DAVID LEWIS
Traduzione di Keroppi dell’articolo apparso su The Guardian, 23 Ottobre 2001
David Lewis (nato il 28 Settembre 1941, morto il 14 Ottobre 14
2001, all'eta' di 60 anni.) e' famoso soprattutto per il suo
"Realismo Modale", la teoria secondo cui i mondi possibili non
sono soltanto un apparato concettuale per spiegare la possibilita' e la
necessita', ma sono entita' concrete e reali come lo e' il nostro stesso
universo. Lewis ha anche avanzato teorie innovative sulle leggi
scientifiche, la probabilita', la causalita', l'identita', le teorie funzionali
nella mente, la convenzione linguistica e una grande varietà di altri
argomenti. Insieme, le sue idee in campi cosi' disparati formano un
grandioso quadro onnicomprensivo , e molti dei suoi ammiratori lo
considerano uno dei piu' grandi metafisici di questi (e forse di tutti) i
tempi. Nato a Oberlin, Ohio, Lewis era studente nello Swathmore
College,Pennsylvania, inizialmente in chimica. Mentre trascorreva un semestre a
Oxford, frequento' le lezioni di Gilbert Ryle, che aveva messo in discussione
l'esistenza della mente in un libro assai controverso, "The concept of
Mind". Lewis ne fu cosi' entusiasta che decise di cambiare materia e
dedicarsi alla filosofia appena tornatato in America. Dopo la laurea nel 1964,
comincio' il dottorato ad Harvard sotto la supervisione del di Willard
Orman Quine. Fin da quando era ricercatore, Lewis ebbe un enorme influenza nel
mondo filosofico. La teoria allora dibatutta che aveva sostituito il
comportamentismo analitico di Ryle sosteneva che gli stati mentali, in ultima
analisi, non sono altro che processi fisici nel cervello. J. J. C. Smart,
uno degli iniziatori della teoria dell'identita' degli stati fisici e
mentali, visito' Harvard nela meta' degli anni 60: "Ho insegnato a
David Lewis," dira' successivamente, "o meglio, David Lewis ha
insegnato a me". (Da cui l'espressione, divenuta proveribiale,
che "Lewis outsmarted Smart"). Nel 1966, un anno prima di
ottenere il dottorato, Lewis scrive l'articolo "Un Argomento per la Teoria dell'Identita", che migliorava considerevolmente la posizione di Smart. Com'e'
tipico di Lewis, non solo ha penetrato il cuore della questione, ma la anche
sviluppata in una direzione del tutto nuova e originale. Nel tentativo di
respingere l'obiezione del dualismo del senso comune secondo cui "le
esperienze sono non-fisiche e fisicamente inefficaci" ha sostenuto che le
esperienze dovrebbe essere (e in fatti lo sono
implicitamente) definite in termini di quel che fa
tipicamente da intermediario tra le cause di certi stimoli
e gl i effetti di certi comportamenti. Il dolore, per esempio, e'
"qualsiasi cosa" leghi un certo input sensoriale (un pugno in un
occhio, per es.) a un outpout comportamentale (piangere , urlare,
ecc.) e ad altri stati mentali (desiderio impellente di sopprimere la causa del
dolore). La neuroscienza alla fine mostrera' che quel "qualsiasi
cosa" causale e' un particolare stato neurochimico del cervello, proprio
come (scrive Lewis nell'articolo 1972, "Psychophysical and Theoretical
Identifications) un detective che conosce dettagliamente i ruoli--ma non le
identita'--dei cospiratori coinvolti in un omicidio alla fine sara' in grado di
stabilire con esattezza l'identita' dei cospiratori. Allo stesso tempo Lewis
stava reimpostando il dibattito in tutte le altre aree della
filsosofia analitica. Nel 1966, "Convention, A Philosophical Study"
(la sua tesi di dottorato) copre terreno inesplorato nella filosofia del
linguaggio, e resta un lavoro di enorme rilievo. Conseguito il dottorato, diventa assistente
