DESCARTES, L’UNIONE REALE DI ANIMA E CORPO



La natura mi insegna, attraverso queste sensazioni di dolore, di fame, di sete ecc., che io non tanto mi trovo nel mio corpo come un marinaio si trova nella nave, ma che sono collegato a quello in modo strettissimo e quasi confuso, in modo tale da costituire quasi una sola cosa con quello. Altrimenti, infatti, quando il mio corpo è colpito, io, che non sono nient'altro che una cosa che pensa, non sentirei perciò dolore, ma afferrerei questa lesione col puro intelletto, come il marinaio percepisce con la vista se qualcosa si spezza nella nave; e quando il corpo ha bisogno di cibo o di bevanda, capirei espressamente questa mia necessità, non avrei delle sensazioni confuse di fame e di sete.   Certamente queste sensazioni di sete, di fame, di dolore ecc. non sono altro che alcuni modi confusi di pensare, nati dall'unione e quasi dalla mescolanza della mente col corpo. Inoltre sono anche ammaestrato dalla natura che esistono attorno al mio corpo altri corpi, alcuni dei quali devo cercare di raggiungere, altri evitare. Certamente, per il fatto che avverto molte diverse specie di colori, suoni, odori, sapori, e anche calore, durezza e simili, concludo giustamente che nei corpi, da cui provengono queste varie percezioni dei sensi, vi sono delle varietà ad esse corrispondenti, anche se forse non sono ad esse simili; e per il fatto che alcune di queste percezioni mi sono piacevoli, altre spiacevoli, è sicuramente certo che il mio corpo, o piuttosto tutto me stesso, in quanto sono composto di corpo e di mente, può essere fatto oggetto di vari benefici e danni dai corpi che lo circondano”.



(R. Descartes, “Meditazioni metafisiche”, VI)