IL RAPPORTO HEGEL-MARX.
A cura di Valentina Cordero
Il sistema hegeliano, che poteva essere interpretato sia in senso conservatore che in senso rivoluzionario, rese possibile la spaccatura della scuola in due correnti chiamate da Strauss Destra e Sinistra hegeliana ( termini desunti dal Parlamento francese ). Le aporie che sono alla radice di questa divisione sono : il rapporto tra il Cristianesimo e la Filosofia e l’identità tra reale e razionale e la dialettica a sintesi chiusa soprattutto in relazione alla politica. Insieme a Feuerbach uno dei massimi esponenti della Sinistra hegeliana è Karl Marx ( 1818-1883 ). Marx nasce a Treviri da una famiglia ebrea e riceve una educazione di stampo razionalistico e liberale. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza a Bonn e in seguito a Berlino. Entra in contatto con il club dei “ giovani hegeliani ” e studia a fondo la filosofia di Hegel. Passato poi da Giurisprudenza a Filosofia si laurea all’università di Jena con una tesi di laurea sulla “ Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro ”.
Egli ha avuto la consapevolezza che l’utilizzazione dell’eredità di Hegel fosse la questione culturale e politica di fondo della modernità, ma non solo ; il lascito teorico enorme non può darsi che continuando nel confronto con l’elevatezza del piano problematico di Hegel. Infatti il punto di partenza della riflessione di Marx è costituito dal confronto critico con l’idealismo hegeliano. Il giovane Marx ha trovato nel periodo della sua formazione ( come lui molti altri ) nella filosofia di Hegel il sistema teorico per eccellenza attraverso cui pensare il mondo. Fu poi inevitabile che nel seguito della sua giovinezza la conquista della sua autonomia teorica sfociò nel segno del rifiuto e dell’uccisione metaforica dell’autorità dominante e imponente. Significativa a questo proposito è la dissertazione di laurea ( con i sette quaderni preparatori stesi tra il 1839 e il 1840 e con gli otto quaderni berlinesi di Excerpta ) per due motivi fondamentali : da un lato perché mette in luce un metodo di lavoro, cui Marx resterà fedele per tutta la sua vita, e dall’altro perché rappresenta l’unica testimonianza di ampio spessore teorico del suo primo hegelismo che in seguito, per le istanze pratiche e propagandistiche della lotta politica, verrà poi negato e per riemergere con la stesura dei “ Grundrisse ”e del “ Capitale ” 25 anni dopo. Partendo da ciò si vede chiaramente come Marx utilizza la teoria hegeliana della scienza filosofica organizzando il suo pensiero secondo quattro principi epistemologico-ontologici di fondo : il primo afferma che la scienza è concepibile solo come la realizzazione del principio stesso, ossia secondo la terminologia hegeliana ( ciò che è principio del vero per non rimanere una ipotesi solo soggettiva e mentale deve mostrarsi di essere capace di generare partendo da sé la molteplicità dei diversi piani della realtà ) ; il secondo afferma che la realtà è composta non solo di determinazioni materiali, empiriche ed esperibili con i sensi, ma anche di determinazioni ideali chiamate secondo la terminologia di Marx determinazioni formali non percepibili e che strutturano e unificano la realtà empirica ; il terzo afferma che tra la determinazione materiale e la determinazione formale vi è eterogeneità ( la prima riguarda l’ambito delle cose particolari e finite e la seconda riguarda l’ambito di un principio totalizzante di connessione e di sintesi ) ; la quarta afferma che la centralità ontologica della Formbestimmung impone sul piano del conoscere la distinzione tra apparenza oggettiva e parvenza soggettiva. Questi principi sono tutti filosofemi di origine hegeliana.
