DESCARTES, IL GENIO MALIGNO
Supporrò dunque che non Dio, sommo bene, fonte di verità, ma un genio maligno, sommamente potente ed astuto, abbia posto ogni suo sforzo ad ingannarmi; riterrò che il cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutto il mondo esterno non siano altro che inganni di sogni, con i quali ha cercato di ingannare la mia credulità. Considererò [23] di non aver mani, nè occhi, nè carne, nè sangue, nè altri sensi, ma di credere falsamente di avere tutto questo; rimarrò ostinatamente fisso nella meditazione di ciò, e così, anche se non è in mio potere di conoscere qualcosa di vero, almeno — e ciò dipende da me — mi guarderò con costanza di ragionamento dall'assentire al falso, e cercherò che questo ingannatore, per quanto potente e per quanto scaltro sia, non possa impormi nulla. Ma questa decisione è penosa, ed una certa pigrizia mi riconduce alla vita alla quale ero abituato. Non diversamente da un prigioniero, che nel sonno godeva di una immaginaria libertà, quando poi comincia a sospettare di stare dormendo, teme di svegliarsi, e si abbandona mollemente alle sue dolci illusioni; così senza accorgermene ricado nelle vecchie opinioni; temo di svegliarmi, preoccupato di dovere in seguito vivere in una veglia faticosa che tiene dietro ad un piacevole riposo: non in una qualche luce, ma tra le inestricabili tenebre delle difficoltà che sono state suscitate”.
(R. Descartes, “Meditazioni metafisiche”, I)