nell'Universita' di California, Los Angeles, professore associato a
Princeton nel 1970, e professore tre anni dopo. In "Controfattuali"
(1973) e in molti articoli pubblicati prima del libro, ha elaborato la sua
controversa teoria del realismo modale, che si esprime con pienezza
in "La Pluralita' dei Mondi" (1986). Da quando Leibniz per primo
formulo' l'idea nel XVII secolo, i filosofi hanno sempre trattato i mondi
possibili come una nozione puramente concettuale, utile per spiegare i concetti
della possibilita' e necessita'. Tutto cio' che possiamo concepire
coerentemente puo' essere considerato un "mondo possibile" (o una
parte di un mondo possibile), ma se qualcosa e' necessariamente vero, allora e'
vero in tutti i mondi possibili. Ma secondo Lewis i mondi possibili non sono
puramente concettuali, ma reali--esistono nello stesso modo in cui esiste il
nostro universo, e non sono da esso diversi se non nei dettagli di
cio' che vi accade. "Gli abitanti di altri mondi possono veridicamente
chiamare il proprio mondo attuale, se per 'attuale' intendono cio' che
intendiamo noi", proprio come "gli abitanti di altri tempi possono
chiamare il loro tempo presente, se per 'presente' intendono cio' che
intendiamo noi". Dopo tutto, "il nostro tempo presente e' soltanto
uno tra tanti". "Attuale" dunque e' sullo stesso piano
di "io", "qui" e "ora": cio' a cui si riferisce
dipende da chi lo dice e dal mondo in cui e' detto. E' questa la cosiddetta
"Teoria Indessicale dell'Attualita'". Per quanto riguarda i
controfattuali--i condizionali ipotetici che vertono su cio'
che avrebbe potuto essere---il controfattuale "Se la
guardia non avesse attivato l'allarme, sarebbe stata uccisa",
per esempio, e' vero se e solo esiste un mondo possibile in cui la guardia
non attiva l'allarme ed e' uccisa, che e' piu' simile al nostro mondo di
tutti quelli in cui la guardia non attiva l'allarme e non e' uccisa.
Naturalmente, la guardia che viene uccisa in un altro mondo e' soltanto
una controparte del suo equivalente nel mondo attuale, anche se entrambe
giocano ruoli simili nei loro rispettivi mondi. ("Logica delle
Controparti"). Non c'e' nessuna connessione spaziale, temporale o causale
tra mondi possibili alternativi e il nostro. Postulare la realta' dei mondi
possibili vuol dire proiettare la metafisica al di fuori della logica, e quando
Lewis difendeva questa posizione veniva guardato con un "incredulous
stare"--uno sguardo incredulo. Questa espressione e' diventata una specie
di proverbiale espressione filosofica, nonche' il titolo di una
sezione della "Pluralita' dei Mondi". Eppure, nonostante "lo
sguardo incredulo" dei suoi oppositori, il realismo sui mondi
possibili, secondo Lewis, e' l'unico modo effi cace per
attribuire un senso e un'interpretazione alla logica modale.
Presto l'incredulita' diede il via a una caterva di obiezioni e
contro-obiezioni, prodotte in quantita' industriale. Resta il fatto che,
qualunque cosa siano davvero i mondi possibili (e praticamente quasi nessuno e'
disposto ad accettarne la realta' concreta), cio' non intacca il modo brillante
e sofisticato in cui Lewis ha utlizzato la semantica dei mondi possibili per
analizzare nozioni problematiche come la causalita', gli universali, il
contenuto del pensiero, le properita' e le relazioni, la probabilita', la
natura delle proposizioni. Il realismo modale ha mietuto i problemi come una
trebbiatrice (per parafarsare un suo ammiratore e collega), non solo in
filosofia ma anche in semantica, semiotica, linguistica, teoria dei giochi, ed
economia.