A questo punto verrebbe da domandarsi il perché abbia scelto questa dissertazione e il motivo più profondo sta nel fatto che Marx usa l’antico per pensare e problematizzare il moderno : per riflettere sull’esperienza culturale-politica che sta vivendo in prima persona. Questo è il primo lavoro di vasto impegno di Marx caratterizzato da un hegelismo senza riserve. Con questo non si vuole dire una ripetizione di idee hegeliane , ma una originale applicazione del metodo storico-speculativo di Hegel ad un argomento che Hegel stesso nelle “ Lezioni sulla storia della Filosofia ” aveva trattato in maniera molto diversa. Infatti, mentre Hegel non è disposto a riconoscere a Epicuro un avanzamento su Democrito e tratta i primi atomisti molto meglio di Epicuro, Marx dimostra la superiorità della filosofia di Epicuro rispetto alla filosofia di Democrito, in quanto porta alle estreme conseguenze di una opposizione della individualità astratta all’universalità, quell’atomistica che Democrito considerava solo come studio empirico della natura risultato e non principio attivo di esperienza che resta dunque senza realizzazione e non determina oltre lo studio della natura. Si può capire meglio l’impianto hegeliano alla fine del primo capitolo della tesi di Marx dove tenta di estendere l’interpretazione dialettica della fisica epicurea al terzo movimento degli atomi, quello della repulsione. Qui infatti egli utilizza in modo implicito il movimento hegeliano della dialettica dell’Autocoscienza nel capitolo sulla Signoria e la Servitù della “ Fenomenologia dello Spirito ”. Secondo Marx l’autonomia di un atomo non solo deve essere espressa ma deve anche essere realizzata e resa positiva. Questo però può avvenire solo nel caso in cui il modo di essere al quale l’atomo si riferisce, non sia che esso stesso un atomo o una pluralità di atomi. La repulsione è dunque la realizzazione necessaria della lex-atomi. L’individualità immediatamente esistente non può trovare la sua realizzazione se non in quanto essa si riferisce a un’altra individualità ( essa è sotto forma di una esistenza immediata diversa ma è essa stessa ). Questo deve essere collegato con lo “ sdoppiamento ” dell’Autocoscienza che da essa luogo alle autocoscienze contrapposte del Signore e del Servo. La repulsione è la prima forma dell’Autocoscienza.
L’influenza di
Hegel fu di così vasta portata però che la domanda “ Che cosa pensa Marx
della Filosofia ? ” può trasformarsi in “ Che cosa pensa dell’hegelismo
? ”. Per Marx in effetti ( ma come lui anche Kirkegaard ) la Filosofia è in sé prima di tutto Hegel, il cui sistema rappresenta per noi ciò che in altri
tempi rappresentava, per altri, quello di Aristotele. Hegel ha saputo portare
il pensiero filosofico fino al limite ed è considerato l’ultimo filosofo, colui
il cui pensiero speculativo condensa tutta l’essenza della Filosofia. Dopo di
lui non è più possibile filosofare veramente. Marx, nel delineare l’aspetto
fondamentale della filosofia hegeliana, si è diretto al testo fondamentale che
è la “ Fenomenologia dello Spirito ”, dove Hegel stesso mostra che
l’Autocoscienza si è alienata nella cosa. L’Autocoscienza si scopre come una
pura cosa : è il materialismo più astratto. Il denaro non deve essere
considerato come l’autocoscienza umana ma come l’alienazione di questa
coscienza sotto una forma oggettiva. Hegel dunque ha espresso questo concetto
dell’alienazione dell’uomo nel denaro e Marx riprende tutta l’analisi e anche
le espressioni di Hegel. Basta confrontare il capitolo di Hegel sul Nipote di
Rameau nel quale dice : << l’oro è tutto >> e il capitolo di
Marx dove dice : << il denaro è l’oggetto in senso eminente >>. Se
si parte dal presupposto che Marx critica l’alienazione dell’uomo vivo e
creatore del denaro dovrebbe criticare anche l’alienazione dell’uomo in uno
scientismo oggettivista che non concepisce la scienza come nata dall’uomo, che
non vedesse l’uomo generare l’uomo. Questo scientismo però spiega l’uomo
attraverso la natura mentre per Marx la natura non può essere separata dal suo
senso umano, in quanto essa è per l’uomo. Dunque non esiste una natura senza
significato umano e poi l’uomo ma esiste una natura al livello umano non più
soggettiva o oggettiva ma trasformata dall’uomo concreto. La filosofia
hegeliana quindi è uno sforzo per superare l’alienazione dell’autocoscienza. Marx
constata però che questa soppressione dell’alienazione viene compiuta da Hegel
solo in una idea ( contraddizione tra l’uomo esistente e sistema di idee ).
Hegel ha ridotto il mondo alla Filosofia del mondo e ha dimostrato che il mondo
era pensabile come palazzo di idee lasciando però sussistere la realtà. La
dialettica speculativa di Hegel dice Marx deve essere sostituita da una nuova
dialettica : << il divenire filosofia del mondo deve ora trasformarsi
nel divenire mondo della filosofia >>.
