Vi è, in effetti, un paradosso nella tecnoscienza contemporanea e, più in generale, nelle ovunque dilaganti pretese di sdivinizzazione del mondo; un paradosso sul quale ci siamo diffusamente soffermati nel nostro studio La notte del mondo. Marx, Heidegger e il tecnocapitalismo. Per un verso, tecnoscienza e processo di sdivinizzazione aspirano a porsi, secondo l’ordine del discorso già sviluppato da Comte e dalla “scuola” positivistica, come superamento dello stadio “immaturo” della religione, al quale sostituiscono un sapere che si pretende certo e infallibile, perché fondato sul calcolo e sui fatti, sulle cifre verificabili e sulle “sensate esperienze”. E, tuttavia, l’elemento religioso, lungi dall’essere congedato, è conservato in forma nuova, come peraltro testimonia l’autobiografia dello stesso Comte. Questi cercava un “uomo senza traccia di Dio” e finì per divinizzare la scienza, istituendo una nuova chiesa e un’inedita dogmatica tecnoscientifica. La verità è che le odierne prestazioni della scienza tendono a sostituirsi alla religione, mantenendone tuttavia più di un elemento, in primis quel carattere totalizzante e dogmatico che, a rigore, contraddice il metodo scientifico e ci induce a sostenere che, nelle sue forme egemoniche, l’odierna scienza è, in realtà, una forma di “superstizione scientifica”, come la appellò Jaspers. Di più, come evidenziato da Heidegger, la scienza “non pensa” (denkt nicht) ma solo calcola e misura. Essa si fonde oggi con l’apparato della produzione, divenendo tecnoscienza di controllo e manipolazione dell’ente nella sua totalità. Insomma, lungi dall’essere un neutro metodo di ricerca e di sapere, la scienza, nella sua determinazione odierna, sembra essere abitata dalla tecnica – era la tesi dell’Heidegger della Questione della tecnica – e intrinsecamente piegata a una concezione dell’uomo e delle cose che, lungi dall’essere neutra, è condizionata nel senso dell’apparato della produzione. Anche per questo motivo, essa figura, per molti versi, come la religione del nostro tempo, dalle aspirazioni totalizzanti e spesso irrispettose verso gli altri campi del sapere.
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