CRANTORE DI SOLI
A cura di Marco Machiorletti
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Crantore nacque nel 330 a.C. a Soli, in Cicilia.
Discepolo di Senocrate e compagno di scuola di Polemone, egli riprese la componente «fisica», scrivendo un commentario al Timeo e sostenendo l’idea, già vista in Senocrate, secondo cui il racconto della formazione del mondo da parte del Demiurgo andrebbe inteso solo come espressione immaginifica avente «scopo didattico», e quindi non in senso letterale.
La generazione dell’anima e del mondo sarebbe da interpretarsi non in senso cronologico, ma in senso metatemporale: essa illustrerebbe non altro che la struttura ontologica dell’una e dell’altro.
Crantore rielaborò inoltre la dottrina relativa alla tavola dei valori, includendovi anche il piacere: al primo posto pose la virtù, al secondo la salute, al terzo il piacere e al quarto la ricchezza. In questa rivalutazione del piacere si fece sentire l’influenza epicurea.
Del filosofo va ancora menzionato lo scritto Sul dolore, che inaugurò il genere letterario delle «consolazioni». In esso egli probabilmente analizzava il senso del dolore fisico e spirituale. E anche questo era del tutto in sintonia con lo spirito dei nuovi tempi.
Infine, contro la posizione stoica, Crantore respinse nettamente la dottrina dell’«apatia», e sostenne invece la dottrina della «moderazione delle passioni» o «metriopatia»:
“Non siamo fatti di pietra, noi: anzi, abbiamo nell’anima un non so che di costituzionalmente tenero e sensibile, qualche cosa che il dolore riesce a scuotere come se fosse una tempesta. E non sbaglia Crantore, che fu una delle figure più illustri della nostra Accademia, a dire: «io non sono affatto d’accordo con quelli che tanto elogiano questa non meglio precisata insensibilità, che non può esistere e non deve. Io m’auguro di non star mai male, questo sì; ma se proprio dovessi, ebbene, voglio conservare la sensibilità, qualunque sia l’operazione o il taglio a cui mi debba sottoporre. Perché l’immunità dal dolore non si ottiene se non pagando un prezzo assai alto: l’abbruttimento dell’anima, e la paralisi del corpo»”. (Cicerone, Tusc. Disput., 111, 6, 12)
Crantore morì nel 270 a.C.