Sulla scia di Feuerbach Marx colpisce il metodo di
Hegel in quanto egli fa delle cose concrete manifestazioni necessarie
dell’Assoluto. Hegel trascende il finito, il concreto, il materiale e
sostantifica l’astratto, il pensiero e l’ideale. Facendo un esempio Hegel invece
di limitarsi a constatare che in certi ordinamenti politici esiste la
monarchia, afferma che lo Stato presuppone per forza una sovranità, la quale
viene ad incarnarsi nel monarca, che è dunque la sovranità statale
personificata. Marx identifica questo procedimento come “ misticismo
logico panteistico ” e parla anche di infecondità ermeneutica : Hegel
vuole trovare nell’empirico le determinazioni della logica e lo sviluppo
dell’Idea. La critica al “ misticismo logico ” non è una novità
però in quanto essa ricalca la critica che Feuerbach aveva già rivolto a Hegel
in alcuni dei suoi scritti come nelle “ Tesi provvisorie per una riforma
della filosofia ” del 1842. Il metodo hegeliano comporta un empirismo
vizioso o crasso positivismo. Questo aspetto chiave della critica marxiana lo
troviamo nella “ Sacra Famiglia ”. Mentre l’uomo comune e il filosofo
realista pensano che prima esistano le mele , le pere , le fragole e le
mandorle reali e poi il concetto di frutto, il pensatore idealista ritiene che
prima esista il frutto, e poi, in seguito, a titolo di sue manifestazioni
necessarie e derivate la mela e la pera. La critica di Marx a questo “
misticismo logico panteistico ” si trova nella sua prima opera “ Critica
della filosofia hegeliana del diritto pubblico ” pubblicata per la prima
volta nel 1927 in cui viene espressa la concezione dello Stato e della sua
organizzazione. E’ significativo che essa, benché non sia mai stata pubblicata
dal suo autore ( fu Riazanov infatti a pubblicarla ) sia espressamente da lui
stesso richiamata in alcuni scritti della maturità non casualmente bensì in
contesti molto impegnativi dal punto di vista teoretico. Opera densa, complessa
e profonda, è di importanza fondamentale in quanto sottolinea la concezione
marxiana e il costituirsi di alcune delle sue linee direttive. Come prima cosa
è utile dire che l’opera rappresenta un’analisi dettagliata del metodo
hegeliano : spiega i difetti e gli inconvenienti della filosofia politica di
Hegel con il meccanismo logico che ne governa tutto l’impianto. Nella storia
intesa come storia delle istituzioni umane, ovvero le forme di associazione
umana che hanno permesso all’uomo di vivere come genere, si può ritrovare il
rapporto uomo-realtà. Ed è per questo che Hegel risaliva al diritto, in quanto
conglobazione materiale delle forme associative umane, e quindi alla filosofia
del diritto, in cui si potevano cogliere le concettualizzazioni storiche,
temporali e umane delle stesse forme associative. L’obbiettivo di Hegel era
quello di raggiungere una totalità in cui si potessero rappresentare le
conquiste più importanti del diritto ( empiricamente rilevabili ), cioè le
manifestazioni oggettive delle istituzioni realizzate degli uomini. Da qui
deriva lo studio di forme associative come la proprietà privata. Se si parte
dal presupposto, dice Hegel, che l’uomo è dotato di volontà, esso applicato
alla natura gli permette di possedere : avere un diritto su una parte della
natura che egli ha di fronte come singolo. La proprietà privata è dunque intesa
come azione di impossessamento del singolo individuo nei confronti del mondo
esterno. Il problema però è quello di conciliare i diversi desideri dei singoli
individui ( problema già affrontato da Hobbes, Spinosa e Locke ). Secondo Hegel
l’uomo è provvisto di volontà ma anche di razionalità ed è per questo suo
aspetto razionale che gli consente il superamento del momento conflittuale.
Poteva dunque attuarsi un patto ma era necessario che ci fosse un garante : una
istituzione intesa come rappresentazione empirica delle forme associative.