Talvolta Lewis parla come se scoprisse le sue teorie tramite un processo
eurisitico di tentativi ed errori. Nell'introduzione al secondo volume dei suoi
Philosophical Papers (1986) ha scritto che, come ogni altro filosofo
analitico, si e' impegnato ad affrontare i problemi "a pezzi" separati,
ma che ha finito quasi inavvertitamente col produrre una tesi coerente e
unificata. Questa tesi e' quella che ha chiamato la Sopravvenienza Humeana, secondo cui il mondo e' un vasto mosaico di fatti particolari, e ad
ogni istante, cio' che esiste, e tutto cio' che si puo' affermare veridicamente
su di esso, dipende dalla configurazione che questi fatti esemplificano--proprio
come un quadro pointillista in cui il dipinto e' determinato dalla
distribuzione dei pigmenti. Nulla di cio' che accade in un punto fissa
logicamente cio' che accade in qualsiasi altro punto, ma la totalita' di cio'
che accade fissa tutto il resto. Ogni teoria di Lewis sembra convergere su
questa tesi, ma per sua stessa ammissione c'e' un baco, un "big bad
bug" nel sistema: l'interpretazione della probabilita' oggettiva, che
potrebbe sovvertire l'intera impalcatura. Questo e' un problema che ha
affrontato appassionatamente fino alla fine. Lewis ha espresso le sue idee in
un prosa solida, lucida e vivace, sia oralmente che per iscritto, ma
curiosamente era incapace di chiacchierare del piu' e del meno. Timido,
pallido, col barbone a due punte, era soprannominato affettuosamente "La Macchina nel Fantasma" (invertendo la nota espressione di Ryle contro il dualismo).
Ma poteva essere un uomo divertente e sorprendente, specialmente per iscritto,
e i suoi esempi filosofici sono arguti senza essere mai faceti o compiacenti.
Un famoso articolo, "Il Dolore del Folle e del Marziano"
("Mad Pain and Martian Pain") mette a paragone un alieno la cui
risposta a uno stimolo doloroso e' il rigonfiamento di cavita' idrauliche
nei suoi piedi, con un pazzo la cui reazione invece e' di totale
indifferenza. Lewis era incredibilmente modesto per essere uno
dei filosofi piu' influenti della sua generazione: sempre
disponibile a rispondere alle critiche e generoso con gli studenti. Forse
proprio questo fastidio per la pretenziosita' e le convezioni accademiche lo
portarono ad amare l'Australia. I suoi contatti con i teorici australiani Jack
Smart e David Armstrong lo condussero a stabilire una connessione duratura con
quel paese, dove e' diventato una figura filosofica di culto. Quasi ogni anno
lui e sua moglie Steffi vi si trattenevano per due o tre mesi,
diventando appassionati delle regole del football australiano (Lewis e'
stato sepolto con il biglietto stagionale del club Essendon), delle ballate,
degli uccelli e dei treni australiani. Ma le ferrovie inglesi restavano sempre
le sue favorite: avrebbe viaggiato su treni inglesi solo per il piacere di
farlo. Il pian terreno di casa sua era occupato da una ferrovia in miniatura,
con cui pochi altri privilegiati avevano il permesso di giocare, e i muri
erano stati abbattuti per farcela entrare. Quando gli chiesero perche' non
aveva una carta di credito, ha risposto: "perche' non voglio essere in
debito." Lewis ha restituito rispettabilita' filosofica alla metafisica
sistematica. Come Hume, ha cercato di conciliare una concezione scientifica del
mondo con cio' che effettivamente appare ai nostri sensi. Ha chiamato se'
stesso "un ragazzo di comune buon senso" (eccetto, ovviamente per
quel che riguarda la realta' dei mondi possibili). L'ultimo articolo su cui
stava lavorando impiega la semantica dei mondi possibili per collegare
l'identita' personale all'immortalita'. Questo forse potra' non suonare
improntato al "common sense", ma e' molto pregnante per le persone
che lo amavano come uomo e come filosofo.