L’ha rifatto. Con la stessa insolenza e con lo stesso spocchioso piglio di chi pensa di poter giudicare il mondo da un piano più alto. L’arcobalenico e vegliardo presidente della civiltà dell’hamburger, Joe Biden, ha nuovamente apostrofato Vladimir Putin con l’epiteto di “macellaio”. Due considerazioni soltanto, telegraficamente: anzitutto, come si può pensare di addivenire a una pace se si continua a qualificare come macellaio quello che, in un modo o nell’altro, dovrebbe essere l’interlocutore con cui trattare e stipulare accordi? Sorge davvero il legittimo sospetto che Washington non abbia in realtà il benché minimo interesse a raggiungere la pace e voglia anzi a tutti i costi addivenire alla guerra aperta con la Russia, come peraltro sembra suffragato dalle vicende post1989, caratterizzate da un allargamento costante della Nato negli spazi post-sovietici. Insomma, dicono che vogliono la pace e poi continuano a fare di tutto per produrre l’esito opposto. In secondo luogo, da che pulpito e a che titolo il vegliardo Biden dà del macellaio a Putin? Se si analizzano seriamente i reali rapporti di forza e le nefandezze compiute negli ultimi trent’anni sullo scacchiere internazionale, allora non v’è dubbio che il titolo di macellaio spetti a Washington assai più che a Mosca. Dal 1989 a oggi, Washington ha messo in atto senza tregua bombardamenti umanitari ed embarghi terapeutici, guerre preventive in nome della lotta contro inesistenti armi di distruzione di massa e aggressioni imperialistiche spacciate per missioni di pace. Insomma, Biden ha nuovamente perso una ottima occasione per tacere e per non rimediare una pessima figura.
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