Questo era secondo Hegel lo Stato che aveva una posizione sovraindividuale. In
esso veniva a realizzarsi la libertà concreta, dove gli interessi della
famiglia e della società civile erano salvaguardati. Marx invece rovescia quanto
affermato da Hegel : il rapporto infatti deve essere inteso materialmente e non
come sovrapposto idealmente. In Hegel il reale rapporto della famiglia e della
società civile con lo Stato è inteso come interna, immaginaria attività dello
Stato. Per Marx, invece, sono i presupposti dello Stato e sono essi ad essere
propriamente gli attivi. Nella speculazione però mentre l’idea è trasformata in
soggetto, i soggetti reali diventano momenti obiettivi dell’idea, irreali ed
allegorici. Hegel dunque separa il decorso storico della realtà mediante l’Idea
e congloba nell’entità Stato elementi invece empiricamente ad esso precedenti.
Secondo Marx però lo Stato non può sussistere in abstracto in quanto esso è
legato ad individui e questi individui non sono altro che uomini, cioè
componenti naturali con una loro specifica qualità sociale, quindi : <<
gli affari e le attività statali sono funzioni umane >>. Gli
individui sono dunque riguardati secondo la loro qualità sociale e non secondo
quella privata. La determinazione hegeliana, inoltre, inerente il potere del
sovrano, non è altro che sovradeterminazione sulla società civile. Il tutto
viene esemplificato da Hegel nella figura del monarca. Per Marx questa
sovranità è solo arbitraria, in quanto quella che conta materialmente è invece
la sovranità popolare che può manifestarsi solo mediante la democrazia. Hegel
era, dunque, partito dallo Stato, per fare dell’uomo lo Stato soggettivato, ma
come non è la religione a creare l’uomo, semmai il contrario, così non è la
costituzione a creare il popolo, ma il popolo che crea la costituzione. Marx
parte dall’uomo e fa dello Stato l’uomo oggettivato. Possiamo considerare la
concezione di Marx giovane come una concezione di tipo umanistico : l’uomo è
il solo ed unico soggetto del processo politico. Ciò comporta una libertà
del genere umano assente nella concezione hegeliana. Cominciano già ad
evidenziarsi i primi segni del socialismo anche se Marx, come Hegel, considera
ancora il fine come la realizzazione di un’essenza, egli intende questa
esistenza in senso materialistico, cioè intende l’uomo come “ essere
appartenente ad una specie ”. La critica alla concezione hegeliana dello
Stato serve a Marx per affrontare, in modo indiretto, anche un argomento
concreto : quello della burocrazia. Quest’ultima per Marx invece che mediare,
si pone contro le esigenze dei singoli individui, poiché esso trae origine
proprio dalla separazione tra società civile e Stato. Nello stesso contesto, in
cui Marx analizza le questioni del potere, egli affronta per la prima volta le
argomentazioni hegeliane inerenti le classi sociali. Secondo Hegel le classi
hanno il compito di mediare tra il potere esecutivo, vale a dire il governo, e
il popolo. Marx contesta questa visione, sostenendo che le classi non possono assolvere
questo ruolo dato che prendono parte al potere legislativo, come elettori, non
hanno facoltà di assolvere funzioni di governo. Esse rappresentano la
contraddizione esistente fra Stato e società civile. Inoltre non è possibile
l’esistenza di una mediazione : o lo Stato o la società civile. Questa
separazione costituisce per Marx una contraddizione dialettica in quanto si
tratta di una separazione, scissione che frantuma l’essenza dell’uomo, lo
divide in due opposte determinazioni ( sociale e politica ), ognuna delle quali
è in contrasto con l’altra, nega l’altra, e al tempo stesso genera l’altra e ne
garantisce l’esistenza separata. Marx accetta dunque da Hegel la “scoperta” del
principio dialettico, incardinato sulla coppia scissione/contraddizione (
Spaltung/Wiederspruch ) in quanto senza di esso sarebbe impossibile rilevare le
contraddizioni che caratterizzano la società borghese. La sua critica non
investe il principio dialettico hegeliano ma il tipo di soluzione che Hegel ne
propone : una soluzione puramente speculativa e ideologica. Dice infatti Marx :
” l’errore principale di Hegel consiste in ciò : che egli assume la
contraddizione del fenomeno come unità nell’essenza e nell’idea, laddove essa
contraddizione ha la sua ragione in qualcosa di più di profondo, cioè in una
sostanziale contraddizione ”. Secondo Marx se si vuole utilizzare il
principio dialettico di Hegel è necessario liberarlo dalla camicia di forza
idealistico-speculativa nella quale egli lo ha rinchiuso e concepirlo non come
una dialettica di concetti o categorie, bensì come una contraddizione materiale
di forze ed elementi empirici.. Bisogna sbarrare la via a qualunque
soluzione “ ideologica ”, ” speculativa ” e “ idealistica ” delle
contraddizioni che potranno essere superate solo con un atto pratico cioè
solo rivoluzionando il mondo contraddittorio e inumano prodotto dagli uomini.
