realtà.

Nella sua forma immediata l’Idea è la vita, ossia il concetto come anima realizzata in un corpo.

L’anima è dunque l’universalità immediata che si riferisce a se stessa, ma è anche la particolarizzazione  del corpo; partendo da questo presupposto il corpo non esprime altre determinazioni se non quelle del concetto stesso.Secondo Hegel la vita è essenzialmente il vivente, questo individuale vivente; e con questo egli non intende solamente parlare del genere umano.Posso dunque dire a questo proposito che la distinzione tra anima e corpo è una distinzione che io posso solamente trovare nella mortalità del vivente; solo in quanto il vivente è morto.Nella vita infatti questa distinzione non è operante.Il vivente viene inoltre considerato come un sillogismo, i cui momenti stessi sono sistemi e sillogismi in sé.Questi sillogismi si configurano come qualcosa di attivo e sono dunque processi che, se considerati nell’unità soggettiva del vivente, sono però un unico processo.Il vivente è il congiungersi con se stesso attraverso tre processi.Il primo è il processo del vivente dentro se stesso che fa della sua corporeità il suo oggetto, la sua natura organica.Il secondo consiste nello scacciare via da sé l’oggetto, considerato come attività indipendente.La relazione negativa del vivente stesso verso di sé causa il presupposto di una natura inorganica che sta di fronte a lui.questo negativo si configura come una deficienza L’oggetto  si nega dunque come nulla in sé e in questo processo, che va verso una natura inorganica, si svolge e si oggettiva, conservando se stesso.Il terzo è il momento in cui il vivente si riconosce in sé genere, e la specializzazione di questo è la relazione che viene ad intercorrere tra un soggetto ed un altro soggetto del medesimo genere.La distinzione fra questi due corpi è quindi una distinzione sessuale.Da questo deriva da un lato l’individuo che,  prima appariva come immediato, ora è mediato e generato, e dall’altro lato invece il singolo sacrifica la propria individualità nel genere: ogni morte è soltanto il trionfo del genere sull’individuo.La morte è il venire fuori dello spirito.      

Ma nella sua forma mediata, e tuttavia finita, è il conoscere nel quale il soggettivo e l’oggettivo appaiono come distinti, in quanto il conoscere si riferisce sempre a questa realtà diversa da sé e tuttavia uniti giacchè esso si riferisce sempre a questa realtà.Ed è proprio questo contrasto tra il soggettivo e l’oggettivo a costituire appunto la finalità stessa del conoscere; una finalità che può assumere due forme: la prima è costituita dall’attività teoretica nella quale la spinta è data dalla verità, e la seconda è l’attività pratica, ossia il volere, in cui la spinta è data dal bene.

Per quanto concerne l’attività teoretica, la verità secondo Hegel a cui giunge il conoscere è però solo la verità finita.La verità infinita del concetto è fissata invece come scopo, che è solo in sé, un di là per il conoscere stesso.In quanto tale esso presuppone il distinto come un qualcosa dato e posto di fronte a sé; per distinto Hegel intende i fatti svariati della natura esterna oppure della coscienza.Partendo da questo presupposto dunque il conoscere finito ha come prima cosa l’identità formale oppure l’astrazione dell’universalità come forma della sua attività.Questo vuole dire che l’attività è quella di risolvere il dato concreto, cercare di isolarne le differenze dando loro la forma dell’universalità astratta.Si potrebbe inoltre lasciare come fondamento il concreto e mettere poi in rilievo un universale concreto, come il genere: questo però partendo dall’astrazione da particolarità che possono apparire come inessenziali.Questo metodo viene definito da Hegel con il nome di metodo analitico, ed è il primo dei metodi da Hegel citati.

L’universalità però non è solo astratta ma è anche determinata: in questo caso, siccome il concetto nel conoscere in quanto finito non è nella sua infinità, esso è detto concetto intellettivo oppure determinato.questo è il metodo sintetico.

In questo caso però, nel momento in cui l’oggetto è incluso nella forma di questo concetto determinato viene dunque a delinearsi il suo genere e la sua determinazione che è poi la definizione.Questa determinazione a sua volta è intesa da Hegel come una relazione e l’oggetto stesso risulta quindi essere una relazione sintetica di determinazioni ben distinte, ossia un teorema. L’identità che intercorre fra queste varie determinazioni è un’identità mediata, ed il procedimento mediante il quale i membri intermedi vengono uniti è la costruzione.La mediazione stessa è poi la prova.

Per quanto riguarda i due metodi, quello sintetico e quello analitico l’arbitrarietà della loro scelta dipende dal fatto che entrambi provengono da un presupposto estrinseco.Nel loro campo particolare secondo Hegel sono da considerarsi essenziali e fecondi di risultati, ma allo stesso tempo sono anche inservibili dal punto di vista filosofico.Questo per il semplice fatto che assumono presupposti  e di conseguenza il loro conoscere si comporta come fa l’intelletto e con il procedimento dell’identità formale. A questo proposito è da sottolineare ciò che Hegel intende con il termine intelletto.Innanzi tutto Hegel è sostenitore della tesi della superiorità della ragione rispetto all’intelletto: ed è questo un punto in cui si può trovare una connessione con Kant.Ma  intercorre una differenza: per Kant la superiorità della ragione è un alcunché di fittizio ( la pretesa della ragione resta insoddisfatta ), mentre secondo Hegel la ragione realizza positivamente la sua aspirazione: essa è l’organo della conoscenza filosofica, mentre il modo di procedere proprio dell’intelletto è quello delle scienza particolari, dell’empirismo e della metafisica wolfiana.

