Determinismo e indeterminismo in filosofia
Realizzato da Gianni Scaltrini
Sin dal suo inizio, il pensiero greco ammise l'idea di una Natura conforme a leggi. L'atomismo di Democrito, secondo il quale "da tempo infinito tutte assolutamente le cose passate, presenti e future sono governate dalla necessità", fu la più importante e conseguente concezione del mondo improntata all'ideale deterministico. La visione democritea fu duramente criticata da Platone, il quale, pur non negando l'esistenza in natura dell'operare di una necessità deterministica, sostenne che le spiegazioni dei fenomeni che si fondano su tale idea non possono mettere in luce le vere cause dei fenomeni stessi, che sono di natura ideale, finalistica, e risiedono, in ultima analisi, nel piano intelligente del demiurgo.
Anche Aristotele attaccò l'atteggiamento di Democrito, sostenendo che una piena comprensione della realtà è ottenibile indagando, oltre che la causalità meccanica, cara alla scuola atomistica, anche altri generi di cause, tra cui la causa finale. La complessa teoria della causalità di Aristotele si preoccupa anche di definire i concetti di "fortuna", di "fortuito" e di "caso". Il caso è considerato un semplice nome per indicare l'imprevisto incontro di due catene di rigorose causazioni, dunque non implica alcun indeterminismo. Tuttavia, nell'analisi della legge logica del terzo escluso, Aristotele sembra introdurre un reale elemento contingente nel mondo: la legge del terzo escluso non è applicabile ad affermazioni circa particolari eventi futuri, dunque non si può dire di un evento che si debba necessariamente verificare che esso avverrà o che si debba necessariamente verificare che esso non avverrà.
La dottrina atomistica, per fronteggiare queste critiche e per trovare una spiegazione del libero arbitrio dell'uomo, abbandonò con Epicuro l'idea di una prevalenza totale della necessità nel cosmo, introducendo nel movimento degli atomi un elemento di indeterminismo. L'idea di un inflessibile determinismo operante nel cosmo fu invece ripresa dalla fisica stoica, la quale identificò la Provvidenza divina con l'eterna catena della causalità. Le sottili discussioni sul metodo scientifico, soprattutto su quello aristotelico, che si succedettero durante il Medioevo e il Rinascimento, condussero a una visione della filosofia naturale che, se da un lato non negava il postulato dell'uniformità della natura, dall'altro lato poneva in modo crescente l'accento su di una conoscenza umana dei nessi esistenti in natura solo ipotetica e probabile.
La scienza moderna e il paradigma deterministico
I fondatori seicenteschi della scienza moderna, invece, furono ispirati dalla fede nella possibilità di scoprire la struttura reale della natura. La visione meccanicistica che divenne il fondamento dell'intera scienza del Seicento, facendo coincidere la natura con una perfettissima macchina, presuppone un ordine senza eccezioni, una realtà strutturata secondo rapporti determinati che trovano la loro espressione nella matematica. Per pensatori come
Galileo, Keplero, Cartesio, Leibniz, la scienza può e deve impiegare la matematica per portare alla luce l'ordine del mondo in quanto la realtà soggiacente ai fenomeni è matematica. Per essi il principio di causalità, il postulato deterministico, non esprime altro che la convinzione dell'identità tra matematica e natura: a quest'ultima deve inerire la stessa infallibilità che si esprime nelle regole della matematica; senza questa infallibilità la natura non sarebbe penetrabile dal pensiero matematico.Verso una scienza del probabile
Il newtonianesimo francese e tedesco fu invece fortemente condizionato dalle tradizioni razionalistiche cartesiana e leibniziana e la meccanica newtoniana divenne parte della matematica, cioè "meccanica razionale". In
Eulero e in Bernoulli la meccanica diventa una scienza che si può trattare in modo deterministico con la sola geometria.Il crollo del determinismo
Per Bolztmann, al contrario, il substrato atomico e molecolare dei fenomeni pare essere realmente soggetto al disordine, al caos, e le ipotesi teoriche di natura probabilistica tendono ad approssimare "lo stato naturale", offrendo l'immagine di una Natura non completamente determinata. Nel corso della sua attività Boltzmann non riuscì a essere sempre chiaro circa la portata gnoseologica da attribuire all'ipotesi del disordine molecolare, e anche i prosecutori della sua opera intesero le ipotesi probabilistiche come asserti che si potevano applicare a sistemi molto complessi, ma regolati ancora da un rigoroso determinismo. Con l'inizio del Novecento, poi, la teoria cinetica, sotto l'impulso dell'opera di Gibbs si trasformò in meccanica statistica, cioè in una teoria completamente svincolata da ipotesi sul reale comportamento delle molecole. Ma il problema del determinismo s'impose con forza all'attenzione dei fisici solo con la formulazione di una teoria che quel determinismo metteva in discussione in forme precise, la meccanica quantistica.