Qui si delinea dunque la strada aperta da Marx dalla quale non si allontanerà
più caratterizzata dalla coppia dialettica-rivoluzione. Al contrario, invece,
di Hegel dove prevale la coppia dialettica-conciliazione. Da ciò si può dunque
dedurre come in Marx vi sia un atteggiamento costante : esso consiste nella
ferma convinzione della necessità di tradurre in un concreto impegno pratico le
proprie concezioni filosofiche. La Filosofia non è mai apparsa a Marx
come mera contemplazione del reale, bensì come principio di azione. Egli
viveva nel suo tempo e considerava implicita conseguenza la necessità di
partecipare attivamente alle vicende del suo tempo e alla vita politica : la
teoria per lui si traduceva in pratica e questa partecipazione alla vita
pratico-politica influenzava correggendola la teoria. Di Hegel Marx critica
inoltre la sua concezione negativa del finito, ovvero per avere trasceso il
finito nella sua specificità materiale o reale e avere interpolato in esso
l’astratto. Invece per Marx il finito non è da intendersi come un alcunché di
negativo o dialettico e come una mera manifestazione dell’altro da sé, ma come
un alcunché di positivo o non-contraddittorio e che ha solo fondamento in se
stesso. Questo è appunto il presupposto di ogni materialismo.
A questo motivo critico, che era stato
posto da Feuerbach, Marx però non venne portato da una mera suggestione
culturale, ma dalla situazione pratica in cui si era venuto a trovare. Infatti
egli aveva potuto verificare questo fra la concezione hegeliana dello Stato (
alla quale aveva cercato fino ad allora di rimanere fedele ) e la sostanziale
realtà politica empirica dello Stato prussiano. La critica di Marx si spinge
però oltre : da una parte si avvia verso la ricerca di nuovi e più scientifici
metodi di analisi della realtà storico-empirica e dall’altro imposta il
problema del superamento dello hegelismo in una visuale più ampia di quella confinata
nella critica filosofica, e cioè nel complesso delle condizioni storico-sociali
in cui lo hegelismo stesso ( e in genere le filosofie speculative ) nascono e
fioriscono, e che si tratta di modificare mediante l’azione pratica. Dopo avere
mostrato come Hegel abbia invertito i reali rapporti fra il soggetto e il
predicato, l’esistenza e l’essenza e la realtà e le sue determinazioni,
chiarisce come egli abbia poi riempito il vuoto soggetto così ottenuto proprio
mediante quegli empirici contenuti dai quali fingeva di astrarre e che dopo
essere stati desunti dall’esperienza venivano trasfigurati in un astratto
processo logico. Davanti a Marx si aprivano due compiti : il primo consisteva
nel modificare la base reale da cui la filosofia speculativa e la religione,
alienazione dell’essenza umana dell’uomo, si sviluppano e permettere dunque
all’uomo stesso di recuperare la sua essenza alienata ed essere compiutamente
umano ; il secondo consiste invece nell’elaborare uno strumento di indagine
appropriato all’empirico, al vero soggetto da analizzare, e uno strumento che
sostituendo la deduzione dell’empirico dall’idea, permetta tuttavia di non
limitarsi a descriverlo nella sua nuda esistenza, ma di rintracciare o porre,
entro le sue determinate configurazioni, dei rapporti empiricamente
significanti, attraverso i quali operare concretamente per modificarlo. Per
confutare Hegel dunque è necessario e sufficiente a suo avviso affermare la
pregnanza del concreto contro le fumoserie dell’astratto, muovere dalla vita degli
uomini in carne e ossa e dalla loro realtà contro la vita delle sole idee e di
una realtà trasfigurata in speculazione. Si parla a questo proposito di “
materialismo storico ” di Marx secondo il quale l’uomo deve essere
considerato all’interno della concretezza dei rapporti materiali e sociali che
lo condizionano e lo caratterizzano. Questa concezione materialistica è per
Marx l’unica concezione capace di produrre un sapere positivo dei rapporti
materiali, economico-sociali fra gli uomini ( e di modificarli a differenza
dell’Idealismo che ne ha velato da sempre la struttura effettiva ). Il discorso
storico-materialistico di Marx presuppone una contrapposizione fra “ scienza
reale ” e “ ideologia ”:egli vuole infatti proporre una nuova scienza della storia
che si oppone all’ideologia. Il suo intento è quello di svelare la verità della
storia mediante il raggiungimento di un punto di vista obbiettivo sulla società
umana che permetta di descrivere non ciò che gli uomini “ possono apparire
nella rappresentazione propria o altrui, bensì quali sono realmente ” come è
scritto nell’opera “ L’Ideologia tedesca ”. Ma che cosa è per Marx
l’umanità intesa in modo scientifico e non in modo ideologico ? Nel delineare
la risposta Marx parte da un assunto base : l’umanità è una specie evoluta ( in
cammino nella storia ) e composta di individui associati che lottano per la
propria sopravvivenza. Di conseguenza la storia non è un evento spirituale, ma
un processo umano materiale fondato sulla dialettica bisogno /soddisfacimento.