Secondo Hegel la geometria è essa sola a possedere il metodo sintetico del conoscere finito nella sua perfezione.Ma nonostante ciò nel suo procedere alla fine essa urta nell’incommensurabiltà e nell’irrazionalità. Se vuole dunque procedere è spinta al di là dal principio intellettuale.Per Hegel ciò che è propriamente chiamato razionale è il meramente intellettuale e ciò che è chiamato irrazionale è piuttosto un cominciamento ed un barlume della razionalità.Per quanto concerne altre scienze, nel momento in cui si trovano al limite del loro procedere intellettuale, rompono la consequenzialità di questo loro procedere e cercano ciò di cui hanno bisogno ( il contrario ) dall’esterno, dalla rappresentazione, dall’opinione e dalla percezione.Tutto ciò accade in quanto queste stesse scienze escono dalla semplicità dello spazio e del tempo.La mediazione, che è la prova, è da considerare come una necessità esterna, determinata solo per l’intelligenza soggettiva.Questa necessità è in sé il concetto che si riferisce a se stesso.

Ed è proprio a questo punto che si attua il passaggio alla seconda attività, ossia l’attività pratica spinta dal bene ( l’idea soggettiva: ciò che è in sé e per sé ).Rispetto alla precedente posizione in questo caso il volere è caratterizzato da un lato dalla certezza della nullità dell’oggetto presupposto e dall’altro lato, in quanto finito, presuppone lo scopo del bene come idea soltanto soggettiva e l’indipendenza dell’oggetto. Hegel sostiene però che qui vi è una contraddizione: lo scopo del bene risulta essere sia attuato sia non attuato.Esso è essenziale , ma è allo stesso tempo inessenziale, reale ed anche solo qualcosa di possibile. A questo proposito si parla dunque di un dover essere della realizzazione del bene in quanto infinito progresso.Si è giunti dunque all’unità dell’idea teoretica e della pratica: il bene in sè e per viene raggiunto ed il mondo oggettivo è in sé e per sé l’Idea che produce la sua realtà.

Questo ritorno a sé dalla differenza e finità del conoscere è l’Idea speculativa o l’Idea assoluta, che è l’ultima parte della Logica hegeliana: essa è la pura forma del concetto con se stessa.

Per Hegel l’Idea assoluta si determina come la verità di tutto il movimento logico precedente: è la verità che torna a se stessa e che si è mediata con se stessa.Essa è perciò <<tutta la verità>>

( alle Wahrheit ), <<la verità che è coscia di sé>>.

Il momento speculativo consta di vari momenti.Il primo è il cominciamento, ossia l’essere o l’immediato.Un essere, che appare come un alcunché di astratto nel cominciamento, che è tanto sintetico, quanto analitico; è anche la negazione, l’essere posto, mediato e presupposto.Essendo dunque ancora qualcosa di indeterminato ( nel senso di essere determinato solo in sé o immediatamente ) è altresì l’universale.

Il secondo momento è quello della riflessione: questo universale immediato 8 il concetto in sé ) vede l’abbassare in esso stesso della sua immediatezza e universalità o semplice momento.Questo momento è un trapassare ad altro, l’apparire nell’opposto, la distinzione tra il singolo e l’universale, che continua in ciò che è distinto ed è con esso in una relazione di identità.Questa relazione di distinti viene a risolversi nella fine dove ciò che è differente è posto come ciò che è nel concetto.Questo è il concetto realizzato: il concetto che contiene la posizione delle sue determinazioni nel suo essere per sé.

Il metodo è l’anima e il concetto del contenuto, che è distinto solo nella misura in cui i momenti del concetto vengono ad apparire ( nella loro determinatezza ) come la totalità del concetto.Tale determinatezza si riduce all’idea e si presenta come una totalità sistematica: in esssa i vari momenti producono il semplice essere per sé dell’Idea.La forma sistematica determina dunque la circolarità della struttura dell’intero, che viene considerato come il “circolo dei circoli”.

La sua circolarità consiste nel fatto che l’intero processo non ha altro senso se non esplicitare quanto è già potenzialmente presente nel suo inizio; ed è proprio per questo motivo che la conclusione non è nient’altro se non un ritorno al suo inizio ( l’essere come qualcosa di posto ).

Non si può parlare infatti di vero e proprio fine.

Questa circolarità per Hegel non comporta l’arresto del processo speculativo, anzi la trasparenza dell’Idea implica un nuovo sviluppo.La compiutezza raggiunta è ancora sempre racchiusa nel pensiero puro ed è per questo che l’Idea è spinta, animata da una sorta di impulso ad uscire fuori dalla propria universalità. L’Idea assoluta, l’unità della vita e del conoscere, è intuire e questo suo intuire è natura.In questo caso nella dialettica dell’Aufhebung non si torna però all’immediatezza dell’inizio, ma ad una sorta di immediato secondo che, in quanto risultato, conserva in sé l’intero processo da cui risulta.Essa si propone dunque come un nuovo inizio, ma non un inizio logico, ma di un’altra sfera della scienza: la Filosofia della Natura.    

 

 

 

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