Per l’ortodossia cattolica, a parte quello contro lo Spirito Santo, tutti i peccati possono essere perdonati, anche quello originale. Per la precisione lo si cancella col sacramento del battesimo, il rito con cui Dio dona alle sue creature la sua misericordia.

Chissà se un giorno riusciremo a perdonare il voto di fiducia (“condizionata”) che Stefano Fassina, ha donato al governo Conte bis — fiducia che invece non diede al governo giallo-verde. Oggi non ci riusciamo. Egli si renderà presto conto della sua, usiamo un eufemismo, papera politica. Se non è divorato dall’orgoglio saprà fare autocritica. Se non la farà, se come tanti politicanti vorrà mascherare l’opportunismo dietro al realismo, non meriterà alcuna clemenza.
Non si tratta infatti solo di un errore ma di una bestialità politica. E da che dipende il suo delitto politico? Dipende dal fatto che egli è appunto segnato da un fatale peccato originale: dopo lo scioglimento del PCI, nella traversata attraverso i mari fetidi della seconda repubblica, aver aderito al PDS fino al Partito Democratico. Ebbene, scopriamo che in verità egli non è mai uscito dal quel mondo, che egli ne è stato sempre prigioniero, anche quando affermava di esserne venuto fuori.
Siamo tra coloro che avevano creduto nella sua resipiscenza. Ammettiamo di esserci sbagliati. Che non fosse un Cuor di Leone, che il coraggio non fosse un suo attributo, questo sì, lo avevamo capito. Tuttavia, data la sua critica al sistema dell’euro, data la sua comprensione della dimensione patriottica della battaglia politica, date le sue reiterate affermazioni che la sinistra vecchia e nuova fosse morta, le nostre strade, si sono spesso incrociate dando vita a momenti di fraterna collaborazione.
Non ci siamo sbagliati, invece, a non aderire, nell’inverno scorso al raggruppamento a cui ha dato vita, Patria e Costituzione. In diversi credettero che con quella mossa egli avesse passato il Rubicone, che quindi occorresse seguirlo. Noi al contrario non abbiamo abboccato, segnalando non solo i limiti ma le inammissibili ambiguità dell’operazione. Altri invece caddero nell’inganno, e ci voltarono le spalle, accusandoci di aver compiuto un grave errore. Chissà se ora questi compagni avranno l’onesta intellettuale di riconoscerci di aver avuto, almeno in quel caso, ragione.

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Consigliamo di leggere come Fassina ha giustificato la sua colossale papera. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Egli ammette che il “governo Conte 2 o Orsola” sia un “tentativo di normalizzazione”; che esso “puntella” i “tratti di continuità con la stagione precedente di europeismo liberista”. Ammette altresì i “connotati strutturali e i riferimenti sociali dell’impianto culturale del governo Conte 2”, restano nel solco della strategia eurista. Riconosce infine che l’accordo M5s-Pd è figlio di una “offensiva restauratrice”.

Ce n’è abbastanza per chiamare i cittadini alla resistenza e all’opposizione. E invece il Fassina che ti fa? Ti vota la fiducia e resta in un gruppo (LeU+Sinistra italiana) che è parte integrante di un governo che ha per scopo, dopo il terremoto popolare del 4 marzo, non solo la normalizzazione” ma la “restaurazione”.

Giustifica quindi la papera in un modo che più goffo non si potrebbe. Dietro alla fuffa sul “passaggio complesso e contraddittorio” e il “momento Polanyi”, scrive che  “Occorre riconoscere il valore costituzionale dell’interruzione della deriva guidata dalla Lega”, ovvero che il governo Conte bis rappresenta “potenzialmente” un “argine costituzionale” al pericolo leghista.

Et voilà. Affinché vada in porto il tentativo disperato di ripristinare il bipolarismo centro-destra centro-sinistra (affossato il 4 marzo 2018), c’è bisogno di costruire lo spauracchio: allora era Berlusconi, oggi è Matteo Salvini. Ieri lo specchietto per le allodole dell’antiberlusconismo, oggi è quello dell’antisalvinismo. Salvini come il male assoluto, e in nome del contrasto a questo “male assoluto”, come in ogni guerra santa, ogni nefandezza politica è giustificata.

E fa tenerezza che Fassina affermi che la sua “non è una cambiale in bianco”, che anzi egli si proponga di incalzare il governo a fare tante cose buone e giuste che sono nel suo programma frù-frù. E come se uno si mettesse in testa di trasformare il lupo in agnello. Megalomania? No, solo banale opportunismo di bottega.

La prova provata che questa giravolta opportunistica abbia poco a che fare con le impossibili promesse contenute nel programma del governo Pd-M5s, che si tratti cioè solo di un suicida ritorno nella gabbia della sinistra transgenica, Fassina ce l’ha fornita mentre Salvini faceva harakiri, il 12 agosto. Si capiva già allora dove il nostro sarebbe andato a parare.

Pateticamente velleitario è il tentativo di tramutare il governo della restaurazione liberista in governo delle riforme keynesiane. Il nostro finirà per trovarsi nell’imbarazzo di quel poliziotto russo al quale Uspiensky fa raccontare così la sua avventura:

«Veloce come un fulmine ho afferrato per il colletto il manigoldo, e che cosa si è visto? Che quel dannato non portava il colletto».

 





Citazioni

“La problematica delle uscite dalla caverna sta tutta qui, nel fatto che da dentro una caverna non si può rappresentare che cosa una caverna sia”. (H. Blumenberg, Uscite dalla caverna)







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