L’ultima uscita del rotocalco turbomondialista “La Repubblica” sembra davvero batterle tutte. Il rotocalco ci spiega che, con il governo di Giorgia Meloni, l’Italia sta entrando in una condizione post-democratica, riprendendo la nota espressione di Colin Crouch. Ora, premesso che non ho alcuna simpatia per il governo liberista e atlantista della Destra bluette di Giorgia Meloni, come infinite volte ho sottolineato, la dichiarazione del rotocalco turbomondialista merita davvero una pur telegrafica riflessione. Davvero solo ora stiamo entrando nella postdemocrazia? Secondo il rotocalco, il governo tecnico del teologo bocconiano Mario Monti, imposto dall’Unione Europea con una sorta di golpe finanziario, rappresentava pienamente le istanze democratiche? E il governo dell’euroinomane Mario Draghi, rappresentante dell’interesse finanziario transnazionale in Italia, era la fioritura della democrazia periclea nel Belpaese? In una condizione pienamente postdemocratica siamo già da diversi lustri, con buona pace di quel che va sostenendo “La Repubblica”. E a esserlo non è certo solo la nostra Italia, trattandosi invece di una condizione che sembra aver investito l’occidente tutto. Nel mio studio “Demofobia”, ho a tal riguardo parlato di una dittatura finanziaria plebiscitaria. I politici della destra e della sinistra sono del tutto simili a camerieri con il diverso colore della livrea ma egualmente asserviti agli ordini del padrone cosmopolita, il capitale finanziario. Le masse popolari si illudono di vivere in democrazia, dacché possono periodicamente andare a votare e scegliere se mandare al governo il maggiordomo con la livrea bluette o il maggiordomo con la livrea fucsia, ignorando che si tratta in ogni caso della vittoria dell’ordine del capitalismo finanziario. Le libere elezioni sono solo la vernice che occulta la reale assenza di democrazia della nostra condizione. Il regimi totalitari imponevano per legge Il Partito Unico annientando tutti gli altri. Il totalitarismo glamour della civiltà dei mercati ammette la pluralità dei partiti, riducendoli tutti a mere espressioni dell’ordine liberal-finanziario e dunque producendo la figura del Partito Unico fintamente articolato. Si potranno scegliere partiti di destra liberista, di centro liberista o di sinistra liberista, ma in ogni caso trionferà puntualmente sempre solo l’ordine liberista di completamento del mondo della produzione turbocapitalistico.
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