RALPH CUDWORTH
A cura di Gigliana Maestri
Ralph Cudworth
nasce nel 1617 ad Aller, nel Somersetshire.
Studia teologia e filosofia a Cambridge, e,
successivamente, insegna teologia al Christ's College. Esponente
della scuola platonica di
Cambridge, la sua opera più nota
e più importante è Il vero
sistema intellettuale dell'universo (1678); si può
poi ricordare il Trattato sulla morale
eterna e immutabile, pubblicato postumo, in
cui il filosofo affronta il problema
della libertà razionale del volere in
opposizione alla tesi calvinista della
predestinazione. Cudworth muore nel 1688.
Il fine principale della sua riflessione
consiste nella volontà di giustificare lo
"spiritualismo", ossia
l'idea della derivazione di tutte le
cose da un ente immateriale, per mezzo
di un'analisi gnoseologica. A suo parere, chi
rifiuta lo spiritualismo ritiene che ogni
nostra conoscenza sia posteriore agli
oggetti cui si riferisce; in realtà, la
conoscenza non è fondata su un
insieme di rappresentazioni sensibili ricavate
dagli oggetti esterni, ma è basata sull'attività
dello spirito. Esso è costituito da "essenze intelligibili", ossia
da pensieri universalmente validi, che si
configurano come il presupposto della
conoscenza umana. Questa viene poi definita come
libera attività formatrice ed unificatrice, dalla
quale deriviamo sia i concetti logici
fondamentali, come quelli di essere e non-essere,
di necessità e contingenza, sia quelli etici,
come le idee della giustizia, del dovere
e della libertà.
Ne Il vero sistema intellettuale
dell'universo, Cudworth espone una numerosa
serie di argomenti a
sostegno dell'esistenza divina, in aperta
polemica con gli atei. Per quanto riguarda
gli argomenti che saranno successivamente detti "a
posteriori", egli cerca di opporsi
all'accusa che più frequentemente viene
loro mossa, ossia quella di essere
ragionamenti privi di validità dimostrativa,
perché fondati su "materie di fatto",
cioè sull'esperienza. Proprio questa loro caratteristica
li confinerebbe, a parere di molti, nella
regione degli argomenti "probabili",
destituendoli di validità scientifica.
Cudworth intende invece provare che anche
gli argomenti a posteriori hanno una
valenza dimostrativa, perché, pur partendo dall'esperienza,
ad essa aggiungono qualche "principio
di ragione", come quello, importantissimo, di
"causa". Il filosofo inglese propone
quindi un argomento a posteriori, basandosi
sull'assunto per cui ogni cosa
o evento ha una causa alla sua
origine: dal fatto che qualcosa esiste, dice Cudworth,
deduciamo che qualcosa deve essere esistito
dall'eternità ("from eternity or without
beginning"); possiamo sostenere che questo
essere eterno sia Dio e non la
materia in considerazione della nostra esistenza
e della natura della nostra mente. Infatti,
le perfezioni della mente umana non
possono essere state prodotte da un ente
che non abbia nulla in comune con
esse, o che non abbia altrettanta realtà; perciò,
l'ente eterno non può essere la materia,
ma un ente spirituale dotato
d'intelligenza.
Nella sua opera, Cudworth prende in esame
anche l'argomento in favore dell’esistenza di Dio che sarà detto a
priori, recentemente riproposto da Cartesio, e
ne mostra svantaggi e vantaggi. In primo
luogo, il filosofo inglese mette in luce
la cosiddetta "critica logica" che
viene mossa a tale argomento, ossia
l'inammissibilità del passaggio da un'esistenza
soltanto pensata ad un'esistenza reale. Fatto ciò,
egli ripresenta la formulazione cartesiana
come confutazione della "critica logica",
affermando che un ente necessariamente
esistente che non esiste è una
contraddizione in termini. A questo punto,
Cudworth rielabora questa prova sulla base
delle nozioni di "possibilità" e
di "esistenza necessaria": se un ente
necessariamente esistente è possibile, allora
esso esiste, perché, se non esistesse, non
sarebbe neppure possibile, in evidente
contraddizione con la premessa.
Cudworth non si ferma a queste
considerazioni, ma compie un ulteriore tentativo,
cercando di elaborare una dimostrazione a
priori dell'esistenza di Dio che sia
però decisamente inattaccabile dalla "critica logica". A tale proposito,
egli "costruisce" un argomento a metà
fra prova a posteriori e prova a
priori: partendo dall'esistenza di qualcosa,
esattamente come nella prova a posteriori,
inferisce l'esistenza di un ente eterno; poi,
sostiene che soltanto un ente
necessariamente esistente può essere eterno, e,
in tal modo, la prova a posteriori trasforma
la causa prima in un ente
necessariamente esistente. A questo punto,
Cudworth rileva che solo un ente perfettissimo
può includere nel suo concetto l'idea
di un'esistenza necessaria, e quindi l'ente
necessario, del quale si è dimostrata a
posteriori l'esistenza, è Dio. La
caratteristica di questa prova,a differenza di quella anselmiana o cartesiana,consiste nel rifiutare l'inferenza dell'esistenza
dalla definizione di Dio, qualsiasi essa sia,
e di dimostrare perciò "a posteriori"
l'esistenza di un ente necessario, il quale
si scopre essere Dio in base alla
reversibilità tra somma perfezione e
necessità di esistenza.
Cudworth spiega anche perché un ente
eterno, cioè completamente indipendente da altro,
debba essere un ente la cui essenza
implichi l'esistenza. In effetti, se così non
fosse, ossia se l'ente eterno non fosse
necessariamente esistente, esso dovrebbe essere
causa di se stesso, cosa inammissibile, oppure
dovrebbe essere incausato, ma così si
violerebbe il principio di causalità, dal
momento che l'esistenza di quell'ente
deriverebbe dal nulla.
In ultima analisi, per Cudworth prova a
priori e prova a posteriori sono
diventate strettamente dipendenti: in base
all'argomento a posteriori, si sa che
esiste un ente necessario, ma non si
sa che esso è Dio; in base all'argomento a
priori, si sa che l'esistenza necessaria
è propria soltanto dell'Essere perfettissimo, ma
non si sa se tale ente esista
realmente, ossia di fatto.