«Si pone ineludibilmente il problema di quale atteggiamento pratico assumiamo di fronte al potere. E credo allora che ci siano molte tipologie di atteggiamenti, che possono però essere tutte riassunte in tre punti:
(1) Tipologia di adesione e di adattamento positivo. Questa tipologia assume forme storiche, sociologiche, geografiche, religiose e culturali diversissime, ed è totalmente diagonale fra laici e credenti, poveri e ricchi, uomini e donne, ed è soprattutto diagonale fra Destra e Sinistra, categorie un tempo storicamente efficaci, ed oggi del tutto obsolete, e reimposte artificiosamente come protesi politologiche manipolate di simulazione culturale del conflitto sociale, all’interno di un concetto di post-democrazia come codice d’accesso politicamente corretto e non più come rappresentanza di interessi collettivi di cui si riconosce l’antagonismo.
(2) Tipologia di adattamento passivo. Questa tipologia è di tipo neoellenistico, in quanto cerca una vita buona , o almeno una vita sopportabile all’ombra del potere. Il potere è riconosciuto come orribile ed inautentico (Umberto Galimberti, eccetera), ma nello stesso tempo le resistenze ad esso sono connotate come “ancora peggiori”(nazionalismo, religioni, comunismo, eccetera), e si cerca allora una (a mio avviso impossibile e necessariamente “filistea”) vita autentica all’ombra del potere. Questa tipologia comporta ovviamente l’interiorizzazione psicologico-esistenziale della sconfitta, ed è naturale che concepisca l’intero novecento come secolo della follia produttivistica e dell’utopia sanguinaria.
(3) Tipologia della resistenza. Questa tipologia unifica tutte le forme di resistenza consapevole al capitalismo assoluto di terzo tipo. Chi vorrebbe una resistenza “pura”, senza musulmani, talebani, russi, cinesi, iracheni, eccetera, ma semplicemente occidentalistico-progressistica, mente agli altri ed a se stesso, ed è come se non volesse nessuna resistenza».
(Costanzo Preve)
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