E’ proprio questa azione materiale che umanizza l’uomo, infatti dice Marx
ironicamente, si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza,
per la religione e per tutto ciò che si vuole ma essi cominciano di fatto a
distinguersi per il fatto che cominciano a produrre i loro mezzi di sussistenza
a causa dei loro bisogni. Alla base della storia che è dunque il lavoro, inteso
da Marx come creatore di civiltà, di cultura e come ciò attraverso cui l’uomo
si rende tale emergendo dall’animalità primitiva e distinguendosi dagli altri
esseri viventi.
Un altro scritto che dobbiamo prendere in
considerazione sono i “ Manoscritti ” del 1844, in particolare la critica della dialettica e della filosofia hegeliana in generale (
costituisce l’ultimo capitolo del terzo Manoscritto ). Ha una importanza
decisiva e non possiamo esimerci dal dovere di considerarla molto
dettagliatamente. Qui il discorso torna a vertere sul “ principio ”, cioè sulla
dialettica. Il grande merito di Hegel era stato quello di avere contrapposto ad
una logica formale ed astratta ( presupponeva un riferimento ontologicamente
statico ) una logica dialettica ( chiarisce il processo attraverso il processo
). I presupposti idealistici di Hegel avevano inficiato la portata di questa
rivoluzione, ma Marx comprende pienamente la portata di questa logica e
altrettanto chiaramente capisce che in questo contesto ideale essa è svuotata
della sua seria e distruttiva funzione storica. Il compito dunque consiste nel
togliere alla dialettica la funzione di esplicare un mondo capovolto, di non
utilizzarlo semplicemente come aroma spirituale. La dialettica deve diventare
un processo di vita attivo in maniera tale che la storia cessi di essere una
raccolta di fatti morti ( come negli empiristi ) o una azione immaginaria di
soggetti immaginari ( come negli idealisti ). La dialettica storica è
antidealistica e materialistica:essa deve essere non solo uno strumento di
indagine ma essere anche lo stesso svolgimento dei fatti che non può e non deve
essere alterato dalla coscienza e dai presupposti di chi indaga. Marxianamente
dialettica significa praxis : operare concreto di uomini che vivono in un mondo
determinato su una base di rapporti e forme determinate. Essa è il mondo
umano che si svolge, si sviluppa, si trasforma e si comprende. Nel proscritto
alla seconda edizione tedesca del “ Capitale ” Marx scrive : <<
per il suo fondamento, il mio metodo dialettico non solo è differente da quello
hegeliano, ma ne è anche direttamente l’opposto. Per Hegel il processo del
pensiero, che egli trasforma addirittura in Soggetto indipendente con il nome
di Idea, è il demiurgo del reale, che costituisce a sua volta solo il fenomeno
esterno dell’Idea o processo del pensiero. Per me, viceversa, l’elemento ideale
non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli
uomini…. In lui la dialettica è capovolta. Bisogna rovesciarla per scoprire il
nocciolo razionale entro il guscio mistico. Nella sua forma mistificata, la
dialettica diviene una moda tedesca, perché sembrava trasfigurare lo stato di
cose esistente. Nella sua forma razionale, la dialettica è scandalo e orrore
per la borghesia e per i suoi corifei dottrinari, perché nella comprensione
positiva dello stato di cose esistente include simultaneamente anche la
comprensione del suo necessario tramonto. Nulla la può intimidire perché essa è
critica e rivoluzionaria per essenza >>. Egli riconosce però a Hegel
una serie di meriti : il primo è quello di avere concepito l’uomo in un’ottica
e come il risultato della sua attività ( come processo di autogenerazione ) ;
il secondo è l’avere sottolineato in tale processo l’importanza del lavoro ; il
terzo è l’evere inteso tale processo in termini di alienazione e soppressione
dell’alienazione ed il quarto è l’avere evidenziato la dialettica della
negatività come principio motore e generatore ( l’avere intuito che la
