Può destare stupore che l’evo del turbocapitalismo, tanto sensibile alla violenza, alla discriminazione e al terrorismo, trovi poi del tutto fisiologica e normale l’inaudita violenza del fanatismo finanziario, con l’ecatombe di lavoratori e di risparmiatori, di Stati e di popoli che è concretamente in grado di produrre: le “lotte contro tutte le discriminazioni”, celebrate dagli araldi del liberal-progressismo, nemmeno menzionano la più oscena delle discriminazioni, quella di classe, e anzi, con il loro modus operandi, finiscono più o meno implicitamente per legittimarla, lasciando intendere che siano altre le contraddizioni verso cui indirizzare la critica e l’azione. Non desta maraviglia, del resto, che, come evidenziato da Carl Rhodes in “Woke Capitalism”, i grandi filantro-capitalisti che aderiscono con zelo alle battaglie dell’arcobaleno e del green siano poi, in molti casi, gli stessi che praticano le forme più abiette di sfruttamento e di estrazione del pluslavoro.
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