Così leggiamo sul “Corriere della sera”, rotocalco meneghino allineato all’ordine della globalizzazione neoliberale: “Affitti a Milano, debutta il «co-living»: in 27 nella stessa casa con Netflix, barbecue e palestra (ma due soli bidet). «Paghiamo 1.400 euro al mese, ne vale la pena»”. Si chiama dunque co-living la nuova pratica dello sradicamento globalista imposto alle nuove generazioni, condannate al precariato lavorativo ed esistenziale. In buona sostanza, per poter sopravvivere a Milano i giovani sono costretti a vivere in 27 in un monolocale in modalità “Ragazzo di campagna” di Pozzetto. Prodigi della precarizzazione neoliberale! 27 in una casa ma, ci spiegano, con Netflix garantito! A destare meraviglia non è solo l’ennesima oscenità dell’ordine globalizzato dello sradicamento che condanna le nuove generazioni a vivere come “color che sono sospesi”. A destare meraviglia è, ancor più, la narrazione ideologica che giustifica detta oscenità, come sempre celebrando la coolness e la openness dell’alienazione planetaria. Come sappiamo, l’ordine turbocapitalistico produce l’intollerabile e, a un sol parto, soggetti disposti a tollerarlo, assai spesso, come in questo caso, con ebete euforia e con stolta letizia (“ne vale la pena”). L’ordine del fanatismo economico senza frontiere costringe le nuove generazioni a vivere nell’erranza e nello sradicamento e, insieme, le educa e le ortopedizza acciocché vivano con falsa coscienza necessaria tale alienazione mortificante come apice della coolness postmoderna. Insomma la gabbia d’acciaio del tecnocapitalismo viene celebrata come comfort zone per nuovi schiavi ignari e financo disposti a battersi in nome delle proprie catene.

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Di admin