liberazione scaturisce dialetticamente dall’oppressione ,in quanto l’unico modo
di realizzarsi consiste nel negare le condizioni che negano il proprio essere
). Allo stesso modo Marx individua nel “ maestro ” dei limiti : la riduzione di
individuo ad autocoscienza o spirito parlando di essenza astratta invece che di
uomo reale ; il considerare il lavoro spirituale e speculativo incarnato nella
figura del filosofo, il fatto di avere inteso alienazione e disalienazione come
operazioni ideali ( a livello ciscienziale e filosofico e non pratico ) e
l’identificazione dell’alienazione con l’oggettivazione del soggetto senza
rendersi conto dice Marx che ciò che aliena l’individuo non è l’oggettivazione
in quanto tale, attuata tramite il lavoro, ma quell’oggettivazione negativa e
disumanizzante che è propria del lavoro operaio nella società capitalistica. In
sintesi Hegel si è limitato a descrivere una storia ideale e astratta che trova
il suo svolgimento nel cerchio del puro pensiero e non presuppone interventi
pratici sul mondo. Dunque la teoria di Hegel è da intendersi solo come uno
specchio mistificato di alienazione e disalienazione. Secondo Marx l’unico modo
per abbattere l’alienazione è l’atto reale della rivoluzione e
dell’instaurazione del socialismo inteso come “ umanismo giunto al proprio
compimento ”. Dietro a questo c’è Feuerbach. Ma non solo in quanto è proprio
sotto l’insegna del motto feuerbachiano “ astrarre è alienare ” che Marx
considera il sistema hegeliano.
L’” Enciclopedia ”, che comincia
con la Logica e termina con lo Spirito Assoluto non è che l’essenza dispiegata
dello spirito filosofico, la sua auto-oggettivazione, cioè la sua realizzazione
per mezzo di sé stesso, e lo spirito filosofico è lo spirito alienato
astrattamente comprensivo di sé, cioè lo spirito alienato che comprende
astrattamente, all’interno della propria alienazione, sé stesso. Marx però
aggiunge un’immagine molto suggestiva che porta ad una maggiore concretezza ed
evidenza l’intuizione di Feuerbach “ astrarre è estraniare ” nel senso in cui
una cosa reale può essere espressa, e dunque esaurita nella sua essenza in
termini del tutto diversi da quelli che la costituiscono, cioè in termini di
valore economico, in termini di quello che nel “ Capitale ” sarà detto “
equivalente generale ”, cioè denaro.
Oltre a ciò Marx considera, di là da
Feuerbach, il pensiero speculativo non soltanto come alienante, ma esso stesso
come alienato : soggiacente ad una condizione di alienazione che è essa a
provocare il suo comportamento. Per Marx il Filosofo speculativo è lui a “
porsi come la regola del mondo alienato ”. Egli tende ad una comprensione
assoluta, totale e unitaria della realtà ( riduzione di tutta la realtà in
termini di pensiero, e se non fa questo non si tratta di un filosofo
speculativo, di un filosofo “ tuot court ”, secondo la terminologia di Marx,
che identifica il “ filosofo ” con l’” ideologo ” ) è lui ad essere una “
astratta figura ” dell’uomo estraniato. Il filosofo appartiene al suo tempo, ed
il suo tempo è quello dell’alienazione reale, è quello del dominio del rapporto
di proprietà privata ( lavoro-capitale ). Egli non è però un “ uomo alienato ”
nel senso di essere un operaio dell’industria moderna, bensì nel senso di
essere l’autore di un riflesso teorico della regola dell’alienazione. Egli
riflette la condizione di alienazione trasformandola in una legge filosofica,
ponendosi come la regola del suo mondo, che è il mondo dell’alienazione. Riduce
la realtà al suo senso concettuale e astratto, predicando che la realtà si
riduce nel pensiero, quindi capovolgendo la realtà e facendola “ camminare
sulla testa ”. Il filosofo si pone dunque come la regola del mondo alienato :
tutta la storia dell’alienazione non è che la storia della produzione del
pensiero astratto, cioè assoluto, del pensiero logico, speculativo. Marx
esprime la differenza fra la propria concezione dell’alienazione e quella di
Hegel dicendo che per il maestro << l’essenza posta e da sopprimere
dell’alienazione non è che l’ente umano si oggettivi disumanamente in
opposizione a sé stesso, ma bensì che esso si oggettivi a differenza e in
opposizione dell’astratto pensiero >>. Questa caratterizzazione
differenziale si estende però all’intero organismo delle due dialettiche. Marx
fa coincidere l’inizio della filosofia con l’uomo, ente naturale-generico, il
cui essere non è conchiuso nella sua esistenza immediata ( come negli enti inferiori
) in quanto è un essere che è un dover essere che si realizza oggettivandosi,
cioè si afferma attraverso il condizionamento oggettivo del mondo (
storicamente ). A differenza di Marx, Hegel fa coincidere l’inizio della
filosofia con l’Intero, come Soggetto-Oggetto che comprende assolutamente sé
stesso. L’uomo risulta solo partecipe nella misura in cui riesce a rendersi
prospettiva ascendente verso la comprensione dell’Intero. L’alienazione è un
momento dinamicamente necessario, un momento della negazione che per necessità
logica è reciproco dell’affermazione, dell’oggettivazione che per necessità
logica è il reciproco della soggettività ( secondo Trendelenburg non vi è
dinamismo ). La riappropriazione è la riconquista dell’unità fondamentale, e
ciascuna Aufhebung del sistema ( riferita all’uomo ) è come una presa di
contatto con l’Intero. Secondo Marx, Hegel parte da una concezione allotria
dell’uomo, da una definizione di esso che non lo afferma, bensì lo pone in
riferimento ad altro, all’astratto pensiero e di conseguenza parte da una
alienazione originaria dell’uomo che da tutto il processo non potrà non venire
riconfermata, con l’aggravante che in nessun momento diverrà accessibile a
Hegel la reale alienazione dell’uomo nelle sue manifestazioni e nelle sue
cause. Sempre nei “ Manoscritti ” segue la ripresa del riconoscimento a
Hegel del concetto del “ lavoro come atto di autoproduzione dell’uomo ”. Egli
aggiunge però la limitazione anche se in guisa estraniata, che conferma il
fatto che il lavoro non è soltanto astratto ma visto da una prospettiva
estraniata, conferma del lavoro estraniato reale. Inoltre egli nega che
l’appropriazione, il lavoro e la riconquista di sé stesso riguardano l’uomo
reale in quanto il movimento riguarda solo la storia dell’autocoscienza, il
movimento dell’autoprodursi è l’assoluta espressione della vita umana e il
processo finisce con l’avere per “ portatore ” il Soggetto che si sa come
assoluta autocoscienza ( Dio, Spirito assoluto e Idea che sa e attua sé stessa
). Ma né il Soggetto, né Dio e né l’Idea assoluta sono l’uomo reale. Ancora un
riconoscimento verso Hegel introduce l’ultimo argomento di questa critica. Marx
dice : << ciò che di positivo Hegel ha compiuto qui,nella sua logica
speculativa, è che i concetti determinati, le generali forme fisse del
pensiero, (…) sono un risultato necessario della generale alienazione dell’ente
umano, quindi anche nel pensiero umano ; e che Hegel li ha esposti e sistemati
come momenti del processo di astrazione. Per esempio, il superato essere è
essenza, la superata essenza è concetto e il superato concetto è idea assoluta.
Ma che è ora dell’Idea assoluta ? Essa stessa si supera ,se essa non vuole
ripercorrere l’intero atto o astrazione e però contentarsi di essere una
totalità di astrazioni o l’astrazione che abbraccia sé stessa. Ma l’astrazione
che coglie sé stessa come astrazione si sa come un nulla;deve rinunciare a sé
come astrazione,e così perviene ad un essere che non è propriamente il suo
contrario : la Natura. La Logica intera è dunque la prova che l’astratto
pensiero non è nulla per sé, che l’Idea assoluta non è nulla per sé, che la Natura soltanto è qualcosa >>.
In conclusione si può affermare senza
dubbio che il marxismo costituisce l’ultima poderosa sintesi della filosofia
occidentale in quanti dopo di lui nessun altro filosofo affronterà tutti i temi
dell’enciclopedia.